A History of Violence: l’America in balia dell’estremismo di destra e della follia omicida

Ci sono i numeri a raccontare l’orrore delle stragi negli Stati Uniti. Ad El Paso, città del Texas al confine con il Messico, il bilancio è di 29 morti e decine di feriti. Ci sono le immagini dell’orrore riprese con i cellulari e ci sono le storie, sia quelle delle vittime sia quelle degli aggressori. C’è una madre che muore per difendere il figlio in un Centro commerciale preso d’assalto da un sedicente suprematista bianco, il giovane Patrick Crusius. I media americani gli attribuiscono, tra l’altro, la paternità di un farneticante documento pubblicato sul web, nel quale l’assalitore espone i suoi convincimenti sulla Grande Sostituzione in atto nelle società occidentali. Sono idee che purtroppo abbiamo imparato a conoscere, suggestioni provenienti addirittura dal Ku Klux Klan, dal Mein Kampf di Hitler, dalle parole di Brenton Tarrant, il killer di Christchurch che fece 49 morti e decine di feriti tra i fedeli di due moschee, dal proliferare di siti Internet di estrema destra. Questi ultimi portano avanti teorie complottiste in base alle quali ci sarebbe un disegno ben preciso per sostituire le popolazioni autoctone con i migranti. Questi ultimi sono dipinti alla stregua di “prolifici invasori”, poiché fanno più figli rispetto ai bianchi e – in un futuro non molto lontano – finiranno con il sostituirli. Nel documento pubblicato da Crusius, la rabbia suprematista è diretta nei confronti dei latinos. Anche se spesso si tratta di cittadini americani, figli o nipoti di immigrati di origini latinoamericane, l’odio nutrito dalle teorie sulla cosiddetta sostituzione etnica sembra accecare la vista dei suoi sostenitori, mentre ne arma la mano, in un paese dove è legale e sempre più semplice avere un arsenale. A poche ore dalla strage di El Paso, un’altra carneficina, questa volta a Dayton, in Ohio: un uomo spara all’impazzata, nell’area dei locali notturni, uccidendo 9 persone (tra le vittime anche la sorella), ferendone altre 26. L’assalitore viene a sua volta ucciso dalla Polizia. Non è stata ancora stabilita la matrice della mattanza di Dayton, sebbene il problema della facilità di accesso alle armi emerga di nuovo in tutta la sua evidenza. Secondo il sito Gun Violence Archive, nei primi sette mesi del 2019, l’uso improprio delle armi da fuoco ha provocato 8.574 morti e 17.013 feriti. Trump, grande sostenitore del diritto dei cittadini di armarsi, si dice addolorato, parla di “codardia” e di “malattia mentale”. Gli investigatori parlano invece di terrorismo interno, soprattutto in riferimento alla strage in Texas. Il Presidente riconosce la necessità di fermare il Suprematismo Bianco, sebbene molti di loro appoggino apertamente le sue politiche: muro al confine con il Messico, pugno duro sulla immigrazione irregolare, rimpatri coatti che talvolta separano i genitori dai figli, come è accaduto l’anno scorso a Elsa Johana Ortiz Enriquez, arrestata al confine con il figlio minore e rispedita in Guatemala senza il proprio bambino. Il figlio di Elsa rientra in quei 1.995 bambini sottratti ai genitori, poiché immigrati senza regolare permesso: una stima provvisoria che riguarda soltanto il 2018. Per fortuna, sono moltissimi gli americani che si oppongono con fierezza all’odio razziale, manifestando per le strade. Forse “The Donald”, i cui tweet dal contenuto apertamente razzista sono stati ripresi da Crusius, dovrebbe ascoltare chi lo contesta e bonificare il proprio linguaggio, prima che sia la convivenza civile a finire sepolta sotto il muro della violenza.

Foto tratta dal sito web jpost.com

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