Rovistando tra i tanti personaggi da intervistare e sui quali scrivere un articolo, ne ho scovato uno che, pur vivendomi molto vicino, risulta scontroso e forastico quando gli vengono poste domande personali. Cercherò, allora, di aggirare il problema chiedendogli informazioni sulla sua attività artistica, sperando di coglierlo in castagna e strappargli qualche emozione personale…
(Intervistatore) Da quanto tempo dipinge?
(Artista) Sono ormai quindici anni che spargo colore su tele, supporti vari e cucina di casa ma, a mio parere, artisti si nasce e… tutti lo nascemmo! Ognuno di noi, alla nascita, viene dotato di un senso artistico che è proprio della individualità della persona e può svilupparsi in qualunque branca dell’azione umana. Per assurdo, anche commettere un omicidio può comportare un senso artistico che, però, il più delle volte tradisce il colpevole…
(I) Che cosa è l’arte, per lei?
(A) Arte è comunicazione, comunicazione della propria cultura, racchiudendo in questo termine l’esperienza, lo studio e la sensibilità acquisita. Per studio non intendo l’esclusiva lettura di testi in materia ma, soprattutto, l’osservazione di tutta la realtà nella quale siamo immersi. Il termine “comunicazione” può essere interpretato anche in altro modo, cioè come strumento del messaggio: ecco allora che si assiste a eccessi di fenomeni che di reale hanno ben poco. E il reale nell’arte è l’emozione trasmessa.
(I) Qual è, allora, il messaggio della sua arte?
(A) Appassionato del ‘900, ho notato come i più grandi artisti di questo secolo fossero dotati non solo dell’abilità nell’usare il pennello ma anche, e soprattutto, della capacità di cogliere gli aspetti critici della loro società. Dietro i nomi degli artisti più famosi c’era sempre un movimento, un partito, un’ideologia ma, soprattutto, delle idee che spesso venivano rese pubbliche. L’artista illustrava così la sua esperienza, colta da un punto di vista particolare perché caratterizzato da una sensibilità particolare. Il mio obiettivo è trasporre sulla tela la mia emozione e cercare di suscitarne altre, anche diverse, nello spettatore. Attingendo dalla mia esperienza lavorativa, ho notato come in economia si sia assistito a un eccesso di finanziarizzazione delle attività a discapito dei veri fini sociali e reali. Allo stesso modo, nell’arte è cresciuta l’importanza della comunicazione intesa come mero strumento che colpisce l’attenzione nel breve periodo, trascurando di fatto l’emozione e la cultura consolidata nell’opera stessa.
(I) Mi illustra una sua opera, inerente a questa idea?
(A) Di recente ho prestato l’immagine di una mia opera, “Fragola” (50×60 – acrilico su legno – 2015), per la copertina di un bellissimo libro della scrittrice Ippolita Di Lecce, dal titolo “Raccomangiamoci” (PAV Edizioni – 2020). Una fragola si staglia su un diagramma cartesiano, una cui retta funge da stelo del frutto stesso. Il mio mondo è dicotomico: da una parte la fredda razionalità delle regole economiche e di un più generale dover essere, dall’altra la passione, l’emozione, un frutto che appare insolitamente realistico per il mio genere di pittura. Quale dei due motivi prevarrà? Ecco, in questo coinvolgo l’osservatore di “Fragola” che, spero, mi comunicherà la sua emozione…
(I) Quale è lo stato dell’arte in Italia, a suo parere?
(A) Per quanto riguarda l’arte pubblica, l’Italia potrebbe potenziare l’offerta della godibilità del proprio patrimonio artistico favorendo il turismo anche estero, misura che contribuirebbe non poco a risollevare il nostro bilancio. Covid 19 permettendo…
In riferimento all’arte privata vedo ampi margini di miglioramento, soprattutto per gli artisti più giovani. Il mercato, includendo le gallerie, i musei, gli storici e i critici dell’arte, non dovrebbe sostenersi solo grazie ai proventi degli artisti in cerca di visibilità. Visibilità che, si badi, non è fama, la quale trova il suo fondamento nella cultura e nell’interesse che riesce a sollevare, e non già in critiche compiacenti e remunerate o in effimeri titoli. Oggi gli stessi curriculum e relative quotazioni risultano quasi sempre valori gonfiati, basati su eventi, mostre e concorsi in cui l’unica discriminazione è la disponibilità economica dell’artista. Diversamente, il mercato delle opere degli storicizzati (detesto questo termine, che male interpreta gli artisti famosi non più in vita…) resiste alla crisi, sia perché abilmente gestito dalle grandi case d’asta e sia perché tale arte è spesso considerata come bene rifugio o come investimento.
(I) Quali potrebbero essere le soluzioni per queste criticità?
(A) Sull’arte pubblica il potere è in mano alla politica. Potere maggiore hanno i cittadini elettori che potrebbero preferire candidati più orientati alla valorizzazione del patrimonio artistico italiano. Per l’arte privata il discorso è diverso perché occorrerebbe incentivare la condivisione del rischio d’impresa tra gli artisti e il resto dei partecipanti all’offerta di mercato. Si dovrebbe, inoltre, favorire gli eventi di maggior respiro culturale, caratterizzati da un taglio informativo e divulgativo dell’arte, per rendere più popolare non già l’opera in sé stessa quanto il pensiero di ogni artista.
(I) Le giovani leve, in particolare gli studenti delle Accademie di belle arti, godono di una base tecnica notevole e devono solo consolidare i loro progetti e ideali in valori da affermare, sia davanti a sé stessi che nella società.
(A) Ne sei sicuro? Ops! Scusami, non ero io che conducevo l’intervista? Ci stiamo confondendo…aiutooo!