LA MOSTRA A PALAZZO BELMONTE RISO: “SENZA TITOLO” DI SILVIA SCARINGELLA

La Sala Kounellis di Palazzo Belmonte Riso, sede del Museo Regionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Palermo, ospita dal 17 novembre all’8 dicembre: “Senza titolo” installazione temporanea di Silvia Scaringella, a cura di Andrea Guastella, con la partecipazione all’evento inaugurale del Direttore del Museo Luigi Biondo e della storica dell’arte del Museo, Rosaria Raffaele Addamo.

“L’installazione, una serie di teli dipinti a inchiostro giapponese di misura modulabile disposti al suolo su binari sfalzati, si accompagna per un attimo alla grande istallazione di Kounellis di Palazzo Riso, tra la pesantezza degli armadi poveri, e la leggerezza nell’essere sospesi: un contrasto, uno scontro tra equilibrio e gravità da cortocircuito visivo, di cui l’installazione di Silvia crea l’ombra”. Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona

Nel linguaggio dei due artisti si identifica l’analogia della prospettiva sociologica, culturale, filosofica e religiosa. Gli armadi appesi al soffitto sono contenitori di memorie, gli sportelli aperti contengono storie individuali, danno l’impressione di far cadere a terra le stoffe piegate su se stesse. Racconti di persone e di famiglie che nell’insieme di questi contenitori si identificano con le storie della collettività, fondendo arte e vita. Sull’ombra, teli guida mappano lo sguardo, vecchi tessuti di iuta, lino, cotone , rifiuti riciclati e messi insieme come i differenti vecchi armadi in antitesi, che in questo luogo si rigenerano dalla scomposizione del loro idioma. Dal bianco si distingue mediante i pixel, l’ombra sottostante che li attraversa, dall’intimo domestico o conventuale dove avevano origine gli articolati decori a ricamo di sfilato siciliano. I legami con la tradizione e l’epos popolare, sono rappresentati con decisiva forza. Frecce stradali, come emblemi regolatori di vita urbana, diffondono sui teli la scomposizione del lessico di Silvia, un’immagine dissimile dei segni tipografici, segnali stradali, parole, frecce e numeri nelle composizioni di Jannis Kounellis degli anni Sessanta. Segni come messaggi esoterici fra le pieghe dei teli raccolti, e nei simboli all’interno del disegno. Le scritture di Silvia sono effigi da cui nascono sopra ogni cosa emozioni, intuizioni, sentimenti da non spiegare né descrivere, da non scalfire con la ragione discorsiva. Il suo linguaggio simbolico manifesta forme della realtà che attingono all’ineffabile. Alcuni teli sono modulati da idiomi musicali e poetici che creano una scomposizione del lessico concordante con la frammentazione del reale. Il lavoro di Silvia non si conclude mai in se stesso, cela ritmi e geometrie calcolate in cui la visione ha sempre validità di senso e integrità, nelle infinite possibilità di modulazione dei teli.

Nelle composizioni scultoree dell’artista, tutto si compone per piani associati e sintetici o per singoli individui che creano sistemi aggregati, in “Senza titolo” infatti tutto si compone per pixel associati e aggregati, sono sempre frammenti singoli, pluralizzati, connessi in cerca di un’integrità comune; elementi, cioè particelle più piccole che formano un sistema, un insieme. In questo modo risaltano dal bianco, neri pixel che si compongono in citazioni di mosaici, cosmati, richiami, codici informatici. I frammenti, presenti nella realtà quotidiana, si compongono e scompongono relazionandosi con un nuovo linguaggio aggregato che affiora dalla trama della stoffa, senza preparazione premeditata, individuando una nuova integrità di quello che resta. In “Senza titolo”, il nero del disegno e il bianco della base possiedono il medesimo supporto cromatico, nonostante capovolto, fra il nero del feltro sul fondo e il bianco dei tappeti.

I l Kounellis dei primi dipinti, determinano in Silvia una profonda influenza. Da Jannis Kounellis infatti lei acquisisce l’osservazione del frammento non come oggetto in se, ma come mezzo di un dialogo universale. Principalmente dell’artista greco l’ispira l”iconografia dell’iconoclastia”.

“L’iconografia dell’immagine rotta, della totalità perduta, la visione perduta, l’oscurità”. (Thomas McEvilley)

In sintesi l’ombra, quell’ombra che, in tale istallazione panormita, si materializza in un tessuto nero ricalcante, come uno specchio oscuro, le sagome spigolose degli armadi di Kounellis.

“Non vi è, in Jannis Kounellis, possibilità alcuna di coesistenza degli opposti, la cui contrapposizione è anzi all’origine della ferita che egli intende suscitare: chi passeggiando sotto gli armadi, non è stato percorso da un brivido al solo pensiero che i legacci che li reggono possono cadere, e i mobili cadere? Il suo mondo di macerie compattate è , né più né meno, una gigantesca cattedrale, in attesa di un rito che non si celebrerà. Gli armadi è vero provengono da un contesto familiare; ma l’opera non lascia affatto supporre un risarcimento, un recupero della primitiva funzione. La memoria, come Dio, è morta per sempre. A noi non resta che commemorarne, mestamente , la scomparsa. Quanto diverso l’approccio di Silvia! In questa sua celebrazione della memoria ritrovata, che cosa accolgono , del resto , i suoi tappeti, se non il Volto Santo, la sacra impronta delle immagini eterne? E’ proprio il nero del lutto a dare forma al bianco, a consentirgli di attraversare l’ombra convertendosi in messaggio”. Spiega il curatore Andrea Guastella

Scrive Claudio Strinati: “Silvia Scaringella vive in sé questa esperienza di condivisione tra arte e scienza che ha assimilato sin dai suoi esordi probabilmente guardando con appassionato acume certi suoi grandi predecessori come Cornelis Escher e, più direttamente a lei vicino, Renato Mambor, da cui ha dedotto un afflato creativo attraverso il quale rielabora, ripropone e radicalmente trasforma un tema ormai profondamente sedimentato nelle nostre coscienze, quello della donna artista che predilige in modo assoluto la plasmazione della materia secondo uno spirito di vera e propria capacità e volontà generatrice. Uno spirito che non può non essere pensato come peculiarità assoluta femminile”.

Silvia Scaringella, nasce a Roma nel 1986, si diploma in scultura all’Accademia Belle Arti di Carrara e lavora in molteplici atelier tecnici e artistici, fra cui quello di Renato Mambor. Esperienza fondamentale del suo linguaggio e pensiero la borsa di studio presso l’Iwate University, in Giappone, dove si trasferisce nel 2014. Partecipa a simposi di pietra nazionali e internazionali, installando tre opere pubbliche: Palombara Sabina (RM), Marika (JP), Seravezza (LU). Realizza rilevanti esposizioni: Istituto cultura Ichinoseki e Iwate university, Japan; Collaterale Manifesta 12, Palermo; Fondazione Cassa di Risparmio, Carrara; Centro Arti Plastiche, Carrara, ecc.. Nel 2019 vince il concorso “Leonardo e il Volo” creando una scultura permanente per aeroporti di Roma Fiumicino. Tra le sue composizioni odierne ancora ricordiamo l’opera posta presso il Circolo Ministero Affari Esteri di Roma. Nel 2021 ha in progetto di realizzare in Sicilia, un lavo monumentale per la Fondazione Fiumara d’Arte.

“La montagna sacra, la grande madre da cui tutto nasce, ritorna e riviene. Con la vincita del concorso della fiumara d’arte, realizzerò un animale protettore alle pendici dell’Etna,interrogare e ammonire sul senso della nascita e morte, dell’andare e venire, del rinnovarsi, e al contempo del bisogno di conservare e proteggere l’uomo con la sua realtà archetipa, ricordando che oltre concettualizzazioni e virtualizzazione permane una legge “deus sive natura”, (Spinoza). Dichiara Silvia Scaringella.

L’indagine artistica di Silvia Scaringella infatti, ha inizio da interessi antropologici e sociologici, dall’analisi di correlazioni di comportamenti collettivi e singoli, dell’ambiente animale ed umano, che divengono nei suoi lavori infinità di individui relazionati, sistemi olistici manifestati, indicatori di dinamismo ed entropia dell’età contemporanea, elaborata simbologia di corrispondenza esistenziale.

Nella serata inaugurale, per la regia di Salvo Agria, Noemi Crocilla e Giulia Tartamella, è stata effettuata una performance di danza.

Nella rassegna si contemplano due abiti d’artista: uno ispirato a Jannis Kounellis di Anna Paparatti, proveniente dal Museo Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona di Rende, e un altro eseguito, in rapporto alla sua stessa istallazione, da Silvia Scaringella.

In data da destinarsi, saranno presentati il catalogo e il video del regista Salvo Agria, destinato all’opera della scultrice.

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares