IL GHETTO DI ROMA

Il Ghetto Ebraico di Roma rappresenta uno dei tesori nascosti più belli di tutta la capitale. Visitare questo piccolo quartiere, rappresenta un’esperienza culturale e religiosa per via della Sinagoga e del museo Ebraico. La comunità Ebraica di Roma è considerata la più antica al mondo, poiché se ne conosce l’esistenza sin dal II sec. a.c. A quell’epoca gli Ebrei giungevano in larga parte come schiavi, provenienti dalla Palestina sotto il dominio Romano, ma si ricorda anche un’alleanza militare stipulata tra Roma e Giuda Maccabeo, condottiero degli Ebrei in rivolta contro l’impero di Seleucide nel 167 a.c. Tanto nei primi secoli quanto durante tutto il Medioevo, la comunità residente a Roma non ebbe particolari difficoltà di convivenza con la popolazione Cristiana; la loro principale attività era il commercio. Ma i tempi si fecero duri nel tardo Rinascimento quando i Papi dopo lo Scisma Protestante e sull’onda della successiva Controriforma, inasprirono il loro atteggiamento nei confronti di chiunque non aderisse all’ortodossia cattolica. Nel 1555 il neoeletto Pontefice Paolo IV decise di rinchiudere l’intera comunità Ebraica entro un’area molto ristretta e impose severe leggi discriminatorie. La zona in cui furono confinati gli Ebrei era conosciuta come il Ghetto (dal nome dell’analoga enclave istituita a Venezia già nel 1516). Comprendeva le poche vie situate tra piazza Giudia ( oggi scomparsa), i resti del Portico d’Ottavia e la riva del Tevere presso l’Isola Tiberina. La vita per gli Ebrei era molto dura ed era sottoposta ad una serie di obblighi e divieti: obbligo di risiedere all’interno del Ghetto e di portare sempre con se un segno distintivo di appartenenza alla comunità Ebraica, si trattava di un pezzo di stoffa o un velo di colore azzurrino (glaucus nella bolla del 1555), che veniva detto sciamanno; gli uomini lo fissavano al cappello, mentre le donne lo portavano a mo’ di scialle. Altra proibizione di esercitare ogni tipo di commercio ad eccezione di stracci e vestiti e di possedere beni immobili. Gli Ebrei fecero di necessità virtù diventando, grazie anche a questi divieti, scaltri commercianti di abbigliamento e abili uomini d’affari nel campo dei prestiti. L’affollamento all’interno dell’enclave era tale che di tanto intanto e nel succedersi dei Papi si rendeva necessario ampliare le case, costruendo altane; il risultato era un conglomerato di tuguri, strettamente addossati gli uni agli altri, e frequentemente comunicanti con passaggi interni ed anche esterni, i cosiddetti passetti. Con il trascorrere degli anni il Ghetto ha allargato sempre di più i propri confini territoriali fino alla Liberazione del 1849 con l’abolizione della segregazione. Nel 1870 gli Ebrei furono equiparati ai cittadini Italiani e nel corso degli anni le antiche stradine e i vecchi edifici furono demoliti per lasciare il posto a nuove costruzioni e alla realizzazione di tre nuove strade: via del Portico d’Ottavia, via Catalana e via del Tempio. All’alba del 16 ottobre 1943 i Nazisti circondarono il quartiere e catturarono oltre 1000 Ebrei prelevandoli a forza dalle loro abitazioni. Due giorni dopo i prigionieri furono caricati sui vagoni di un treno diretto ad Auschwitz: dei 1023 deportati solo 16 sopravvissero allo sterminio. Passeggiando nel Ghetto si incontra la Sinagoga che rappresenta una delle mete turistiche più amate del quartiere. Il Tempio Maggiore si presenta come un grande edificio di due piani a base quadrata sormontato da una grossa cupola. Il progetto è dell’architetto Osvaldo Armanni e dell’ingegnere Vincenzo Costa, ispirato a motivi Assiro-Babilonesi e dell’Art Nouveau e realizzato nel 1904. La Sinagoga del Ghetto di Roma è anche, e soprattutto, un luogo di preghiera e un importantissimo punto di riferimento culturale per l’intera Comunità Ebraica. Nei sotterranei hanno sede il museo Ebraico e il Tempio Spagnolo, una piccola Sinagoga che merita una visita. Nei 700 mq del museo Ebraico sono esposti circa 400 argenti romani del sei e settecento, quasi 1000 tessuti preziosi provenienti da tutta Europa, calchi, marmi e pergamene miniate che raccontano la storia bimillenaria degli Ebrei Romani. Non è solo l’imponente Sinagoga, di fronte all’Isola Tiberina, che affascina i visitatori che giungono numerosi a vederla, ma anche i resti Romani, medievali e Rinascimentali di via del Portico d’Ottavia, centro simbolico del quartiere insieme a piazza delle Cinque Scole. Dal Portico d’Ottavia è possibile accedere direttamente al Teatro di Marcello, il piccolo “Colosseo” dal quale si differenzia per le dimensioni ridotte e per la tipologia di struttura semicircolare. Piazza delle Cinque Scole rappresenta un ibrido architettonico, circondato da alti

palazzi Umbertini che vanno verso il Tevere e che testimoniano la stratificazione costruttiva dell’area, la quale si identifica anche nell’ampia offerta enogastronomica del quartiere. Nel Ghetto di Roma è infatti possibile assaggiare gli autentici piatti della cucina tradizionale romano-giudaica e scegliere fra molti locali kosher che la popolano e la migliore pasticceria con i tipici dolci ebraici.

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