Originale e moderno nelle tematiche, Svevo è un intellettuale nuovo, pienamente inserito in quel mondo borghese di cui fa una critica. Privo di una formazione umanistica, egli costruisce la sua formazione da autodidatta e coltiva i suoi interessi letterari come una sorte di vizio nascosto. Grazie alla conoscenza del tedesco e agli studi in Germania, Svevo si costruisce una formazione ampia e varia, in cui confluiscono spunti provenienti da correnti di pensiero fra loro diverse: al positivismo dell’evoluzionismo di Darwin e alla teoria marxista si affianca il pensiero di Schopenhauer e Nietzsche, cui si unirà poi la riflessione sulle teorie freudiane. Svevo non aderisce appieno a nessuna di queste concezioni, ma da ciascuna ricava elementi critici che sottopone a rielaborazione.
L’ampia cultura di Svevo è del resto il frutto di una formazione non strettamente umanistica, legata all’interesse personale e condotta ai margini di un’esistenza borghese, Svevo è un intellettuale nuovo, pienamente inserito in quel mondo borghese di cui pure smaschera nella sua opera le false certezze.
Svevo pone al centro della sua opera l’interesse per la soggettività dell’individuo e per la complessità della psiche. Egli contrappone, come Pirandello, la tendenza ad analizzare i contrasti interiori che lacerano l’io. A questo interesse l’autore è spinto soprattutto dalla rielaborazione di spunti offerti dalla filosofia di fine Ottocento.
Infatti, da Schopenhauer egli desume l’idea che la volontà del singolo non sia libera, ma rappresenti l’emanazione di una Volontà superiore, che domina il mondo. In modi analoghi, dalla filosofia di Nietzsche Svevo riprende gli spunti polemici verso la società borghese e la teoria della pluralità dell’io. In seguito, attraverso la conoscenza delle teorie di Freud Svevo giunge alla scoperta dell’Inconscio e all’analisi dei meccanismi psicologici attraverso i quali ogni individuo inconsapevolmente maschera e giustifica le pulsioni più profonde. Nel romanzo La Coscienze di Zeno Svevo riprende numerosi spunti dalle teorie freudiane, per giungere alla conclusione che la nevrosi non è condizione del tutto negativa, in quanto consente un’osservazione privilegiata della realtà. Svevo giunge a portare al centro della sua opera la figura dell’inetto, del debole inadatto all’azione, rivolto alla continua analisi della propria psiche e delle nevrosi di cui è vittima ma al tempo stesso capace di comprendere a fondo la complessità del reale.
Invece, dalla teoria evoluzionistica formulata da Darwin Svevo riprende in particolare l’idea che il comportamento dei singoli sia il prodotto di leggi naturali non modificabili, prima fra tutte la lotta per la vita. La realtà dei rapporti umani appare dominata da una spietata selezione naturale, che contrappone individui forti e intraprendenti a soggetti apparentemente deboli e inadatti alla vita. La concezione della vita come lotta, presente anche in Schopenhauer, si accompagna inoltre alla consapevolezza dell’importanza del fattore economico e dell’esistenza dei conflitti di classe, che Svevo ricava dalla parziale ripresa del pensiero di Marx, del quale condivide la società industriale.
La figura dell’inetto, un anti – eroe debole e passivo, incapace di agire in modo costruttivo e intento ad analizzare i propri conflitti interiori e la propria malattia. Tuttavia, mentre nei primi due romanzi il protagonista va incontro ad un totale fallimento esistenziale nel
romanzo La Coscienza di Zeno matura una più piena consapevolezza del proprio stato e, attraverso la prospettiva straniata della propria nevrosi di un’acuta critica del mondo borghese, di cui smaschera le false certezze e l’ipocrisia.
In termini volutamente paradossali e ironici, egli identifica l’intellettuale moderno con l’inetto, in apparenza escluso da una società tutta tesa al profitto, ma in realtà capace di costituire la sua coscienza critica più profonda. L’inetto grazie alla sua sensibilità, comprende le incongruenze del vivere e smaschera il conformismo di una società basata su certezze illusorie.
Nei protagonisti dei romanzi di Svevo non è difficile riconoscere esperienze e vicende esistenziali che riportano al vissuto reale dell’autore.
Svevo concepisce la letteratura come strumento per salvaguardare l’esistenza dall’oblio e per tentare di chiarirne il senso attraverso un’analisi accurata quasi scientifica. Secondo la sua poetica, la sua trasposizione nella pagina scritta attraverso il ricordo, permette di sottrarre l’esistenza allo scorrere del tempo e di arrivare al fondo del proprio essere. La scrittura appare come l’unico strumento capace di rendere il soggetto consapevole della propria esistenza e, l’intellettuale inetto, incapace di vivere pienamente ma proprio per questo più sensibile alle incoerenze della vita.
Questa poetica si traduce in strutture narrative nuove, a cui Svevo giunge attraverso la personale rielaborazione di modelli molto diversi tra loro. Gli autori che più influenzano la sua produzione sono i realisti francesi, i romanzieri russi e gli umoristi inglesi (Joyce). Proprio Joyce influenza in parte Svevo sul piano delle scelte stilistiche: in particolare nell’adozione del monologo interiore. Grazie all’originale contaminazione di questi modelli Svevo approda a un profondo rinnovamento delle strutture narrative. Soprattutto ne La Coscienza di Zeno, il tempo misto della memoria del protagonista, in una continua alternanza di passato e presente. La vicenda è filtrata dal punto di vista di soggettivo dell’io narrante, che più o meno altera i fatti e falsifica le loro motivazioni, lasciando al lettore il compito di distinguere la verità dagli autoinganni della coscienza. Sul piano strettamente stilistico, a Svevo è stata spesso rimproverata dai critici una scarsa cura formale e una certa goffaggine espressiva. Ma è anche vero che Svevo non dedica alcuna cura al “bello stile” e che nella sua opera la forma risulta secondaria, anzì il linguaggio imperfetto in cui si esprimono i protagonisti dei suoi romanzi può essere inteso come frutto di una scelta consapevole e volontaria, che nella sua opera la forma risulta secondaria, anzi il linguaggio imperfetto in cui si esprimono i protagonisti dei suoi romanzi può essere inteso come frutto di una scelta consapevole e volontaria, che intende riprodurre il senso di inadeguatezza dell’inetto nei confronti della realtà.