La chiesa di Santa Maria di Portonovo, bellezza senza tempo

Portonovo, una baia meravigliosa, incastonata nella Riviera del Conero, è un vero gioiello naturalistico a due passi da Ancona, ma pochi sanno che ospita al suo interno un gioiello ancor più prezioso: la chiesa di Santa Maria di Portonovo.

Parliamo di un capolavoro dell’architettura romanica, di valore inestimabile non solo per la Regione Marche, ma per l’intera Nazione.

La chiesa fu costruita da monaci Benedettini, forse di provenienza franco-normanna, a partire dal 1034, in un luogo sicuramente suggestivo, che vede da una parte l’azzurro delle limpide acque marine e dall’altra il verde del bosco: una location perfetta per i monaci, alla ricerca di pace e serenità, lontani da tutto.

Per accedere a questo tempio della cristianità è necessario percorre una strada stretta che si dipana tra il mare ed un piccolo lago costiero, detto lago Profondo.

La chiesa, dedicata alla madre di Gesù, presenta esternamente elementi dello stile romanico lombardo, come le lesene e gli archetti pensili; la struttura architettonica è suggestiva ed estremamente singolare, fusione di una pianta a croce greca, una basilicale ed una “chiesa a cappelle parallele”.

Le mura esterne sono in pietra bianca del Conero, mentre il pavimento interno, incredibilmente rimasto quello originale, è costituito da un disegno geometrico realizzato con pietre color ocra e con elementi in cotto.

Negli ultimi tempi del Governo pontificio, venne destinata una notevole somma al restauro del tempio, principalmente per iniziativa dell’anconetano monsignor Gabriele Ferretti, all’epoca Ministro dei lavori pubblici, e di monsignor Amici, Commissario straordinario delle Legazioni.

Purtroppo, però, le successive vicende politiche impedirono la costruzione di una scogliera a protezione delle sue fondamenta.

In seguito all’annessione delle Marche al Regno d’Italia, nel 1860, l’intera località di Portonovo fu acquistata da privati che ridussero la Chiesa a legnaia e magazzino. Preoccupato da tutto ciò, il prof. Carisio Ciavarini, ispettore degli scavi dal maggio 1876, fece abbattere le case annesse alla Chiesa e volle che la chiave della stessa fosse consegnata alla Guardia di Finanza.

Il vero merito della conservazione di Santa Maria è tuttavia da attribuire all’architetto Giuseppe Sacconi, soprintendente ai monumenti delle Marche e dell’Umbria dal 1891 al 1902, che, entusiasta dell’architettura della chiesa che giudicava “il più completo monumento lombardo che decori le rive adriatiche da Ancona a Brindisi”, ideò, sotto la direzione propria e dell’ing. Pisani Dossi, architetto dell’Ufficio regionale dei monumenti, tutti i restauri necessari affinché essa ritornasse al suo primitivo splendore. Così nel 1894 si iniziò il primo restauro sistematico del complesso, con il consolidamento delle strutture e la rimozione degli intonaci ottocenteschi dalle pareti; documenti ufficiali dell’epoca riportano che: “L’intonaco, onde erano state coperte le malconce pareti, venne tolto via; rimessa in vista l’antica struttura di pietra, fu efficacemente rinsaldata con cemento di pozzolana. Una valida riparazione fu arrecata al tetto e fu interamente racconciata la cupola“.

Fu anche rafforzata la muraglia di sostegno alla rupe su cui s’innalza la Chiesa, la cui costruzione era stata cominciata nel 1883. Il restauro della Chiesa fu ultimato sotto il successivo soprintendente Luigi Serra e la riaperta al culto avvenne nel 1934.

Nuovi restauri dell’intero complesso furono intrapresi tra il 1988 e il 1995 dalla Soprintendenza ai Beni Culturali di Ancona, mentre nel 2002 furono effettuati scavi archeologici che hanno permesso di mettere in luce un cimitero medievale e di rintracciare le fondazioni della torre campanaria, nota dai documenti, ma non ancora localizzata, oltre ad individuare strutture più tarde intorno alla chiesa, come l’abitazione eremitica.

Grazie al serio restauro condotto dal Sacconi nel 1894 ed a quello di quasi un secolo dopo curato dalla Soprintendenza, la Chiesa ha riacquistato la sua splendida veste di millenario testimone dell’opera dell’uomo nel suo cammino di fede: un pezzo di paradiso sulla Terra, a due passi dal mare.

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