L’immagine della “rockstar” in senso stretto, originale nella propria espressività artistica e nel proprio carisma, fa la sua comparsa sul panorama musicale internazionale tra il 1955 e il 1957 grazie a personaggi come Little Richard, Chuck Berry, Jerry Lee Lewis, Carl Perkins, Eddie Cochran, Buddy Holly ed Esquerita: non solo artisti ma veri e propri catalizzatori di energia ed entusiasmo capaci di rappresentare al meglio un’intera generazione. A marcare il punto di svolta è un giovane di Tupelo (Mississippi) di origini assai modeste, destinato a passare alla storia come “The King”: proprio lui, Elvis Aaron Presley. Personificazione del self-made man e dell’American Dream, Elvis diventerà in poco tempo un “intoccabile” della musica internazionale, la Musa ispiratrice di orde di cantanti rock ‘n’ roll e rockabilly del tutto avviluppati nel suo charme. La sua eccezionalità è dovuta non solo alla produzione musicale (sconfinata con i suoi 61 dischi pubblicati in poco più di vent’anni e con più di un miliardo di album venduti in tutto il mondo) ma soprattutto al modo con cui si è presentato di fronte a un pubblico che presto sarebbe impazzito per lui, sognandolo, imitandolo e idolatrandolo, tanto che secondo Gianna Cappello e Filippo Ceretti, si potrebbe parlare quasi di un cliché: le performances sul palco sono piene di movimenti provocanti che richiamano alla mente un rapporto sessuale, da qui il soprannome “Elvis the pelvis” (“Elvis il bacino”). Se i più morigerati vedono in quel bel ragazzo l’esaltazione pubblica di vizi fino a quel momento tenuti rigorosamente sotto le lenzuola, i giovani sono completamente in delirio: forse avevano trovato una propria voce, una voce “bianca” nella forma e “nera” nella sostanza, carica di erotismo e candore allo stesso tempo, che li avrebbe portati a distinguersi una volta per tutte da quegli adulti tanto stigmatizzati. Elvis Presley diventa presto la quintessenza del successo, un concentrato di popolarità e seduzione, “l’esploratore di sentimenti e comportamenti tipici dei ragazzi”, per dirla ancora con Cappello e Ceretti, un vero e proprio fenomeno sociale a metà tra autenticità e marketing, il Caronte di una generazione in tumulto.