Il destino infausto della terra ciociara sono da sempre le sue istituzioni e i suoi cosiddetti uomini politici che si sono alternati sulla scena, rare le eccezioni: non c’è uno di questi personaggi, pur se tutti lautamente mantenuti dai cittadini, al quale la comunità ciociara possa far riferimento per un contributo non dico artistico o culturale a vantaggio della collettività ma almeno sociale o assistenziale o filantropico o per una realizzazione di pubblica utilità: zero totale, gli episodi restano episodi: la regola è esiziale, all’insegna dell’egotismo e della indifferenza. La loro presenza era, ed è, certa e immancabile alle festose cerimonie per la posa in opera della prima pietra di qualche strada o di qualche cattedrale nel deserto o alle cerimonie o tagli di nastro pubblici, a funerali o matrimoni, altrimenti zero!
E quindi è avvenuto che i ciociari che avevano qualcosa da dire o da dare, sono andati via, alcuni e non pochi anche al di là delle Alpi: salvo le solite rare eccezioni, qui sono rimasti appunto gli zeri che hanno ridotto la Ciociaria nello stato che si vede in giro: cementificazione selvaggia e distruzione del paesaggio quindi della ricchezza comune: arte e cultura, i pilastri autentici della civiltà e del progresso, di nuovo: zero.
E uno di questi misfatti, da chi scrive più volte portato alla memoria della comunità, è la scomparsa della cascata del Valcatoio o cascata obliqua, affianco al lato sinistro del castello Viscogliosi, ad Isola del Liri. Non vogliamo riesumare la storia del come e quando e chi della situazione attuale ma quanto è motivo, per ripetere le parole di don Ciotti, di disgusto di fronte a certe realtà è che questo meraviglioso dono della natura lasci in completa indifferenza non dico la istituzione e gli uomini pubblici i cui interessi sono notoriamente ben altri, ma la popolazione, cioè i cosiddetti cittadini: eppure trattasi di bellezza e allo stesso tempo di veritiero patrimonio e richiamo turistico, quindi anche economico: come possono accettare supinamente, sono trascorsi almeno cinquantanni, di venir depauperati di una loro ricchezza naturale fuori del comune quale la loro seconda cascata, a totale e ingiustificato profitto e vantaggio di privati? Deve trattarsi veramente di una cittadinanza alquanto curiosa, quella degli Isolani, visto, per esempio, che alle turbine della loro storica eccezionale tradizione industriale hanno sostituito la trombetta del jazz, che hanno assistito, larve umane, al taglio criminale da parte del Comune di una parte dei tigli secolari di Viale Piscicelli e alla mutilazione degli altri, hanno assistito indifferenti alla cementificazione delle loro colline, non hanno ancora compreso il valore altrettanto fuori del comune dei platani rimasti in piedi alla ex cartiera Lefebure che sono tra i più giganteschi e maestosi d’Italia.
Il fatto che l’Avv.Diego Mancini e, grazie a lui, l’interrogazione parlamentare della deputata Paola Binetti, abbiano recentemente richiamato l’attenzione a tale situazione distorta della cascata del Valcatoio è motivo da ritenere di buon auspicio e speranza. L’amministrazione comunale diverrà finalmente reattiva di fronte a tale infame stato di fatto che dura da mezzo secolo, anche se le tabelle cittadine, furbescamente, parlano sempre di ‘Cascate’ al plurale? E i cittadini si sentiranno coinvolti a partecipare e a sostenere?
A proposito, ci si è resi conto che ormai è più corretto dire: Isola del Fibreno, visto che il glorioso fiume Liri continua sempre più a scomparire a seguito della mancata e perdurante assistenza e protezione lungo il suo corso? E che la ‘Cascata verticale’ famosa continua ancora a offrire il suo impagabile spettacolo grazie principalmente alle acque del Fibreno?
Si ricordi che la miracolosa isola racchiusa tra le braccia del Liri, l’unica città in Europa con due cascate nel suo centro abitato, già a partire dalla fine del 1700, è stata oggetto delle attenzioni degli artisti pittori che ne hanno eternato le immagini: Ducros, Dunouy, Bidauld, l’Abate di St.Non, il sommo Hackert e agli inizi dell’800 la schiera degli artisti napoletani: Raffaele Carelli e Alessandro e Salvatore Fergola e gli editori Cuciniello & Bianchi e lo stampatore Cirelli e numerosi altri e più tardi nel secolo gli artisti danesi e scandinavi di stanza a Sora. Nelle sale del Comune di Isola non è visibile traccia alcuna di tali opere dell’epoca, almeno una stampa: zero, nemmeno una foto o riproduzione: di nuovo zero, anche in questo caso! E in questi duecentocinquantanni anni nessuno dei sindaci che si sono alternati sulla prima poltrona cittadina ha sentito non dico la esigenza o il decoro ma almeno il rispetto verso i cittadini e verso la Storia di dotare la città di una almeno di tali opere d’arte! Solo cemento armato e asfalto!