L’ARTE E LA STORIA MILLENARIA DEL TEATRO DI MARCELLO

Vi è a Roma un monumento eccelso per valore artistico, rarissimo per bontà della conservazione, singolare, per non dire unico, dal punto di vista culturale.

Il Teatro di Marcello è un importante documento del periodo di passaggio verso il classicismo della tarda età augustea, caratterizzato da una indubbia sontuosità nell’ornamento. L’essenzialità nella configurazione della facciata ne fece un esempio per ogni teatro e anfiteatro romano futuro. Fu Giulio Cesare a volerlo, per ottenere notorietà e rilevanza agli occhi del popolo, erigendo un teatro più grandioso del già esistente teatro di Gneo Pompeo, suo rivale politico. Gli spettacoli “panem et circensem” ovvero divertimenti ed intrattenimenti erano offerti alla popolazione dai politici e dai potenti, così da avere favore elettorale e l’approvazione della plebe. La struttura venne edificata al limite meridionale della IX regione augustea, Campo Marzio, nell’area che la tradizione aveva dedicato alle rappresentazioni sceniche, dove dal 179 a. c. si trovava il “Theatrum et proscenium ad Apollinis”, collegato al Tempio di Apollo. Per la sua costruzione Iulius fece espropriare una vasta area, demolendo anche alcuni edifici sacri tra cui il Tempio della Dea Pietas, per cui venne molto criticato. Alla morte prematura di Cesare, erano state realizzate solo le fondamenta, i lavori continuarono con Augusto che acquisì con il proprio denaro un’area più grande per un teatro più ampio e fastoso. Probabilmente impiegò la parte curva del Circo Flaminio, facendo trasferire o ricostruire gli edifici sacri limitrofi, come il Tempio di Apollo e il Tempio di Bellona. Quasi certamente terminato già nel 17 a. c. quando venne adoperato per i ludi secolari, nel 23 a. c., il nuovo edificio venne ufficialmente inaugurato con giochi spettacolari e dedicato a Marco Claudio Marcello, il suo defunto nipote (42 – 23 a. c.), figlio di sua sorella Ottavia e di Caio Claudio Marcello, che a soli tredici anni condivise la vittoria della battaglia di Azio (29 a. c.) e poi il trionfo sui Cantabri (27 a. c.). Fu proprio Augusto, senza figli maschi, a decidere di adottare quel ragazzo, a designarlo come suo successore ed a unirlo in matrimonio con sua figlia Giulia, sostenendo la sua nomina ad edile (23 a. c.) e a pontefice, rendendo più veloce così il suo cursus honorum per l’investitura imperiale.

“Heu, miserande puer, si qua fata aspera rumpas, Tu Marcellus eris.” “O, giovane degno di pietà, se solo tu potessi rompere il tuo fato crudele, Tu sarai Marcello” (Virgilio, Eneide)

Nello stesso anno, però Marcello si ammalò inaspettatamente, spirando poi a Baia a causa, secondo alcuni, di una congiura di palazzo tessuta da Livia, la seconda moglie di Augusto, per facilitare la successione di suo figlio Tiberio. Augusto, estremamente afflitto per questa morte prematura, fece seppellire il nipote nel mausoleo eretto per se a Campo Marzio e nel II secolo a. c., ne promosse il culto in tutte le città dell’Impero ergendo molte statue onorarie e gli intitolò il teatro adiacente il Tevere. Il primo restauro della scena del teatro fu realizzato sotto Vespasiano mentre altri ripristini sotto Alessandro Severo. Attraverso il probabile riutilizzo di alcuni blocchi di travertino provenienti dalla facciata del ponte Cestio nel 370, il teatro sembra fosse ancora utilizzato e nel 421 si ebbe un ulteriore restauro delle statue della struttura ad opera di Petronio Massimo, praefectus urbi. Nel periodo Medioevale l’edificio venne progressivamente inglobato da piccole costruzioni vicine e si trasformò in castello fortificato, inizialmente di proprietà dei Faffo o Fabi detti di Pescheria (sec. XII) e poi passato ai Pierleoni (sec. XIV). Nella seconda metà del XIV secolo fu acquistato dai Savelli che fecero elevare nel Rinascimento dall’architetto Baldassare Peruzzi il palazzo tutt’ora presente sopra le arcate della facciata. Nel XVIII secolo passò agli Orsini, fino agli espropri degli anni 30 e ai lavori a cura di Mussolini del 1926 – 1932, con cui vennero rimosse botteghe e abitazioni nelle arcate e lo spazio circostante, riportando alla luce anche i fornici, allora interrati per circa 4 metri. I restauri, effettuati dall’architetto Alberto Calza Bini, consolidarono anche una parte delle arcate interne, con speroni in mattoni e ricrearono gran parte della facciata, riprendendo fedelmente i modelli architettonici antichi.

IL teatro oggi conserva una parte notevole della facciata esterna. Questa tutta in travertino è caratterizzata da due ordini di arcate in peperino tra pilastri e semicolonne, doriche nel piano inferiore e ioniche in quello superiore, sormontate da rispettivi fregi. Del tutto perduto è invece il III piano, che fu sostituito dal prospetto di Palazzo Orsini, contraddistinto all’epoca da 41 arcate per ogni ordine (ordini ispirati all’architettura di epoca sillana), ora ne restano solo 12 e sulla destra moderne in peperino, l’alto attico era verosimilmente scandito da lesene corinzie che doveva portare l’altezza totale dell’edificio a circa 32,60 metri, oggi la parte superstite misura circa 20 metri. Nelle chiavi d’arco dei due piani inferiori vi erano le maschere colossali marmoree teatrali simbolo della tragedia, commedia e dramma satiresco, scolpiti a tutto tondo di grandi dimensioni, in marmo bianco primariamente lunense, ritrovate in frammenti durante gli scavi degli anni 30. Esse raffiguravano in proporzioni molto più grandi dal vero le maschere che gli attori portavano durante le rappresentazioni sceniche, distinte da tratti intensamente accentuati ed espressivi oltre che da una bocca smisurata che è l’aspetto più significativo della fisionomia della maschera antica. I reperti sono ora esposti nelle teche del Teatro Argentina. Il prospetto raffinatamente decorato, conteneva anche nello spazio triangolare del frontone un gruppo scultoreo greco del V secolo a. c. raffigurante un’amazzonomachia. Dietro le arcate del pianterreno correva un ambulacro anulare coperto a volta sul quale si affacciavano, con altre arcate aperte o occupate dalle scale per i piani superiori, gli ambienti radiali alti e stretti che sorreggevano le gradinate della cavea, anch’essi coperti a volta con muri costruiti nella prima parte in blocchi di tufo e poi in opera cementizia con paramento in reticolato. Un alto ambulacro in laterizio era all’interno attorno alla cavea. La scena di limitata profondità, decorata da colonne e statue in marmo bianco e colorato, era fiancheggiata da due aule o parasceni a triplice navata e completata alle spalle da una grande abside eretta contro le probabili inondazioni del Tevere. Trentasei vasi bronzei, agevolavano l’acustica. Il teatro era coperto da un velario. Questo edificio determinerà lo schema del teatro classico romano, in cui la cavea poggia su strutture in muratura e non su un declivio naturale come nel teatro greco, con elementi di forte innovazione nelle tecniche di costruzione. Della parte interna del teatro e cioè della cavea che aveva un diametro di metri 129,80 e una capacità di circa 15000 posti e della scena rifatta appunto da Vespasiano, volta verso l’attuale piazza di Monte Savello, non è rimasto pressoché nulla. Nella sottocavea vi sono i grandi setti radiali in opus quadratum di tufo e per la parte più interna, in opus caementicium con paramento in opus reticolatum; ricordiamo che un funzionale sistema di rampe e ambulacri consentiva il rapido smistamento degli spettatori. Abbandonato nel V secolo e interrato per metà del I ordine, fu impiegato prima come cava di materiale, poi come fortezza e infine come palazzo patrizio, fu uno dei più antichi edifici per spettacoli romani giunti sino a noi e servì per l’edificazione del Colosseo, rappresentando uno dei più particolari esempi di continuità storica dell’abitato.

Nell’area archeologica del Teatro di Marcello nel 2019 è stato creato un recente percorso pedonale per un transito più veloce e sicuro alle migliaia di visitatori e cittadini che da anni visitano il luogo e lo utilizzano come attraversamento tra via Montanara e il Portico di Ottavia. Il passaggio è ora definito da nuovi margini, determinati da paletti dissuasori e catenelle in metallo. L’accessibilità all’area e la nuova delimitazione degli spazi valorizza l’esperienza della visita archeologica e permette di avvicinarsi maggiormente al teatro per ammirare la maestosità dell’architettura romana. L’intervento è stato promosso da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale, Soprintendenza Capitolina ai Beni Culturali.

Dall’epoca romana fino ai nostri giorni, nell’arte e nella storia millenaria della trascorsa cultura di questo grande impero, il Teatro di Marcello è una delle principali attrazioni della città eterna, “pietra preziosa” incastonata nel cuore della Capitale.

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