Quale argomento e quale tema fenomenali, ecco perché, forse, si affrontano solo marginalmente e episodicamente: se ne ha paura! Infatti è incredibile e inimmaginabile quanto accomuna e unisce i due Paesi. Francia e Italia vengono da sempre definite ‘cugini’: in verità tale definizione è parecchio limitativa perché non si conosce quanto e che cosa in effetti le saldi ed amalgami, da sempre, dagli inizi della storia: gli anfiteatri di Nîmes, di Arles, l’acquedotto del Gard, la grande Lione, Giulio Cesare, sono solo l’inizio di una serie di tappe infinite, di un lunghissimo percorso comune, stupefacente, quale con nessun altro paese in siffatta entità e qualità ma soprattutto affinità, fino ad oggi, quando perfino le cattedre delle università più antiche e prestigiose sono normalmente aperte agli italiani di qualità. La Francia ha fatto -e continua a farlo- per l’Italia e gli Italiani, direttamente e indirettamente, molto di più e più qualificante, di quanto l’Italia medesima abbia fatto, e faccia, per i suoi figli! Sembra un paradosso ma non lo è. E’ vero, si dirà, si sono avuti episodi infami, di intolleranza e di violenza, ma sono niente o poco rispetto al buono che affratella.
In realtà e in sostanza non sono ‘cugini’ bensì ‘fratelli’, più fratelli di quanto non lo sia il lombardo rispetto al pugliese o al calabrese o il piemontese rispetto al napoletano o siciliano, molto di più. La disgrazia di fondo è sempre la medesima: la ignoranza o la superficialità, forse anche l’egoismo nazionale e il campanilismo. E’ sicuro che se si sentono parlare o perfino si osservano fisicamente i personaggi che reggono oggi, e anche dell’immediato passato, le sorti di questi due ‘fratelli’ o che li rappresentano, si comprende immediatamente perché sovente sorgono più dissapori incomprensioni e perfino litigi piuttosto che armonia e accordo e più intima collaborazione: gente tutta apparenza, che nulla e niente conosce del proprio passato, che nulla e niente ha dello statista illuminato, preparato e saggio: solo parolai al vento e, questo sì, fondamentalisti e detentori della verità unica e perciò pericolosi. Di conseguenza un rapporto che in base ai fatti e alla storia potrebbe dare esiti e risultati ancora mille volti più utili e ricchi di quanto comunque già non lo siano oggi a dispetto dei governanti, vengono ignorati e trascurati, a vantaggio di ridicole beghe e piccolezze: mancano i Moro, i Mitterand, i De Gaulle, i Malraux, i De Nicola… Solo gentarella a far polvere, a turbare e a imbrogliare gli animi, presuntuosa ed arrogante. Comunque fortunati i fratelli francesi che sanno scendere in piazza e cercare di rimediare e stimolare.
Abbiamo ricordato mesi addietro di un inserto dedicato agli “Italiani che hanno fatto la Francia” apparso nella rivista parigina HISTOIRE nel settembre scorso: ora dopo quasi un anno un nuovo ricco supplemento luglio-settembre n.84 si occupa del medesimo argomento, con un titolo ancora più conturbante e provocante: “IL GENIO DEGLI ITALIANI” cioè gli Italiani in Francia dal 1450 al 1650, i secoli del Quattrocento, di Leonardo ad Amboise, di Caterina dé Medici, di Maria dé Medici, del cardinale Mazzarino, dell’Accademia di Francia a Roma, di Bernini a Parigi, dei cantanti di opera, degli attori di teatro, dei compositori, degli architetti ed ingegneri, degli artisti, dei banchieri fiorentini e lombardi in Francia… I libri di storia raccontano e registrano le vicende significative di cui questi personaggi sono stati protagonisti o responsabili. Naturalmente consigliamo la lettura di queste cento pagine perché descriveranno puntualmente quanto varia e multiforme e ricca è stata la incidenza della cultura italiana nella storia dell’epoca della Francia, molto più incisiva e profonda e stimolante che non, per esempio, le lotte di religione che in quel periodo per molti anni insanguinarono e immiserirono il grande Paese.
Quanto ancora dovrà tenere occupati i giornalisti e redattori della rivista HISTOIRE nella loro opera della riscoperta e valorizzazione dei passati legami e vincoli che saldano l’Italia alla Francia e viceversa! quanto nel periodo romano, quanto nel periodo medievale, quanto ancora nel 1700 e 1800 e quanti episodi e personaggi…! Tutti restiamo in attesa.
La essenza è sempre la medesima, così conclude l’inserto: “Que ce ne sont ni la puissance économique ni les succès militaires qui font rêver le monde, mais bien les révolutions culturelles”: “…sono la cultura e la civiltà che arricchiscono e fanno sognare la umanità e non i soldi o le guerre vittoriose…”