Il Museo Barracco racconta mezzo secolo di missione archeologica sulle rive del Nilo
L’antico Sudan nel pieno centro di Roma per scoprire quasi mezzo secolo di missione archeologica italiana sulle rive del Nilo. Fino al 19 gennaio 2020 nel Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco, la breve ma appassionante mostra “I Leoni e la Montagna. Scavi Italiani in Sudan”, espone i reperti ritrovati durante la missione archeologica nel Paese africano, e racconta questa storia di ricerca e passione, svelando al pubblico pezzi mai visti prima d’ora. Un appuntamento da non perdere per gli appassionati di storia antica che hanno la possibilità di scoprire un’area cerimoniale di epoca meroitica, fiorita a Napata intorno al I sec. d.C. Una terra arcaica attraversata da Faraoni e mercanti, percorsa e resa fertile dall’inesorabile scorrere del Nilo.
Gli scavi portati avanti dalla “Missione archeologica italiana in Sudan” sono iniziati nel 1973 ed hanno studiato il sito di Jebel Barkal, la “Montagna pura” situata nell’antica Nubia, nel nord del Sudan, dal 2003 patrimonio mondiale Unesco. L’attività è iniziata con la direzione di Sergio Donadoni, egittologo de La Sapienza di Roma, ed i primi scavi svelarono i resti di due templi.
Nel 1978 la grande scoperta: i ricercatori italiani riportarono alla luce il Palazzo Reale di Natakamani. Dell’edificio si conserva la piattaforma di fondazione fatta di mattoni di fango con pianta quadrata che serviva per sopraelevare la struttura. Sotto il regno di Natakamani (I sec. d.C.), la città di Napata vive un periodo di stabilità e ricchezza, a cui risale l’ultima fase monumentale. Nel 1989 la direzione della missione passò al professor Alessandro Roccati, per poi andare nel 2011 all’egittologo dell’Università Ca’Foscari di Venezia, Emanuele Ciampini.
Un imponente leone accoglie i visitatori alla mostra al Museo Barracco: si tratta di un calco in gesso di una pregevole scultura ritrovata dalla Missione italiana nel palazzo regale di Napata. L’originale in arenaria è conservato in Sudan nel Museo del Jebel Barkal. Il grande felino aveva il compito di sorvegliare l’accesso all’edifico ed era associato al dio Apedemak, il dio creatore. Anche se per la maggior parte frammenti di piccole dimensioni, le testimonianze esposte sono in grado di raccontare una grande civiltà del passato. Tra i reperti una lampada a olio in bronzo che assomiglia agli esempi coevi di fattura romana, dei pendenti e una statuetta in calcare.
L’area archeologica di Jebel Barkal, che scorre vicino a un’ansa del fiume Nilo, prende il nome dal rilievo di arenaria alto ottanta metri che domina la distesa desertica circostante, “jebel” in arabo significa montagna. L’aspro rilievo termina con caratteristico pinnacolo a forma di cobra.
Limite massimo della penetrazione egizia verso sud, l’area è ricchissima di testimonianze archeologiche. A metà del XV secolo a.C. con il faraone egiziano Thutmose III gli egizi risalirono il Nilo colonizzando queste terre e ponendo una stele per indicare il nuovo “limes”. All’ombra della montagna fiorisce in questo periodo la città di Napata e la sua area templare, che divenne poi capitale del regno indipendente di Kush. Nel III secolo a.C. la necropoli reale viene trasferita nella città di Meroe, dando inizio all’Epoca Meroitica. Insieme a Kerma e Meroe, Napata fu uno dei centri religiosi più importanti dell’intera regione, ed ebbe un ruolo centrale come tramite culturale fra i popoli del bacino del Mediterraneo e quelli dell’Africa subsahariana. Nel 23 a.C. in epoca Augustea, in risposta ad un attacco nubiano nel sud dell’Egitto, il governatore romano della provincia, Gaio Petronio, invade la Nubia e devasta la parte settentrionale del regno di Meroe e saccheggia Napata. Una curiosità: le gole di Napata sono citate nell’Aida di Giuseppe Verdi.
La mostra è situata in un bellissimo palcoscenico: il Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco, elegante edificio rinascimentale che raccoglie opere che spaziano dall’antico Egitto, al mondo etrusco, passando per fenici, assiri, greci e romani. L’ingresso è inoltre gratuito. Un motivo in più per visitare la mostra “I Leoni e la Montagna. Scavi Italiani in Sudan” e conoscere da vicino un lembo d’Africa ancora poco conosciuto ma in grado di raccontare una storia millenaria che fa da ponte tra Africa, Egitto e Mediterraneo.
Box informazioni:
Il Leone e la Montagna. Scavi Italiani in Sudan
04/10/2019 – 19/01/2020
Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco
Ingresso gratuito