Il lascito morale di Luis Sepúlveda, gigante della letteratura e dell’umanità

È morto Luis Sepúlveda in un ospedale di Oviedo, nel Nord della Spagna. È stato portato via dalla furia pandemica del coronavirus. Si era ammalato alla fine di febbraio e – come molti altri affetti da Covid19 – non ce l’ha fatta a vincere la guerra contro questo virus temibile e terribile, che ha messo in ginocchio mezzo mondo. Ne aveva vinte di battaglie, Luis Sepúlveda, nei suoi 71 anni di vita. Era sopravvissuto alle carceri e alle torture inflitte agli oppositori politici dalla dittatura di Pinochet, nel Paese che gli aveva dato i natali, ovvero il Cile. Nel 1977 fu liberato per intercessione della comunità internazionale. Portò via con sé tutte le ferite della sua terra, in particolare il sogno infranto di potere costruire, sotto l’egida di Salvador Allende e del suo Governo di Unità Popolare, una società nuova, migliore. Giovanissimo studente di drammaturgia, innamorato di Fò e di Strehler, scoprì la passione politica nel triennio 1970-1973, quando il Cile viveva il primo grande esperimento di socialismo democratico dell’America Latina. Fu accanto al Presidente compagno fino all’ultimo, fino a quel maledetto 11 settembre 1973, quando a Santiago del Cile, di fronte al palazzo della Moneda, giunsero i carri armati del golpe orchestrato dai militari e appoggiato dagli Stati Uniti. L’esilio fu un’esperienza comune a molti altri suoi connazionali e, per alcuni, rappresentò la molla per esprimere, attraverso la letteratura, il dolore della separazione inflitto da una violenza inaudita. Se ne va, Luis Sepúlveda, a distanza di sei anni dalla morte di un altro grande della letteratura latinoamericana come Gabriel Garcia Marquez. Per generazioni, loro hanno rappresentato, assieme a Isabel Allende (nipote di Salvador) e molti altri, i punti di riferimento imprescindibili nella formazione di una coscienza politica democratica e di sinistra. Non vogliamo ricordare le opere ben note di Sepúlveda, ma piuttosto il lascito etico di un autore dalla umanità gigantesca. Trascorse sette mesi nella foresta amazzonica con gli indios Shuar per studiare l’impatto della “civilizzazione” sulle popolazioni autoctone. Negli anni Ottanta, lo ritroviamo a bordo delle navi di Green Peace, impegnato nella lotta contro la pesca illegale e crudele delle balene portata avanti dal Giappone. Nelle opere, nelle interviste, è sempre presente il fremito del giovane impregnato di valori fondamentali come l’uguaglianza e l’antifascismo. In un’intervista rilasciata a “Il Manifesto” del 22 ottobre 2019, ebbe a pronunciare parole molto dure nei confronti del Governo cileno, guidato da Sebastian Pinera, che stava utilizzando la repressione per spegnere le proteste di piazza contro il rincaro dei biglietti della metro: “Il fantasma del pinochettismo continua a essere molto vivo in Cile, e il presidente Sebastian Pinera, che è una persona perfettamente inutile, ne dimostra l’atteggiamento apertamente fascista.” Faceva ragionamenti ampi, Sepúlveda, con uno sguardo rivolto a tutta l’America latina; un continente sempre più lontano dai valori democratici e a rischio di una regressione culturale, oltre che politica, dovuta ad “una fioritura dell’estrema destra, unita a narcotraffico, sette evangeliche e fondamentalismi religiosi.” Parole non meno severe riservava ai partiti di opposizione, poiché riteneva che non fossero in grado di articolare la rabbia dei cittadini in una proposta politica organica, realmente alternativa ad un sistema ingiusto basato sull’arricchimento di pochi a spese di tutti gli altri: “La sinistra cilena è nel suo peggiore momento, non c’è un’alternativa e la rabbia popolare, l’ira delle classi popolari, si manifesta in questa maniera (…) manca un’articolazione politica intelligente, la costruzione di un progetto politico alternativo, le risorse intellettuali per proporre qualcosa di diverso, e questo è un lavoro di anni. Spero verrà fatto.” Non siamo in grado di sapere se qualcosa cambierà nella direzione auspicata dall’autore, ma possiamo omaggiarlo ricordando le ultime parole di Salvador Allende, pronunciate prima del suicidio come atto estremo di ribellione alla brutalità dei militari golpisti: “Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore. Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!”

Foto tratta da huffingtonpost.it

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