“Gli immortali per la saggia Penelope comporranno un canto gradito tra gli uomini in terra”.
Scrive Omero nell’Odissea.
“Non figura ancillare rispetto a uno degli eroi identitari dell’èpos omerico, Ulisse, ma in una condizione quasi di supremazia o, comunque, di assoluto controllo dell’universo maschile che la circonda: un eccezione rispetto alla condizione femminile nell’antichità e per le donne di ieri e di oggi un archetipo a cui riferirsi”. Dichiara la direttrice del Parco archeologico del Colosseo Alfonsina Russo.
Arte e splendore legate da un rapporto costante tra passato e presente mediante un percorso espositivo determinato da emozione, passione e amore nei confronti delle donne.
La mostra “Penelope” all’interno delle Uccelliere Farnesiane e il Tempio di Romolo, a cura di Alessandro Sarchi e Claudio Franzoni e organizzata da Electa, è visitabile dal 19 settembre al 12 gennaio 2025.
La rassegna è determinata da quattro nuclei tematici con dipinti, sculture, rilievi e composizioni dell’artista Maria Lai (Sardegna, 1919 – 2013), il cui lavoro si è sempre rivolto verso le materie tessili, ed è realizzata in collaborazione con l’Archivio e la Fondazione Maria Lai.
Presenti molteplici opere riguardanti il mito e la fortuna di Penelope tramite due tradizioni: quella letteraria e quella della rappresentazione visiva.
Penelope è una figura limpida eppure ordinaria, brillante e stilizzata nell’attesa e nella solitudine. Figlia di Icario di Sparta Penelope è in parte circondata dal mistero, secondo alcune versioni da piccola sarebbe stata gettata in acqua dai genitori che volevano liberarsene per poi essere messa in salvo da uno stormo di anatre.
Da qui una possibile spiegazione del nome dal greco Penelope, anatra ed oca selvatica, animale pertanto che è metafora della fedeltà coniugale secondo molte civiltà arcaiche. Non è un caso che, secoli dopo, un pittore vigile come Alberto Savinio ritrae attraverso il viso di un volatile una moglie fedele nell’atto di una metafisica attesa.
Penelope e Odisseo potrebbero essere ricondotti a una coppia di divinità arcaiche, archetipi del viaggio iniziatico e della devozione coniugale. Penelope impersonava anche le radici ideali dell’uomo: la casa, il luogo di ritorno ciclico alle origini e la patria medesima.
Nella società dell’epoca la donna godeva di una enorme rispetto, non era considerata solo per la bellezza ma anche per l’intelligenza e per il suo dinamismo.
Penelope tiene a distanza con l’inganno i pretendenti al trono, riesce a ideare lo stratagemma della tela e nel momento in cui gli ingordi proci muoiono a causa di Ulisse, quest’ultimo prova a farsi riconoscere dall’amata moglie.
Eppure Penelope esita, sembra l’unica a non fidarsi di lui che le si era presentato come un mendicante. Decide perciò di metterlo alla prova chiedendo di portare il telaio fuori dalla stanza nunziale. Ulisse si arrabbia e si offende, le ricorda che il letto non può essere rimosso in quanto tutt’uno con un ulivo che egli aveva lavorato e allora ella capisce.
Il particolare preciso dimostra la verità e la regina di Itaca piange tra le braccia del consorte, la lunga attesa è alla fine terminata.
In epoca romana, la figlia di Icario divenne un modello da imitare. Nelle Fabulae, I secolo d.C., Igino definisce Penelope una delle donne più fedeli, accanto ad altre figure virtuose quali Alcesti e Lucrezia. Nelle coevi Heroides, Ovidio scrive sulla donna che è afflitta per la mancanza dell’amato coniuge. La scaltra Penelope è ormai solo la devota Penelope e così sarà per secoli.
Il movimento religioso iconoclasta del XX secolo portò a ridimensionare la indistruttibile e per alcuni versi maschilistica concezione della sposa di Odisseo: il velo le verrà tolto, lo sguardo inquisito, le intenzioni e i desideri analizzati. Ad esempio, Joyce nell’Ulysses, 1922, trasforma la pudica Penelope in una sensuale e fedigrafa Molly Bloom.
Nel testo The Penelopiad (II canto di Penelope, 2005), la scrittrice canadese Margaret Atwood dona la parola alla regina ormai defunta e la totale libertà riguardo gli avvenimenti dell’Odissea. La Penelope che si impone maestosa nelle pagine di Atwood è ironica, schietta e determinata. Molto intelligente, sa di dover celare tale virtù per sopravvivere in un mondo spietato di uomini.
La mostra è caratterizzata da quattro sezioni dedicate a contesi iconici i quali, ispirati alle vicende omeriche e alle posteriori tradizioni letterarie, in parte citate, contribuiscono a definire l’immagine di Penelope nell’arte e ad attestare la sua fortuna imperitura: il telaio e la tela; il gesto e la postura; il mondo del sogno e del talamo; il velo e il pudore.
Il telaio e la tela è il primo tema della esposizione.
Se le vicissitudini dell’Odissea si susseguono intorno al noto sudario di Laerte, nella cultura greca l’azione del filare rimanda a un contesto prettamente femminile.
Ambito in cui la regina è evidenziata come modello di donna che, nell’intimità dell’oikos, la casa, ordisce in silenzio la trama perché una vota tornato, il marito possa celermente ristabilire l’ordine. Infatti Penelope e Ulisse potrebbero essere ricondotti a una coppia di divinità arcaiche, archetipi del viaggio iniziatico della devozione coniugale.
Tra i pezzi presenti vi è lo skyphos del Museo Nazionale Etrusco di Chiusi, il vaso a figure rosse con un’iconografia di Penelope che in età classica doveva essere ben stabilizzata. Penelope è ritratta seduta, con il volto appoggiato ad una mano, il telaio alle spalle e con Telemaco di fronte.
Il telaio della calcoteca di Monaco è una moderna ricostruzione dello strumento di lavoro antico e della tela riprodotta nel vaso di Chiusi decorata da grifoni alati.
La regina al contrario di Odisseo spesso insonne, dorme e sogna tantissimo, è infatti rappresentata dormiente nell’azione di svegliarsi soprattutto in epoca moderna. Il sonno accompagna spesso la sua presenza nel poema e permette di entrare in relazione con le parti più profonde e vere di sé, con la voglia di riabbracciare il marito e di liberarsi dall’assedio dei proci. Per gli antichi il sonno era anche una espressione diretta del divino.
Nel canto XIX del poema omerico le viene infatti attribuita la distinzione fra sogni veri, usciti dalla porta di corno e sogni falsi, usciti dalla porta di avorio, che avrà un grandissimo seguito fino all’analisi di Freud.
Sul celebre talamo, inamovibile dalla stanza, si attua una delle scene più contemporanee dell’Odissea, il rientro di Ulisse a Itaca, come è riprodotto dalle incisioni seicentesche di Theodoor van Thulden, derivati dagli affreschi perduti di Primaticcio nella Galleria d’Ulisse a Fontainebleau.
La figura di Penelope è altresì determinata dall’aidos, che in greco vuol dire pudore, modestia, vergogna e sotto il profilo iconografico si esprime nel velo ed è manifestato dall’acquaforte settecentesca incisa da Tommaso Piroli dai disegni di Jhon Flaxman.
Ancora menzioniamo le opere dell’artista sarda Maria Lai: i telai, le tele cucite e i libri cuciti.
“Avevo giocato sui diversi modi di usare la tela da pittrice caricandola di tensioni e di fili. Suggerivo paesaggi con i titoli: Telaio del mattino, Telaio del meriggio, Telaio della terra, Telaio in sole e mare”.
Maria Lai “moderna tessitrice di speranza”, in tale modo denominata, riprende e aggiorna la tradizione sarda eseguendo reali capolavori esposti nei più rilevanti musei internazionali.
Il catalogo della rassegna, pubblicato da Electa, raccoglie contributi di esperti del settore e verte sulla figura di Penelope all’interno della cultura occidentale, fino ad arrivare al cinema. Electa ha pubblicato anche Le ragioni dell’arte, 2002, dialoghi fra Giuseppina Cuccu e Maria Lai, evidenziando la creatività femminile.
Il volume con Esistere come donna, racconto a più voci realizzato anche da Fondamenta, giovane fondazione che ha ideato e costituito il programma di incontri riguardanti i temi della mostra sono attualmente presentati nella Curia Iulia, fino al 14 dicembre.
“L’esposizione dedicata a Penelope, in conclusione, intende proporre un emozionante viaggio nel tempo al cospetto di una delle figure più rappresentative del mito antico, con la sua umanità imperitura, con le sue contraddizioni tra sentimenti, dubbi, paure e speranze; una figura in grado di dialogare ancora con il nostro attuale sentire”. Alfonsina Russo