Dopo 50 anni ha riaperto il 20 settembre la Domus Tiberiana, la splendida residenza imperiale rimasta chiusa al pubblico per rilevanti lavori di restauro e consolidamento dell’edificio, ora conclusi.
L’imponente residenza si estende per circa 4 ettari sul colle Palatino nel Parco archeologico del Colosseo, e si affaccia sulla Valle del Foro Romano con robuste arcate su più livelli.
L’apertura della domus permette di ripristinare la circolarità dei percorsi tra il Foro Romano e il Palatino, mediante la suggestiva rampa di Domiziano e gli horti farnesiani.
Durante la presentazione alla stampa, il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha così affermato: “Questo Parco archeologico, che ha già fatto passi da gigante negli ultimi anni, si arricchisce di una nuova entità, che è stata inibita a generazioni di visitatori. Dobbiamo tutti essere orgogliosi di questo monumento, all’interno del Parco archeologico del Colosseo che sta registrando numeri eccezionali, oltre ad essere un punto importante della nostra geografia identitaria. Noi ci investiremo sempre più risorse, anche inserendo nuove tecnologie per accrescere la qualità dei servizi che vengono forniti ai visitatori e utilizzando al massimo la multimedialità per renderlo sempre più appetibile e fruibile”.
Lo spettatore che accede nel palazzo, attraversando la strada coperta conosciuta quale Clivio della Vittoria, avrà in questo modo il sentore dell’antico cammino percorso dall’imperatore e dalla corte per arrivare alla maestosa residenza privata, che dal colle Palatino ha generato il moderno significato della parola “palazzo”.
L’allestimento museale, denominato Imago imperii, curato dalla direttrice del Parco archeologico del Colosseo Alfonsina Russo, Maria Grazia Filetici, Martina Almonte e Fulvio Coletti, si sviluppa in 13 spazi durante il percorso, con lo scopo di descrivere la storia del monumento attraverso i secoli.
Le sale espositive presentano eccelse architetture da poco restaurate, i servizi che comprendevano le terme imperiali e le infrastrutture connesse, oltre alle superfici decorate a stucco che decoravano il così chiamato ponte di Caligola. Sullo sfondo pitture rappresentano scene di vita di corte.
L’allestimento museale mostra una immagine tematica degli ambienti dell’età di Adriano, rivolti ad ospitare servizi, botteghe e, presumibilmente, anche attività amministrative.
La vita quotidiana della reggia è comprovata da una ampia selezione di reperti, essi forniscono importanti informazioni sui beni e sui consumi di quel periodo, sulle transazioni economiche mediante le molteplici monete rinvenute, e sugli arredi degli spazi propri della corte.
Le monete sono datate tra gli inizi del IV secolo e la I metà del V secolo d.C., e sono determinate dalle effigi degli imperatori Costantino I, Crispo e Dalmazio Cesari, Costantino II, Costante e Costanzo II, Valentiniano I, Valente e Graziano, Teodosio e Arcadio.
Le informazioni sono ricavate dalla statuaria ed i culti misterici del palazzo, da Dioniso a Mithra e agli egizi Iside e Serapide.
Anfore, lucerne, vasellame, decorazioni fittili e reperti metallici e vitrei raccontano la vita non soltanto della domus ma anche delle cose che erano nel Velabro, luogo pianeggiante tra le pendici nord-est del Palatino e il Campidoglio.
La ricomposizione dei profili disegnati sulle pareti di fondo in cui vi sono i frammenti, un fil di ferro bianco su sfondo color nero ci fa capire le brecce scanalate, le paraste dei capitelli, le trabeazioni nella loro collocazione nello spazio.
Una piramide orografica in uno degli ambienti di visita, crea la conformazione dell’iniziale aspetto del palazzo di epoca neroniana.
La Domus di Tiberio è illuminata dalla sera del 21 settembre in virtù di un progetto di light architecture prodotto da Areti, la società del Gruppo Acea che esercita nell’ambito della distribuzione elettrica della Capitale. Per la prima volta, nella valorizzazione di un sito archeologico di elevatissimo pregio storico e culturale, sarà impiegata la tecnologia della luce dinamica (tunable white) che, grazie alle variazioni di colore e intensità, esegue per il pubblico uno scenario unico, esclusivo e nuovo in cui la luce diviene il mezzo di esposizione di un luogo e della sua storia.
Malgrado il nome Domus Tiberiana si riferisca all’imperatore Tiberio, che governò dopo la morte di Augusto, gli scavi archeologici hanno provato che le fondamenta furono invece realizzate da Nerone, in un tempo seguente all’incendio del 64 d.C., parallelamente all’edificazione della Domus Aurea.
Tale collegamento con le residenze aristocratiche più antiche, è stato approfonditamente ampliato dalle posteriori modifiche condotte dagli imperatori Domiziano ed Adriano.
Da Tiberio in poi le regge, al contrario di quella molto sobria e contenuta di Augusto, diventeranno grandissime e molto preziose.
Infatti la Domus Tiberiana che doveva avere un accrescimento planimetrico di 150 metri di lunghezza e 120 metri di larghezza, per un’altezza di oltre 20 metri, fu la sede privilegiata degli imperatori Antonini con una biblioteca e un archivio imperiale, che andarono a fuoco lungo il regno dell’imperatore Commodo, 176-192 d.C..
Era una meraviglia di giardini con statue, ninfei e fontane all’esterno, con terrazze, balconate contenute da grate scolpite nel marmo, da scalinate, da viali alberati, da aiuole, e all’interno vi erano affreschi e pavimenti musivi, portali pregiati, colonne e decorazioni.
Si crede che sia stato il primo palazzo imperiale costruito sul colle Palatino e quasi certamente fu edificato nella zona in cui era presente in passato l’abitazione natale di Tiberio, inglobando dimore attigue del periodo tardo-repubblicano.
La Domus Tiberiana fu ingrandita da Caligola che la orientò verso il Foro Romano, ultimata poi, come già citato, dall’imperatore Nerone e dopo restaurata da Domiziano.
In questo ripristino venne attuato l’ingresso monumentale sul Foro, in cui vi era la sede della guardia pretoriana fondata da Augusto e mantenuta da Tiberio; sede che fu demolita quando venne innalzata sopra la chiesa di Santa Maria Antiqua.
Durante il VII secolo d.C., la domus era ancora così spettacolare che fu scelta quale dimora del pontefice Giovanni VII, che purtroppo da una parte la restaurò e dall’altra la alterò. Niente c’è di tale rifacimento, infatti dal X secolo, il palazzo fu abbandonato ed i materiali vennero sottratti per erigere chiese e palazzi patrizi.
Ma neanche il Rinascimento fece apprezzare all’alto clero e patriziato romano l’incanto di Roma antica, nonostante gli insigni artisti come Raffaello e Michelangelo cercassero di salvaguardare gli antichi reperti.
Durante il XVI secolo infatti, tutto ciò che ancora vi era della Domus Tiberiana fu inevitabilmente sotterrato per l’esecuzione sulla cima del Palatino degli Horti Farnesiani, voluti da Alessandro Farnese, il cardinale nipote di papa Paolo III. Il potente principe si fece dare dallo zio la proprietà della zona, fece ricoprire di terra e detriti la domus e commissionò al Vignola la creazione di un cortile.
Così ebbero origine i celebri Horti Palatini Farnesiorum. Il famoso architetto attuò appunto il cortile disponendolo su tre terrazze, compiendo tre agevoli viali su cui passeggiare, legati fra loro mediante una struttura architettonica di salite e gradinate.
In realtà il Vignola, forse intenzionalmente, tanto copiò dagli Horti romani che spesso utilizzavano giardini a terrazzi per la bella visuale e il gioco di scalinate, ringhiere marmoree, statue e fontane, facendone un percorso incantevole.
Il declino degli Horti Farnesiani si ebbe con il casato dei Borbone, gli ultimi proprietari che trasferirono a Napoli la maggioranza delle statue, delle decorazioni e dei marmi che determinavano il giardino, per il loro coinvolgimento storico ed artistico per l’arte e le opere classiche, distruggendo invece ogni edificazione rinascimentale.
Il processo che ha portato alla riapertura della Domus Tiberiana è stato lungo e difficoltoso: gravi problemi statici per le variazioni dell’acqua nel terreno hanno creato in passato l’ineluttabile scivolamento del complesso verso valle, alto complessivamente più di 35 metri.
Negli anni Settanta si decise quindi di proibire l’entrata ai visitatori per ragioni di sicurezza, il peggioramento della sua condizione avviò un restauro articolato però indispensabile, che si realizzò nel 2006 con la direzione di Maria Grazia Filetici.
In questo periodo si è lavorato sul recupero e sul consolidamento delle coperture voltate, con materiali inerenti alle strutture antiche, centine in legno, soluzioni antisismiche: un cantiere grandioso e ultra moderno che adesso riconsegna una struttura sicura.
“Questo è un altro passo importante verso la piena fruizione dell’area archeologica centrale di Roma, la più grande al mondo in un contesto urbano straordinario. Grazie all’incessante operosità del Parco archeologico del Colosseo e alle ingenti risorse che continuano a essere investite nella valorizzazione del sito, da oggi cittadini e visitatori provenienti da tutto il mondo potranno godere di un ambiente che riapre al pubblico dopo quasi mezzo secolo dalla sua chiusura”, ha dichiarato Alfonsina Russo.
Per la riapertura è stato pubblicato un volume, curato da Electa, che mostra una guida minuziosa della storia della domus, descrivendo anche i restauri e i ritrovamenti degli ultimi decenni all’interno dell’area del palazzo imperiale.
Accedendo nella Domus Tiberiana, possiamo ora contemplare la bellezza e la ricchezza degli spazi, ricollegando la residenza al suo contesto e al percorso che attraversa la millenaria stratificazione del parco archeologico.