LA STORIA ARCANA E MILLENARIA DELLA CHIESA DI SANTA FRANCESCA ROMANA

La configurazione attuale dell’area compresa tra piazza Venezia e il Colosseo è il frutto di molteplici trasformazioni urbanistiche, ma la stratificazione storica di questa area della città ci offre l’opportunità di viaggiare nel tempo. Dalle rovine dei monumenti repubblicani e imperiali dell’antica Roma fino alle remote immagini della Roma cristiana, rinascimentale e barocca. Accanto alle vestigia dei templi si ergono i campanili romanici, tra le quinte arboree, le diverse ore del giorno mostrano fregi classici e scritte dedicatorie, composite facciate inflesse, alte mura di conci tufacei e su tutto si elevano cupole costolonate e ariose lanterne. Si può così dall’alto del Palatino o del Campidoglio, ritrovare un’unitarietà, perduta irrevocabilmente nell’evidente tessuto urbano, ma evocata dallo sguardo della memoria.

Santa Francesca Romana, anche conosciuta come Santa Maria Nova, è una chiesa ubicata tra il Foro Romano e il Tempio di Venere, fondata nel IX secolo e intitolata dal XV secolo all’omonima santa. Un radicale restauro della chiesa si ebbe intorno alla metà del XII secolo con lavori riguardanti soprattutto l’area absidale, che venne impreziosita di mosaici oltre alla realizzazione della torre campanaria e del chiostro; promotore dei lavori fu Papa Alessandro III che nel 1161 consacrò nuovamente la chiesa.

Fin dagli inizi del XV secolo Santa Maria Nova divenne il punto di riferimento dell’esperienza religiosa di Francesca Bussa de’ Ponziani, conosciuta come Santa Francesca Romana. La santa nacque e visse, dal 1384 al 1440, in una Roma sconvolta da lotte fratricide, da carestie e da epidemie: tanto straordinaria fu la sua opera e tutta la sua vita che il popolo le conferì, come riconoscimento, l’appellativo di “Romana” e continuò ad invocarla nei secoli quale “Advocata Urbis”, Protettrice di Roma. La sua carità non si ridusse ai bisogni materiali dei più poveri, per i quali trasformò la sua casa in ospedale, ma si espanse a tutti i bisogni morali dei suoi concittadini, placando le contese, pacificando i nemici, incoraggiando i sofferenti. Essa subì con pazienza le disgrazie familiari e le ferite del marito, Lorenzo de’ Ponziani. Lei emanava un fascino che infondeva le sue sante aspirazioni a coloro che l’avvicinavano. Il 25 marzo 1433 fondò la Congregazione delle Oblate di Roma a Tor de’ Specchi e alla sua morte, avvenuta il 9 marzo 1440, fu sepolta nella cripta stessa.

Nel 600 il grande interesse per il ritrovamento dei corpi o reliquie dei Santi o comunque per i luoghi di memorie di martiri, divenne momento di festose commemorazioni e di interventi architettonici che determinarono notevoli mutamenti spaziali e decorativi all’antica chiesa del foro. Urbano VIII legittimò le ricerche dei resti di Santa Francesca Romana sotto l’altare maggiore della chiesa e donò la somma per “uno stabile ed onorato deposito al Corpo della Santa”. La totale trasformazione di Santa Maria Nova risale infatti al I decennio del XVII secolo quando gli Olivetani dettero l’incarico a Carlo Lombardi del progetto della nuova facciata e per la ristrutturazione dell’interno, in questa circostanza la chiesa venne intitolata anche a Santa Francesca Romana. Per questo motivo la chiesa perse il suo caratteristico aspetto medievale per assumere i lineamenti dello stile barocco. Il prospetto è realizzato in travertino bianco e si alza nella parte centrale a timpano coronato da statue, con un ordine di due coppie di lesene. E’ presente in alto un balcone ed è collegato al portico che si estende in basso. L’alto campanile in laterizio, uno dei più armoniosi per proporzioni del romanico locale, a sezione quadrata è diviso in cinque ordini da cornici marcapiano in travertino con bacini di maiolica e croci di porfido. Da una scala a doppia rampa, attraverso il portico si accede all’interno della chiesa a navata unica, con quattro cappelle per lato, divise da coppie di lesene con capitelli compositi in stucco. Il pavimento è stato sostituito nel 1952, ma mantiene frammenti di opera cosmatesca nell’area corrispondente all’antica schola cantorum e nel transetto. Il soffitto disegnato dal Lombardi è realizzato nel 1612, è a cassettoni dorati con ricca decorazione dipinta, di elevato valore qualitativo. Nell’abside sono conservati i mosaici del XII secolo raffiguranti la Madonna col Bambino e Santi. Il Miracolo di San Benedetto, dipinto settecentesco di Pierre Subleyras è nella sacrestia e nella volta della prima cappella a destra, con i Dottori della Chiesa attribuito al celebre Melozzo da Forlì, “pictor papalis”. Nella sacrestia sono presenti anche la Trinità con il beato Bernardo Tolomei e angeli, dipinto da Giacinto Brandi tra il 1665 e il 1670, l’antica splendida immagine sacra della Madonna Odigitria “che indica la via” del V secolo e la Madonna di Glycophilusa, detta anche la Madonna del conforto, del V secolo, la più antica icona mariana della Città Eterna proveniente da Santa Maria Antiqua, ritrovata sotto quella dell’altare maggiore nel restauro del 1949. Nella chiesa si trovano il gruppo scultoreo della “Confessione”, disegnato da Gian Lorenzo Bernini, posizionato in fondo alla navata e la Natività dipinta da Carlo Maratta, nella prima cappella a sinistra. Ancora Gian Lorenzo Bernini progettò, presumibilmente nell’autunno del 1638, “una cappella mayor” per volere dei monaci della chiesa, a causa del ritrovamento del corpo di Santa Francesca Romana. Nel tempietto, il gruppo marmoreo di Santa Francesca Romana e l’angelo di Giosuè Meli, sostituì l’originale in bronzo eseguito da Giovanni Maria Fracchi negli anni 1644 – 1649, su progetto berniniano e su committenza dell’oblata Agata Pamphili, disperso durante l’invasione napoleonica nel 1798. Nella parte sud della chiesa è murata la lastra di marmo recante le impronte delle ginocchia dei due apostoli Pietro e Paolo.

Gli atti apocrifi di Pietro raccontano che Simon Mago sfidò gli apostoli Pietro e Paolo esibendo i propri poteri soprannaturali volando al cielo dall’altura della Velia alla presenza dell’imperatore Nerone, ma le preghiere di Pietro annullarono la sua magia e Simon Mago precipitò, uccidendosi. Sulla pietra sarebbero rimaste le impronte delle ginocchia dell’Apostolo in preghiera: i silices apostolici. Simon mago è un personaggio vissuto realmente e ritenuto il primo eretico della storia della chiesa.

L’antica chiesa di Santa Francesca Romana suggestiva da visitare, ripercorre le vestigia universali della storia della città, trasmettendo al visitatore l’atmosfera culturale ed artistica di una realtà urbana millenaria.

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares