FILOSOFE : ARETE DI CIRENE O L’INSEGNAMENTO TOTALE

Nel IV secolo a.C., alla direzione della scuola filosofica di Cirene fondata da Aristippo, accede una donna: Arete di Cirene, sua figlia.

Dioegene Laerzio racconta di lei che era già un’insegnante da trentacinque anni quando ricoprì quest’importante posizione e decise di dedicare la sua intera esistenza alla cura di quel luogo di cultura e pensiero voluto primariamente dal padre e incentrato sulla dottrina edonistica, caratterizzata nell’identificazione tra piacere e bene morale.

Come spesso accadeva nell’antichità, la scuola era a pagamento e costituiva un gradino imprescindibile nell’ascesa sociale dei cirenaici, che fossero essi cittadini o re. L’offerta formativa di Arete era incentrata su un’equilibrata mescolanza tra teoria e pratica, al fine di insegnare ai discepoli la sottile arte dell’adattamento a qualsiasi situazione si fosse presentata loro perché potessero infine goderne al punto di trovarvi la felicità e non percepire, in nessun caso, la mancanza di ciò di cui non erano provvisti.

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Nella scuola di Arete le leggi erano considerate quali semplici convenzioni, mentre le stravaganze erano valorizzate e accolte. Grazie a Platone, ad esempio, abbiamo testimonianza delle molte eccentricità del padre di Arete, il quale pare che amasse travestirsi da donna, e che fu probabilmente per questo che, dei suoi due figli, un maschio e una femmina, coltivò l’intelletto e la singolare formazione di Arete non dedicandosi altrettanto a suo fratello, come riporta ancora una volta Diogene Laerzio.

E poiché questa è soprattutto una storia di vita familiare, sarebbe lecito chiedersi cosa ne abbia fatto Arete di tutti questi stimoli intellettuali, se ne abbia fatto o meno tesoro e se sia riuscita ad integrarli nella sua esperienza di donna, icona culturale e, da quello che sappiamo, di madre.

A dire il vero, una risposta almeno parziale ce la forniscono gli autori e gli storici che vollero perpetuare il ricordo di questa eccezionale filosofa: essi narrano che Arete ebbe un figlio di nome Aristippo detto “Metrodidaktos” ossia, appunto, “che imparò grazie a sua madre”. Grazie al suo soprannome, Aristippo il Giovane poté custodire per tutta la vita l’unicità di Arete, della quale fu immediato successore alla guida di quella scuola che unì generazioni di filosofi cirenaici e mise sempre al centro la paideia (istruzione) rispetto all’insegnamento, in uno slancio socratico in grado di sfuggire a qualunque vincolo di genere. La dottrina cirenaica divenne il simbolo della resistenza a paura e mancanze attraverso la costruzione di una libertà personale estranea a qualunque bisogno. Arete scrisse molte opere filosofiche e morali, funzionali ad illustrare questa particolare forma edonistica, ma si dedicò anche a scritti scientifici e storici: fu autrice di almeno quaranta trattati che aprono uno spiraglio su una vita altrettanto eclettica e cangiante.

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