IL GIOIELLO DEL BAROCCO ITALIANO: PALAZZO DELLA SAPIENZA A ROMA. INAUGURATO E APERTO AL PUBBLICO IL CORRIDOIO DI FRANCESCO BORROMINI.

“Splendida e immortale è la Sapienza e facilmente scorta da coloro che l’amano, e trovata da chi la cerca (…); d’ogni moto è mobile la Sapienza e penetra per tutto a cagione della sua purezza (…) paragonata alla luce appare superiore (…) ella è più bella del sole (Sap. VII, 24-28); (…) rientrando in casa mi siederò presso di lei; perché non ha amarezza la sua conversazione, né tedio il convivere con lei, ma letizia e gioia (Sap. VIII, 16)”. Scrive Francesco Borromini in un suo disegno.

Il complesso del Palazzo della Sapienza, con la chiesa di Sant’Ivo e la biblioteca Alessandrina, ora storica sede dell’Archivio di Stato di Roma, si sviluppa nel periodo di due secoli, determinandosi come un cantiere aperto a cui pontefici e architetti costruirono in tempi diversi settori e corpi di fabbrica, volti agli utilizzi funzionali dell’università romana, adeguandone stabilmente nel tempo il progetto globale.

L’assenza di rinvenimenti archeologici documentati ha fato ipotizzare che in età romana la superficie del palazzo fosse un “nemus”, un bosco sacro in cui era vietato edificare, collocato vicino le Terme Neroniane. Le prime notizie del palazzo sono dell’anno 1431, in cui Eugenio IV, 1431 – 147, fa comprare alcune case private ubicate nella zona dell’odierno complesso per dare una sede unica allo Studium Urbis.

In seguito Alessandro VI, 1492 – 1503, dette incarico agli architetti Santo e Andrea per le riparazioni e l’ampliamento dello Studium. Il progetto era caratterizzato da una forma rettangolare con cortile interno, circondato da un porticato e sovrastante loggiato dotato di due scaloni, ma presumibilmente gli interventi furono circoscritti nell’unica parte destra dell’ingresso principale di oggi. Leone X, 1513 – 1521, fece proseguire l’edificazione nella zona destra e secondo alcuni studiosi, inserì un nuovo braccio trasversale nel centro dell’attuale cortile in direzione est – ovest. Fino a questo momento tuttavia i dati purtroppo non sono a sufficienza documentati ed in modo univoco accettati dagli studiosi dell’architettura, infatti solo dopo la metà del Cinquecento si ebbero le prime notizie e fonti accreditate.

Nel 1516 Guidetto Guidetti da Como vinse un concorso indetto da Pio IV, 1560 – 1565, per il progetto di rinnovamento della Sapienza, al quale avevano partecipato anche Jacopo Barozzi da Vignola e Nanni di Baccio Bigio, e cominciò la realizzazione di alcuni portici, quasi certamente le prime cinque campate del fianco destro o, secondo i fautori del braccio trasversale di Leone X, alcune campate verso occidente dei due cortili.

L’anno successivo, 1563, Guidetti cessò di vivere e il suo successore Pirro Ligorio creò un nuovo progetto di sistemazione dell’edificio che era determinato da un grande cortile con due esedre contrapposte sui lati est ed ovest. Ma i lavori appena iniziati, cessarono immediatamente.

Gregorio XIII, 1572 – 1585, dette un nuovo imput agli interventi nel 1577 designando Giacomo della Porta architetto dello Studio. In principio Giacomo della Porta proseguì le operazioni secondo i piani di Pirro Ligorio, ma nel 1579, avendo redatto un suo progetto, cominciò la costruzione dell’angolo verso San Giacomo degli Spagnoli, cantonata di Gregorio XIII, ed i lavori da quel momento si svilupparono secondo la linea logica dell’assetto che tutt’ora è visibile. Sotto il pontificato di Sisto V, l’architetto realizzò il prospetto che divenne l’ingresso principale,terminato intorno al 1586. Questa rigorosa facciata sull’odierno Corso Rinascimento, è caratterizzato da due fasce verticali angolari a bugne terminanti, quella di destra, con un solo campanile dei due contemplati, terminato nel 1588, e con il quadrante dell’orologio del secondo piano; la parte centrale, senza finestre al piano terreno è composta da due semplici cornici marcapiano in

travertino per due piani, dove sono presenti sette finestre. Il portale, sovrastato da un raffinato timpano con mensole, mostra nel fregio la scritta: “Xystus V Pont. Max”; da esso si entra nel porticato e nel maestoso cortile. Il porticato al piano terreno e il loggiato al piano superiore sono tra i più armoniosi di Roma. Cinque arcate sul lato breve e nove arcate più due architravate sui lati lunghi, a pilastri dorici con appoggiate lesene ioniche al piano terra, come anche nel loggiato superiore, tutte divinamente in travertino, determinano la geometria del cortile. Ancora Giacomo della Porta costruì i due scaloni, il campanile ed il piano attico, che estese per un breve tratto all’inizio delle ali. Ai tempi di Clemente VIII, 1592 – 1605, l’architetto, dette avvio, 1594, alla realizzazione del settore sinistro del palazzo dalla cantonata di Gregorio VIII sino alle costruzioni preesistenti che erano nella superficie dove sarebbe nata la Biblioteca Alessandrina. Questa ala fu edificata ex novo dalle fondamenta fino al “Salone Novo”, l’attuale sala – studio, creando successivamente due logge sul cortile davanti al “Salone” in prosecuzione delle campate già esistenti, sempre da lui costruite. Tra il 1592 e il 1602, Giacomo della Porta dette inizio alla sistemazione del cortile attraverso l’esedra sul lato est abbattendo in modo definitivo, secondo alcuni storici, il braccio trasversale di Leone X nel 1594. Nel 1595 aveva compiuto il primo ordine, mentre il secondo lo concluse nel 1602, anno in cui si spense.

Al suo posto subentrò Giovanni Paolo Maggi che terminò le operazioni di rifinitura; presumibilmente concluse anche il corpo d’angolo sull’incrocio tra via del Teatro Valle e via dei Sediari di oggi.

Nel 1621 vennero compiuti dall’architetto Pomis lavori di riparazione del crollo del muro e del tetto del “Salone Novo”, che riguardarono anche sette campate del loggiato.

Nel 1631, Gaspare Vecchi terminò l’ala destra del complesso ristrutturando e rialzando i vecchi edifici presenti sino al livello dei corpi d’angolo già ultimati in passato.

Francesco Borromini, 1599 – 1667, non ancora celebre, fu nominato nel 1632 architetto dello Studio da Urbano VIII, 1623 – 1644, su presentazione di Gian Lorenzo Bernini. Nel periodo 1632 – 1643, furono compiuti interventi di completamento delle ali con l’edificazione dell’attico.

Nel 1643, Borromini cominciò la costruzione della Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza dalle fondamenta. I lavori procedettero stabilmente per oltre un decennio sino alla realizzazione della cupola, intorno al 1650, e poi della lanterna, portate a termine nel 1655. La chiesa era distinta da un secondo ordine di nicchie, sopra quello esistente, aperture verso i corridoi laterali, porte al piano terreno e finestroni al primo piano, e passaggi verso le sagrestie esagonali ai lati della tribuna. Il 14 novembre1660, Alessandro VII, 1655 – 1667, consacrò il luogo di culto. Però in esso, dovevano già essersi presentate delle lesioni sulle strutture, soprattutto nell’area della tribuna, al punto che nel 1655 l’architetto fu obbligato a garantire la solidità della costruzione attraverso gli usi del periodo, ma pretese che fosse creato l’edificio sul fianco sinistro dalla parte della dogana. Nella chiesa arretrata rispetto al filo porticato – loggiato, si imposta il secondo piano, tramite finestre riquadrate e completate dall’attico della fine del Cinquecento con Clemente XIII Aldobrandini. Continuando poi con i riquadri simmetrici, vennero scolpiti all’interno dei loculi circolari gli stemmi di vari Papi che si erano prodigati nel completamento del palazzo, quali il leone e le pere di Sisto V Peretti, l’aquila e il grifone per Paolo V Borghese, le stelle e i sei monti per Alessandro VII Chigi e le api per Urbano VIII Barberini. Superba è la pavimentazione dell’imponente cortile, in laterizio collocato a spina di pesce e grandi fasce geometriche in travertino a segnare le linee di pendenza, che si uniformano con due grandi chiusini per lo scolo delle acque piovane. La chiesa di Sant’Ivo, iniziata entro lo spazio rimanente tra la precedente facciata concava e la retrostante piazza di Sant’Eustachio, si eleva sovrana su questo lato, mediante il tiburio mistilineo, il lanternino concavo e la cuspide spiraliforme. La realizzazione dell’edificio di culto era un tema vincolatissimo, a causa della preesistenza del palazzo e del cortile ma Francesco

Borromini lo tramutò in un motivo di libertà architettonica. La decisione della forma triangolare gli permise di determinare un sistema orientato che mostra una chiara differenza fra l’ingresso e il presbiterio. In Sant’Ivo il triangolo che si identifica con la Trinità è il simbolo del modello geometrico che legandosi con settori di cerchio crea l’immagine stilizzata di un’ape, emblema a sua volta della Carità e Prudenza, ma contemporaneamente risulta l’attenta e profonda professionalità dell’importante architetto barocco, componente araldica dello stemma della Famiglia Barberini. Nel primo progetto noto, oltre a questi riferimenti simbolici si hanno anche chiari richiami biblici. La decorazione, prodotta durante il lungo pontificato di Alessandro VII, è composta appunto da elementi araldici chigiani e segue la legge della diminuzione prospettica creando la sensazione di una costante accelerazione del movimento ascensionale delle membrature. La grande sintesi borrominiana si evidenzia qui con la sua manifestazione più completa. Anche la cupola tramite le sottili costole convergenti nel cerchio della lanterna, le catene ritmiche di stelle che rimpiccioliscono, la corona di cherubini e la visione finale dello Spirito Santo sul soffitto della lanterna inducono in modo divergente altezze invalicabili. Raramente fra l’interno e l’esterno di una chiesa si attua una coerenza così intensa e ciò avviene non per una meccanica corrispondenza.

Sul lato sinistro del palazzo si imposta la bellissima Biblioteca Alessandrina, fondata e costituita da Alessandro VII, poco prima della sua morte nel 1665, inaugurata nel 1670 e sistemata dallo stesso Borromini con la realizzazione delle scaffalature lignee con ballatoi.

“I grandi telai strutturali coperti dalle vele sono compenetrati dalla scaffalatura i modo da formare un insieme unitario; la balconata lievemente aggettante interrompe appena la verticalità dei pilastrini, che con le loro sporgenze si allineano con le scaffalature, ma nello stesso tempo riallaccia in continuità la successione seriale delle campate. Lo schema compositivo di una rigorosa consequenzialità, è basato sulla suddivisione delle due serie laterali in sottounità separate dai pilastroni su cui poggia il sistema voltato”. Spiega Paolo Potoghesi nel suo testo: ”Borromini la vita e le opere”.

Con il grande architetto barocco si giunge fondamentalmente all’odierno assetto del Palazzo della Sapienza, ad esclusione delle sovraelevazioni costruite a metà dell’Ottocento. Negli anni 1852 – 1858 , l’architetto Andrea Busiri Vici infatti eseguì le sopraelevazioni sul lato d’ingresso e sulle ali del palazzo oltre a interventi di manutenzione, riparazione e consolidamento.

In conclusione, nel 1951, furono eseguiti dal Genio Civile sempre lavori di consolidamento della facciata su Corso Rinascimento.

Il Palazzo della Sapienza ha accolto lo Studium Urbis, cioè l’università capitolina, in cui nel XVI secolo è confluita la Schola Palatina, l’ateneo degli studi teologici sino ad allora mantenuto separato l’uno dall’altro. Con l’unità d’Italia la struttura rinasce riservata agli studi universitari sino al 1936, successivamente infatti tutti gli atenei vennero trasferiti nella città universitaria edificata a Castro Pretorio da Marcello Piacentini.

Nello stesso anno all’Archivio di Stato di Roma viene affidata l’ala sud e parte dell’ala nord, con la Biblioteca Alessandrina, del Palazzo della Sapienza.

Nel secondo dopoguerra, l’edificio ha ospitato le udienze del tribunale britannico per l’eccidio delle Fosse Ardeatine e del delitto Matteotti. Un’attività giurisdizionale mantenuta in alcuni degli ambienti affidati al Senato della Repubblica negli anni Settanta del Novecento, in cui si svolgono le sedute della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari.

Il Palazzo della Sapienza, gioiello architettonico nel cuore della capitale, oggi sede del Senato della Repubblica, dell’Archivio di Stato di Roma e della rettoria di Sant’Ivo alla Sapienza, con la Biblioteca

Alessandrina, torna, anche se ancora parzialmente, alla passata magnificenza mentre si lavora per aprire l’edificio anche al pubblico. Con l’inaugurazione del 24 settembre, del corridoio di Francesco Borromini, è terminata la prima fase del grande cantiere curato dalla Soprintendenza Speciale di Roma per la sua messa in sicurezza e per il suo restauro.

Alla cerimonia hanno partecipato il Presidente dl Senato della Repubblica Maria Elisabetta Alberti Casellati, il Soprintendente Speciale di Roma Daniela Porro, il Direttore generale degli Archivi Anna Maria Buzzi, il direttore dell’Archivio di Stato Maria Beatrice Benedetto, il Rettore della chiesa Sant’Ivo Don Sergio Bonanni e l’architetto Paolo Portoghesi, intervenuto in veste di esperto del barocco. Per l’avvenimento i visitatori hanno avuto modo di conoscere il ripristino realizzato dall’architetto Maria Cristina Lapenna della Soprintendenza Speciale di Roma e di riconoscere le linee architettoniche dell’originario progetto di Francesco Borromini.

Orgoglio dei lavori di Palazzo della Sapienza è infatti la ristrutturazione del corridoio del grande architetto seicentesco, un passaggio pedonale di collegamento fra l’edificio e la piazza Sant’Eustachio, costruito tra il 1659 e il 1664. Ubicato nella parte nord della struttura, il corridoio borrominiano, in precedenza impiegato come deposito e garage, viene finalmente restituito al pubblico, in virtù del ripristino delle superfici verticali e del pavimento, ridando alla struttura la sua storica entrata da piazza Sant’Eustachio. L’inaugurazione del corridoio di Francesco Borromini, rappresenta la fine della prima parte degli interventi di restauro del Palazzo della Sapienza determinati dalla Soprintendenza Speciale di Roma e cominciati nell’anno 2016 dopo il sisma che ha duramente investito il 30 ottobre 2016 il centro Italia.

Negli ultimi cinque anni la Soprintendenza ha effettuato un miglioramento strutturale con consolidamento del sistema statico originario di tutto il complesso, senza essere esteticamente invasivo e ha portato avanti un approfondito e attento intervento di recupero. E’ presente la volta medievale recuperata dal celebre architetto, ritrovata nel corso dei lavori per la messa in sicurezza e il ripristino del palazzo ed è presente la lanterna di Sant’Ivo, con la sua decorazione a lingue di fuoco che brilla, bianchissima, così come anche il corridoio.

Le difficoltà della zona su cui Palazzo della Sapienza è situato provengono dalle fondazioni che sono sulle rovine archeologiche di epoca romana oltre che sulla superficie del Campo Marzio, contraddistinte da una forte presenza di acqua. La diversificata resistenza dei due substrati era la ragione di una sofferenza della struttura in special modo sulla parte est dell’edificio, dove hanno sede la Biblioteca Alessandrina, la chiesa di Sant’Ivo e i locali adoperati a segreteria e direzione dell’Archivio di Stato di Roma.

Sul lato est sono stati introdotti 16 tiranti in acciaio ad iniezione controllata non individuabili dall’esterno. Altre operazioni strutturali hanno riguardato l’ala sud, con il consolidamento delle volte del secondo e del primo piano, dove vi è la direzione dell’Archivio di Stato, un patrimonio documentario appunto di eccezionale pregio, sessanta chilometri di scritture che narrano la storia di Roma crocevia di uomini e di idee, capitale della Res publica Christiana fra Medioevo ed epoca moderna, luogo simbolo dell’unificazione nazionale a partire dal 1870. Parliamo di documenti che raccontano il passato plurisecolare del potere del vescovo di Roma in ambito spirituale e temporale e di una Corte pontificia, a vocazione cosmopolita, polo di attrazione per principi ed ecclesiastici di diversa nazionalità. Documenti pertanto che ci descrivono la capitale italiana quale punto di attrazione di alte personalità.

Al primo piano è stato attuato il consolidamento della volta del corridoio attiguo alla splendida Biblioteca Alessandrina, mentre ha preso il posto del precedente pavimento, in marmettine di graniglia, il marmo di Carrara montato in diagonale, come nel disegno originario di Francesco Borromini.

Infine nel versante ovest, dove sono ubicati gli uffici del Senato, è stato revisionato tutto il manto di copertura del tetto e sostituite le strutture lignee di sostegno danneggiate.

Teniamo presente che la Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici del Lazio, negli anni precedenti ha compiuto in vari lotti, la ristrutturazione del prospetto e della cupola della chiesa di Sant’Ivo; fra il 1991 ed il 1995, la nuova Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Roma ha ripristinato i porticati, i loggiati e l’attico della facciata destra del cortile. Gli interventi di restauro e messa in sicurezza hanno poi riguardato l’integrale complesso monumentale: la lanterna della chiesa di Sant’Ivo, alcuni degli spazi dell’Archivio di Stato di Roma, tra cui la grande sala della Biblioteca Alessandrina che, tra le varie cose, mantiene documenti relativi a Francesco Borromini: l’atto del notaio successivo alla sua mote per suicidio ed un diffamatorio sonetto con violente critiche alla sua attività.

Oggi la seconda fase dei lavori è già cominciata attraverso opere di adeguamento delle grandi soffitte e di altri luoghi di servizio della struttura. Altri finanziamenti sono già stati erogati per il restauro degli interni della chiesa di Sant’Ivo, aperta al momento esclusivamente per la messa domenicale e festiva delle ore 11, e altri ambienti ; e per concludere l’importante progetto, sono stati acquisiti anche i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Un grande cantiere che si rivolge al futuro, con la stretta cooperazione della Soprintendenza Speciale di Roma, del Senato della Repubblica, della Direzione Generale Archivi , dell’Archivio di Stato di Roma e del Vicariato: un considerevole impegno collettivo per riconsegnare a tutti un gioiello dell’architettura, unico, splendido, conosciuto nel mondo intero.

Spiega Daniela Porro: “il restauro e la messa in sicurezza del Palazzo della Sapienza sono l’espressione più esemplare e limpida del ruolo che la Soprintendenza Speciale di Roma svolge nella tutela del patrimonio artistico e architettonico di Roma. Un intervento importante che ha permesso di restituire a questo gioiello architettonico il suo effettivo valore, e possibile grazie solo al lavoro fianco a fianco, armonioso e produttivo, di diverse istituzioni. Una conferma della Soprintendenza come uno degli enti protagonisti nella tutela del patrimonio culturale di Roma”.

Palazzo della Sapienza è un capolavoro dell’arte, nel quale Francesco Borromini rivisitò con eccezionale libertà i riferimenti più diversi e fantasiosi, eliminando i limiti fra massa e atmosfera, rappresentando compiutamente la genialità dell’architettura barocca italiana.

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