Fu la necessità di fare giustizia, svegliare le menti dei suoi concittadini e impedire che eventi come quello raccontato nel libro potessero ripetersi a spingere Alessandro Manzoni a scrivere la “Storia della Colonna Infame”.
Una storia di inaudita violenza sociale prima ancora che personale. Semplice nella sua indegna evoluzione. Costruita sulla paura della malattia e sulla delazione. E se poi nulla fosse vero cosa importa? Ogni persona pensa al suo piccolo orto non riuscendo a capire che se accetta che venga distrutto l’orto degli altri, prima o poi anche il proprio farà la stessa fine
In breve: durante la terribile peste del 1630 a Milano si tiene un processo contro due presunti untori colpevoli, a detta di testimoni, di spargere la malattia nella citta provocando il contagio. Il processo ovviamente si conclude con la condanna a morte dei due poveri malcapitati e la distruzione della casa di uno di questi per innalzare sulle macerie la Colonna Infame a monito per chiunque altro avesse un simile comportamento.
Punto fondamentale della narrazione del Manzoni è la condanna delle superstizioni: condanna morale per i giudici che hanno emesso sentenza contro due innocenti trascinati dalle cosiddette “voci di popolo” e condanna per gli uomini di cultura del tempo, anch’essi preda di superstizioni e paure ben lontani dalla logica, dalla scienza e dal buon senso.
Sono passati quasi quattrocento anni dalla peste di Milano e oggi ci troviamo di fronte al rischio di ripetere gli stessi errori.
Siamo in un complicato periodo di pandemia, il virus apparso due anni fa ha creato grandi timori e paure. Settimana dopo settimana ci siamo visti confinati in casa, abbiamo dimenticato il piacere di un abbraccio e la bellezza di un sorriso.
L’odore pungente dell’amuchina è diventato familiare mentre hanno perso familiarità i visi coperti da mascherine. Ma abbiamo accettato tutto perché l’obiettivo era quello di superare insieme, compatti e solidali, un momento difficile per l’intera umanità.
Poi, finalmente, la scienza ci ha dato i vaccini per combattere il virus e noi, al contrario dei nostri antenati di allora, ci siamo ritenuti fortunati. Ma ciò, invece di unirci, ha iniziato a creare solchi profondi all’interno della società.
La pandemia non accenna a finire. I bollettini quotidiani dei media, “la voce di popolo di oggi”, danno numeri di contagi e numero di decessi sempre molto alti.
Si ricorre a misure ancora più drastiche. Bisogna che tutti i cittadini si facciano il vaccino, che siano piccoli, grandi, malati, sani o spaventati. Nessuna deroga. Nessuna elasticità. Nessuna comprensione. Tamponi e Green pass diventano i lasciapassare per tornare ad avere una vita quasi normale.
Ma il virus cambia, si modifica, si presenta di nuovo ancora più contagioso seppure meno letale.
Ma come è possibile? La colpa sarà pure di qualcuno. Che parta allora la caccia all’untore. E chi mai potrà essere se non chi ha rifiutato di fare il vaccino? Il famigerato NO VAX
L’untore del XXI sec. che va severamente punito. Per lui la Colonna Infame sarà decretare la sua morte civile. Sarà estromesso da qualsiasi attività sociale, non potrà più prendere un caffè al bar, non potrà neppure prendere l’autobus e rischierà il lavoro e lo stipendio.
Vi ricordate quando ad inizio pandemia, in pieno lock down, tutti in coro si cantava dai balconi e ci si stringeva in un abbraccio virtuale che rassicurava tutti, facendo sentire ogni persona parte di un qualcosa di più grande in cui si condivideva la paura e la speranza?
La caccia all’untore NO VAX ha annullato comprensione e solidarietà. Ognuno si è chiuso dentro le proprie paure pronto a calpestare la vita altrui pur di mantenere quei piccoli privilegi quotidiani che prima erano normale routine.
Da più parti si sente dire che i NO VAX sono una minoranza irrisoria e che devono essere assolutamente convinti, con le buone o con le cattive, a fare il vaccino come tutti.
Poco conta se siano convinzioni profonde o paura, poco importa la motivazione di ogni singolo individuo. Si commentano i dati della pandemia, si sciorinano numeri di contagiati e di decessi come grani di un rosario solo per affermare che il proprio diritto ha più valore del diritto altrui, e che i contrari al pensiero comune vanno sottomessi e privati dei loro diritti, dimenticando le basi del vivere civile, della libertà individuale, dei progressi che la società ha fatto.
Se non fare il vaccino dovesse pur essere la necessità di un unico individuo, non andrebbe comunque ignorato, pensando esclusivamente al pur giusto dolore dei molti che in questa pandemia hanno pagato un prezzo carissimo.
Perché la caccia all’untore non può essere un progresso sociale. E soprattutto non ci salverà dal virus ma ne farà addirittura circolare uno ancora più pericoloso: l’odio sociale.
Questa brutta pandemia finirà ma per ricostruire una società solidale ci vorrà tantissimo tempo di più.
Rileggiamo la Storia della Colonna Infame e riflettiamo sui nostri tempi.