“GUERCINO. L’ERA LUDOVISI A ROMA”, LA SPETTACOLARE ESPOSIZIONE PRESSO LE SCUDERIE DEL QUIRINALE.

“Il Guercino è un pittore intimamente probo, virilmente sano, senza rozzezze; le sue opere si distinguono anzi per gentile grazia morale, per tranquilla e libera grandiosità, e per un che di particolare che consente, all’occhio appena esercitato, di riconoscere al primo sguardo. La levità, la purezza e la perfezione del suo pennello sono stupefacenti. Per i panneggi usa colori particolarmente belli, con mezze tinte bruno-rossicce, assai ben armonizzanti con l’azzurro che pure predilige”. Johann Wolfgang von Goethe. (Viaggio in Italia).

A quattrocento anni dal Giubileo del 1625, Roma si prepara ad omaggiare uno dei più rilevanti artisti del Seicento: il Guercino. L’Esposizione infatti: Guercino. L’era Ludovisi a Roma” evidenzia la significativa relazione che lega l’arte del Barocco e la dinamicità culturale dell’epoca Ludovisi.

Presente tra le autorevoli Scuderie del Quirinale e nell’insigne Casino dell’Aurora di Villa Ludovisi, la rassegna è determinata dal breve ma intenso periodo lavorativo del Maestro, celebre per la forza drammatica del suo stile e la sensibilità della sua pittura.

La mostra è caratterizzata da un percorso cronologico che ricostituisce i rapporti tra Guercino, all’epoca Giovanni Francesco Barbieri e appunto la famiglia Ludovisi, soprattutto sotto il pontificato di Gregorio XV, con una specifica attenzione nei riguardi degli intrecci fra arte e potere.

La rassegna, visitabile dal 31 ottobre al 26 gennaio, curata da Raffaella Morselli, professore ordinario di Storia Moderna presso la Sapienza Università di Roma e Caterina Volpi, professore associato di Storia dell’Arte presso il Dipartimento SARAS della Sapienza, è un progetto organizzato dalle Scuderie del Quirinale in collaborazione con il Museo Nazionale Romano, le Gallerie degli Uffizi e i Musei Capitolini.

“L’occasione dei quattrocento anni del pontificato Ludovisi e dal Giubileo del 1625 ci ha spinto a ideare una mostra che riguardasse gli esplosivi due anni di Guercino a Roma con quelli del papa Gregorio XV che tanto lo amava e lo volle con sé durante il suo regno. La mostra nasce da anni di studio e da un’idea originale di coniugare la biografia di un artista famosissimo come il Guercino, al contesto che lo vide protagonista e al contempo sensibile barometro di quanto avveniva nella città teatro del mondo. Da questo incontro nacque un nuovo linguaggio e un nuovo modo di fare pittura che segnerà il secolo a venire”. Dichiara Caterina Volpi

Nell’evento sono evidenziati le peculiarità di un’età che ha gettato le basi per i posteriori sviluppi del movimento del Barocco.

I Ludovisi, come altre famiglie romane, attuarono la loro villa emblematica, Villa Ludovisi e collezionarono capolavori dall’antichità all’arte contemporanea del Cinquecento, così impreziosendo la Capitale con opere magnifiche e con una visione artistica innovativa.

La comunità che ruotava intorno alla corte Ludovisi aveva all’interno protagonisti del livello di Guido Reni, Domenichino, Lanfranco, Annibale e Ludovico Carracci, Pietro da Cortona, Padovanino, Van Dick, Poussin, Bernini, tutti Maestri presenti nell’esposizione.

Giovan Francesco Barbieri, nasce a Cento, nel Ducato di Ferrara, il 2 febbraio del 1591 e il soprannome di Guercino proveniva dall’importante difetto agli occhi e forse può avere condizionato il suo modo di dipingere nelle forme e nello spazio.

Nel suo paese di nascita da un pittore del luogo apprese da bambino le prime nozioni di disegno e di affresco, ma già a dieci anni viene mandato dalla famiglia a Bologna in cui contemplò la produzione dei Carracci.

Lo stile pittorico di Guercino che già da principio si contraddistinse dallo stile barocco che esaltava nelle forme e nei colori il soggetto ritratto, scelse di dipingere in modo più realista usando una potente luce che giungeva dall’alto, mostrando la sua sensibilità cromatica in fenomenali effetti chiaroscurali.

Nel 1617 la sua risonanza e abilità è tale da aprire a Cento una sua scuola, la propria Accademia del nudo, che in quel periodo aveva circa 23 alunni.

Nel 1621 va a Roma con la commissione di decorare il casino di Villa Ludovisi. L’opera che il Guercino esegue, l’Aurora, nella volta e gli idiomi del Giorno e della Notte, nelle lunette laterali è distinta da alcuni scorci in sottosù e dall’esaltante e scenografico dinamismo dei cavalli che trascinano il carro, donando una energia travolgente all’affresco totale.

Nel 1623 il Guercino va via dall’Urbe, e in tale età il gusto artistico del pittore è direzionato verso il classicismo e la raffinatezza di Guidi Reni. Nel 1661 Guercino ha un infarto anticipando il malore per cui si spegnerà a Bologna il 22 dicembre 1666.

Spiega Raffaella Morselli: “Guercino elaborò uno stile coraggioso ed espressivo, di forte impatto fisico e sentimentale a cui aggiunse quella gentilezza, di cui è abituato a vivere in campagna e quella teatralità di matrice ferrarese che conquistò il pubblico romano ancor prima del suo arrivo. L’artista non dimenticò di osservare la natura umana e il paesaggio: di farsi rapire dalle poesie, dal teatro e dalla musica, dai cangia menti della luce che accarezza le persone o le cose”.

La rassegna da la possibilità agli spettatori di scoprire 122 opere, capolavori che hanno segnato la storia dell’arte italiana in un ambientazione straordinaria che commemora l’eredità culturale di Guercino espletando il clima di maestosità e di enorme esuberanza dell’epoca.

Pertanto gli spettatori possono osservare l’originalità della sua tecnica pittorica, l’eleganza delle piccole composizioni su carta fino alla grandiosità delle pale d’altare.

Fra i capolavori a mio avviso più significativi citiamo: la Madonna con il Bambino tra san Giuseppe, san Francesco, un frate orante, Pietro Antonio Plombini e sua moglie Elisabetta Dondini. Questa nota pala di Ludovico Carracci è realizzata nel 1591.

Gli esperti d’arte del Seicento erano coscienti della rilevanza di tale tela del giovane artista. Infatti egli oltre gli strumenti pittorici, acquisì il senso degli effetti e la gestualità declamatoria. Questa agitazione emotiva si associa a una vigile osservazione della natura.

In Susanna e i vecchioni Guercino ha riprodotto l’avvenimento dove la bella Susanna, moglie di Gioacchino, viene molestata da due vecchi giudici nella sua stessa abitazione. Minacciata di adulterio qualora avesse rifiutato di concedersi, la giovane preferì la morte per poi essere invece assolta.

La scultura Marte, (Ares Ludovisi) di Gian Lorenzo Bernini fu comprata da Ludovico Ludovisi in un periodo posteriore alla scoperta nella zona di Palazzo Santa Croce. Il tratto distintivo del dio fanciullo lascia intendere come lo scultore cogliesse l’incarico quale occasione per riflettere sulle più innovative istanze stilistiche riguardanti i Baccanali di Tiziano.

Nel quadro Santa Maria Maddalena Penitente la storia è incerta così come la sua datazione. Dissolta l’eccitazione del miracolo, la natura meditativa del soggetto è trasferita in una composizione più solida, espressione più classicheggiante, in cui il taglio luministico è contrastato e l’orizzonte rischiarato dai bagliori del tramonto.

Le due grandi pale d’altare, attuate tra i 1624 e il 1625, da Guido Reni e Guercino, hanno un soggetto simile e sono adibite entrambe alla venerazione dei pellegrini. Dal raffronto delle due opere la Santissima Trinità dei Pellegrini di Guido Reni e la Crocifissione di Guercino, per la basilica della Beata Vergine della Ghiara a Reggio Emilia, è palese la sana competizione presente fra i due artisti.

Guercino utilizza la struttura di una icona votiva, legando l’imponenza artistica romana con la natura e il suo scenografico stile, infondendo il sentimento religioso dei protagonisti ritratti.

“La composizione il Mosè”, ha illustrato la curatrice Caterina Volpi: “è dirompente per la modernità dell’inquadratura, ed è caratterizzata dal taglio ravvicinato che trasmettere da vicino l’estasi del profeta. Proveniente dalla collezione del cardinal Alessandro d’Este che, sulla base dello stesso impianto stilistico, possedeva anche i ritratti degli Evangelisti”.

In Venere Marte e Amore, il Maestro attua tali soggetti nel 1633 per Francesco I d’Este. L’opera è creata attorno alle azioni e agli sguardi dei tre personaggi, in primo piano Venere, sensuale e orgogliosa, siede in una alcova circondata da tendaggi da cui si scorge una fortezza.

Nel Trionfo di Bacco di Pietro da Cortona, in un paesaggio disseminato da monumenti antichi procede il corteo del dio portato in trionfo su un carro dorato. Un disegno di Berettini con un Sarcofago dionisiaco di palazzo Mattei ha collegamenti con il dipinto: il dio su un cocchio trainato da tigri, il corteo di menadi, i satiri ebbri.

Infatti il Trionfo di Bacco è reputato una rivisitazione dei Baccanali di Tiziano commissionati nel XVI secolo da Alfonso I d’Este. Pietro si rivolge agli Andrii per eseguire un chiasmo compositivo costituito dalla figura maschile con il braccio alzato che offre l’uva a Sileno e a destra della donna seduta.

Nel ritratto di Papa Gregorio XV e del suo nuovo cardinale Ludovico Ludovisi, il papa decise di farsi ritrarre in sedia camerale con il nipote Ludovico accanto. La tela del Domenichino risultava di enorme raffinatezza ed è inclusa nella serie delle raffigurazioni del sé proposte a Guido Reni, Guercino e Gian Lorenzo Bernini.

Lo scopo era esattamente quello di ricostruire un reale dittico familiare per la rappresentazione della ascesa sociale della dinastia.

I prestiti giungono da ogni parte del mondo: dal Getty al Nationalmuseum di Stoccolma, dalla Rothshild Foundation alle Gallerie Estensi di Modena, da Tatton Place in Inghilterra al Louvre di Parigi.

Dal 12 novembre vi saranno un ciclo di incontri e dibattiti con alcuni dei più famosi studiosi per approfondire i maggiori temi della esposizione. Contemporaneamente i visitatori potranno assistere ad una serie di brevi clip-documentario, con la regia di Uliano Paolozzi Balestrini.

L’itinerario espositivo consente di esaminare la dottrina dell’arte del Maestro in grado di armonizzarsi all’estro romano e all’influenza dei contemporanei pur conservando quella potenza naturale che lo determinava.

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