Il sito archeologico di Leopoli-Cencelle, probabilmente meno noto rispetto allo scavo dell’antica città di Pyrgi, è gestito dall’università “La Sapienza” di Roma dal 1994.
Situato sui monti laziali della Tolfa nel comune di Tarquinia, in provincia di Viterbo, Leopoli-Cencelle è un raro caso di perfetta conservazione di una città medievale, a causa del suo abbandono precoce che non ne ha permesso uno sviluppo in età moderna. Le prime notizie sull’antica città di Centumcellae, corrispondente all’odierna Civitavecchia, risalgono all’epoca dell’imperatore romano Traiano: in particolare, l’epistola 6,31 di Plinio il Giovane data la costruzione del porto al 107 d.C.
Dopo un’invasione di Saraceni avvenuta alla metà del IX secolo, papa Leone IV decise di salvaguardare la salute degli abitanti della città di Centumcellae fondando un nuovo insediamento urbano, chiamato Leopoli ad omaggio del proprio nome. Tuttavia, in numerosi atti la città viene soprannominata Leopoli-Cencelle, assumendo, dunque, un retaggio del nome del centro urbano precedente.
Dal X secolo in poi, il territorio circostante venne sfruttato da numerose fondazioni monastiche, fra cui la cella di Santa Maria del Mignone, dipendente dal monastero di Farfa; l’insediamento monastico agostiniano di Santa Severella e l’eremo della Trinità. Tuttavia, la città venne presto abbandonata dai propri abitanti che fecero ritorno a Civitavecchia, , il cui nome deriva proprio dal latino Civitas Vetula, “Città Vecchia”, rinominata così per distinguerla da Cencelle.
Il nuovo punto di svolta di Leopoli-Cencelle avvenne nel XV secolo, quando il territorio fu riconvertito in una “fabbrica” ante litteram per la presenza di alunite sui monti della Tolfa, da cui si ricavava l’allume per tingere la lana, di cui gli Ottomani avevano bloccato il commercio dall’estero.