Mi piace immaginare Gennaio come uno dei mesi più belli dell’anno. Gennaio è il mese dei buoni propositi, dei grandi obiettivi, di agende che si colorano di inchiostro, il mese dove i progetti finalmente iniziano a prendere forma, l’energia ti esplode dentro e ti sembra che tutto è possibile.
E’ il mese dei monti che iniziano a ricoprirsi di soffice neve bianca, del camino acceso e scoppiettante, della cioccolata calda che oltre a sviluppare serotonina scalda il cuore in compagnia di amici e delle persone che ami.
Purtroppo, per molti, è anche il mese dei piccoli cambiamenti, di scelte importanti, che possono scombussolare la tua vita, la tua famiglia, il tuo lavoro. Per molti è il mese del freddo, del buio di giornate corte, della fatica di un nuovo inizio. La malinconia invernale che viene chiamata in gergo comune winter blues proprio in questo mese può trovare la sua massima espressione e a ricordarcelo è il terzo lunedì del mese di Gennaio noto come Blue Monday, letteralmente il “lunedì triste” ormai considerato da diversi anni il giorno più triste dell’anno che in questi ultimi anni, causa Covid-19, si fa sentire più che mai. Un giorno, la cui origine ha suscitato in me, e credo in tutti gli essere umani della terra, curiosità.
Dal “día de bajón” a “montags-auto”, Babbel ha raccolto alcune curiosità ed espressioni tipiche del Blue monday che indicano la malavoglia del lunedì.
Chi si è inventato il Blue Monday? Sarebbe scaturito da un’equazione di uno psicologo inglese, Cliff Arnall, che avrebbe messo insieme: meteo, giornata invernale, addio vacanze più sensazione apatica del dopo feste e depressioni varie.
La distruzione della sua equazione è comparsa nel 2013 sul The Guardian con una spiegazione che puntava a capovolgere l’idea dello scienziato. Fino a quel momento la versione di Arnall era stata considerata realistica in tutto il mondo: La sua equazione del Blue Monday è comparsa, precisamente, per la prima volta nel 2005 con uno studio firmato proprio da lui. In questo studio si diceva che il terzo lunedì di gennaio è il giorno perfetto per individuare quello con il più alto grado di depressione, soprattutto negli adulti. Il problema di questo lunedì è che si trova a netta distanza dal “giorno di ultima paga” che a pensarci bene è un dato variabile, che cambia non solo da paese a paese ma persino a seconda dell’azienda, dai giorni di festa sempre più lontani, dal numero di notti passate in casa nel mese e il numero di ore diurne medie. Incrociando questi dati, Arnall era arrivato a definire il terzo lunedì di gennaio come il giorno più triste dell’anno.
Vi starete chiedendo: ma si tratta di un’equazione che ha basi scientifiche?Assolutamente no: Nonostante la news lanciata da Arnell, e poi persino smentita dallo stesso autore, sul suo profilo Twitter dove campeggiano parecchi posti con l’hashtag #stopbluemonday, il Blue Monday non ha basi scientifiche, non è frutto di un’equazione e la tristezza di gennaio è legata più a fattori ambientali e soggettivi che non a un intricato risultato frutto di calcoli.
L’origine risale a un’idea della compagnia di viaggi Sky Travel, che nel 2005 lanciò una campagna per “convincere” i propri clienti che quella malinconia che arriva spesso dopo le feste di Natale, abbia in realtà un fondamento scientifico e che per combatterla la scelta migliore sarebbe stata prenotare una bella vacanza.
Cliff Arnall in realtà antro non è stato che un sostenitore della teoria del Blue Monday per fini di lucro, identificato come affiliato alla Cardiff University e sostenitore del progetto di marketing di SKY, uscito nel 2005.
Esistono però delle derive psicologiche, a cui possono essere soggetti anche i bambini piccoli, che proprio con il cambio di stagione subiscono un’impennata. Il caso del winter blues è emblematico, così come la tristezza della fine dell’estate e del back to school.
Come si legge nella ricerca “Seasonal Affective Disorder: An Overview” pubblicata sul The Journal of Biological and Medical Rhythm Research, questa forma di disturbo affettivo stagionale ha legami con la depressione, che si acuisce proprio alla fine dell’estate e tocca il picco dopo il Natale. In questo caso le basi scientifiche sono studiate approfonditamente da decenni e non hanno nulla a che fare con la leggenda del Blue Monday, che è invece una trovata di marketing per dare una spiegazione più basica e popolare alle domande che ci poniamo su sbalzi di umore e piccoli momenti di tristezza del periodo invernale.
A pensarci bene ci sono anche altre ragioni che spingerebbero le persone ad essere più tristi a Gennaio: come la fine delle festività natalizie e il conseguente ritorno al lavoro, il sentire di avere una forma fisica non impeccabile e una lista di buoni propositi ancora da mettere in pratica. Se a questo si aggiungono il rigido clima invernale e le giornate più corte, si può capire rapidamente come mai la campagna di marketing abbia avuto successo.
Molti si chiedono perché proprio il colore blu. Niente di più semplice: perché l’utilizzo del colore blu indica tristezza. Risale al XIV secolo, quando lo scrittore inglese Geoffrey Chaucer inserì all’interno del poema The Complaint of Mars il verso “with tears of blue and a wounded heart”, ovvero “con lacrime blu e un cuore tormentato”. Non è noto se quella di Sky Travel sia stata una scelta consapevole, ma anche nel film del 2015 “Inside Out” il colore blu viene utilizzato per caratterizzare il personaggio che rappresenta la tristezza, consolidandone il ruolo nell’immaginario collettivo. Anche le lingue hanno assimilato tale convenzione: Ad esempio, in inglese si dice “feeling blue”, ovvero “sentirsi blu”, mentre in francese l’espressione equivalente è “avoir le blues”, letteralmente “avere i blu”.
Nel mondo sono molte le espressioni usate per descrivere lo sconforto che si prova durante questo giorno della settimana. In Turchia esiste la “pazartesi sendromu”, ovvero la “sindrome del lunedì”. La stessa colpisce i lavoratori francesi i quali sono soliti rispondere “Comme un lundi” quando gli viene chiesto come si sentono al rientro dal fine settimana. Analogamente, nei paesi anglosassoni per descrivere il cattivo umore di chi si presenta in ufficio con la luna storta si dice “have a case of the Mondays”, ovvero “avere un problema con il lunedì”. C’è chi inizia a sentirne gli effetti fin dal weekend: Dalla fusione di Sunday (domenica) e Monday, in rete è nato Smonday, termine con cui si indica quella malinconia domenicale dovuta all’avvicinarsi della nuova settimana.
In realtà non è come sembra. Curiosando online ho scoperto che ci sono due paesi in cui il termine Blue Monday ha un significato completamente diverso. In Olanda “blauwe maandag” significa “per un breve periodo di tempo” e viene utilizzata per indicare un impegno a cui non si è dato continuità. Anche in Germania “der Blauer Montag” , al contrario, fin dal XIII secolo viene usata per indicare i lunedì in cui non si lavora. Una teoria racconta che l’espressione derivi dalla frase “blau zu sein”, che significa “essere ubriachi”, a sottintendere un assenteismo dovuto alla sbornia.
E poi udite udite, scopro che esiste anche il fratello buono del Blue Monday. Cliff Arnall, lo stesso psicologo che ideò la formula del Blue Monday, pensò bene di individuare il giorno più felice dell’anno: L’Happiest Day of the Year cade sempre nel solstizio d’estate, tra il 21 e il 24 giugno. La formula include sei parametri: il trascorrere del tempo all’aria aperta (O), la natura (N), l’interazione sociale (S), i ricordi d’infanzia delle vacanze estive (Cpm), la temperatura (T) e il desiderio di andare in vacanza (He), arrivando a questo risultato: O+(NxS)+Cpm/T+He.
Quindi, se volevate una scusa per buttarvi sul cioccolato, ora l’avete. A parte questo espediente, gli esperti inglesi consigliano in questa giornata blu di coccolarci, mangiare cose buone, passeggiare, ascoltare musica, ridere, stare in compagnia e non farci prendere da paranoia/sensi di colpa/tristezza.
Tra equazioni assurde e teorie strane a me piace pensare che ogni giorno può essere il giorno più felice dell’anno: la chiave è volerlo, pensarlo e crederci nonostante tutto.