Uno dei movimenti più innovativi della cultura artistica italiana della prima metà del Ventesimo secolo è costituito dall’Espressionismo degli anni Venti-Quaranta che, nonostante si formò in gruppi distinti e longevi, ha prodotto nei riguardi della ricerca artistica un contributo di enorme rilevanza.
A tale esperienza estetica e poetica tra le due guerre è rivolta l’esposizione: “L’estetica della deformazione. Protagonisti dell’espressionismo italiano”, visitabile dal 6 luglio 2024 al 2 febbraio 2025 nella Galleria d’Arte Moderna a Roma e ideata in considerazione della celebrazione del centenario della medesima galleria, (1925-2025).
Questo periodo fu di ampio fervore creativo, gli artisti infatti abbandonarono le forme tradizionali per manifestare il loro mondo interiore e i turbamenti di quell’età mediante l’utilizzo dei colori non naturalistici e una rappresentazione dello stile lontano dai canoni classici di bellezza.
Le opere in rassegna sono state scelte dalle curatrici Arianna Angelelli, Daniele Fenaroli e Daniela Vasta.
In virtù del dialogo fra la collezione della Galleria d’Arte Moderna, i lavori sono giunti da altre collezioni capitoline: Musei di Villa Torlonia, Casa Museo Alberto Moravia, e le opere provengono anche dall’insigne collezione Giuseppe Iannaccone di Milano con le due più recenti acquisizioni della sua raccolta e cioè gli oli su tela, entrambe del 1929: Nudo sdraiato di Gigi Chesa e Figura in blu (e vaso verde) di Francesco Menzio.
La Collezione Giuseppe Iannaccone dedicata non soltanto all’arte contemporanea ma anche all’arte italiana fra le due guerre, è l’unica nello scenario italiano e internazionale.
Originata dalla passione collezionistica di Giuseppe Iannaccone, essa descrive appunto la stagione dell’espressionismo italiano, con una preferenza per i gruppi che hanno attuato una proposta artistica “neoromantica”, alternativa successiva alla stagione neo-classica del Novecento sarfattiano.
E tramite il rapporto fra le varie raccolte nella Galleria d’Arte Moderna è possibile capire la variegata realtà di tale movimento italiano, con peculiare richiamo ai protagonisti e ai gruppi che hanno avuto come centro d’azione le città di Roma, Torino e Milano. La collezione della Galleria d’Arte Moderna e quella di Giuseppe Iannaccone attestano come l’arte italiana tra le due guerre, non affetta da provincialismo, abbia creato favorevoli e prolifiche interazioni in ambiti europei.
Gli espressionisti italiani, in totale armonia appunto con le tendenze internazionali, hanno realizzato un linguaggio originale e aperto, in grado di interpretare i quesiti della loro epoca.
Nonostante lo scopo apparentemente unitario della esposizione, le 130 composizioni, arduamente sono relazionabili ad un solo movimento, dimostrandosi come un insieme di esperienze indipendenti e trasversali.
Possiamo però sottolineare la prevalenza dell’interpretazione degli artisti nei confronti della referenzialità oggettuale, la loro l’inquietudine esistenziale che conduce alla fibrillazione della forma, distaccandosi dall’idealizzazione classico-accademica o ancora la tendenza al primitivo o al selvaggio, la predilezione per il colore, con una impulsività a volte anarchica.
Presenti ritratti che non si rivolgono verso l’esattezza fotografica, con paesaggi conturbanti e con città che diventano l’ambientazione di realtà allucinate e oniriche, mentre gli oggetti delle nature morte appaiono metafore enigmatiche. Forme deformanti e colori ribelli, irruenti e impetuosi, porgono alle idee un opportuno strumento linguistico.
Il percorso espositivo comincia naturalmente da Roma, con la Scuola di via Cavour e anche dai personaggi che nel tempo hanno caratterizzato la Scuola romana e le sue particolarità tematiche e tecniche, non ultima quella del tonalismo.
Inizialmente attraverso l’incontro fra i giovani Gino Bonichi (Scipione) e Mario Mafai, ai quali poi si unirà la lituana Antonietta Raphael, si eseguirà una pittura con colori accesi e drammatiche lumeggiature, influenzata da Goya, El Greco, Bosch, ma anche dai moderni Kokoschka, Chagall, Derain, Dufy, Rousseau. Provenienti da formazioni culturali differenti, i tre confluiscono verso un lessico primitivista e una naiveté panica e sognante.
Roberto Longhi, recensendo la mostra del gruppo su “L’Italia letteraria”, nell’aprile del 1929, riconosce palesemente nel sodalizio di via Cavour le derivazioni espressioniste francesi e parla di “misture esplosive”, di “virulenza bacillare” e di “sovreccitata temperatura”.
Ospitata nella sala la maestosa tela de Il Cardinal Decano, 1930, di Scipione, uno straordinario confronto con un disegno ad inchiostro acquerellato che il Maestro costituì nel luglio del 1930 presso la camera mortuaria del Vannutelli in via della Dataria. L’autorevolezza del porporato è contornata dagli idiomi del potere ecclesiastico, mentre sullo sfondo vi è piazza San Pietro descritta in modi spaesanti e perturbata da bagliori apocalittici.
Negli anni Trenta si uniscono ad una nuova koinè neoromantica altri artisti fra cui: Mazzacurati, Pirandello, De Pisis, Melli, Afro e Mirko Basaldella, Ziveri. Una pittura sfarzosamente seicentesca e accesa di luci. Bagnanti e prostitute respingono in modo diverso il tema del corpo e della carnalità, il ritratto e la natura morta sono motivi per esaminare gli affetti familiari e il fascino misterioso degli oggetti.
Ancora esposti nel secondo piano, esattamente nel corridoio corto, il gruppo dei Sei pittori di Torino, 1929-1931, che rappresenta un ulteriore basilare punto di riferimento per l’analisi delle dottrine espressioniste, alternative al cessato classicismo del Novecento.
Jessie Boswell, Gigi Chessa, Nicola Galante, Carlo Levi, Francesco Menzio e Enrico Paolucci,“una pattuglia giovane di anni e giovane di spirito, agile e libera da ogni legame scolastico e comunque da preconcetti, unita e animata da una esemplare intelligenza comprensiva del momento”(Bardi), si riuniscono alla fine del 1928 ad alcune personalità della cultura torinese come il pittore Felice Casorati, il collezionista e mecenate Riccardo Gualino e i critici Edoardo Persico e Lionello Venturi, docente di Storia dell’Arte all’Università di Torino.
La loro formazione artistica è molteplice e differenziata, va dall’Ottocento italiano: Fattori, Previati, Segantini, Spadini, Pellizza da Volpedo, la cui riconsiderazione è accompagnata da Casorati all’interno della Società Antonio Fontanesi da lui fondata nel 1925, alla pittura di Carena, Soffici, Modigliani con molti riferimenti a Manet, Degas, Cézanne e principalmente alla pittura francese moderna, dall’impressionismo ai fauves.
Una pittura sensuale e materica, antiretorica, in modo indicativo riferita al quotidiano e di piccolo formato, opzione diversa rispetto al gusto novecentista e pompier.
Sempre nel secondo piano, ma nel corridoio lungo, sono presenti le opere degli artisti di “Corrente di Vita giovanile”. E’il gruppo milanese dei chiaristi: Del Bon, Spilimbergo, De Rocchi, De Amicis, Lilloni, a incarnare la via del colore e della pittura soprattutto quella enplein, diversamente dai solidi volumi e dai grandiosi chiaroscuri novecentisti.
La fondazione nel gennaio del 1939 della rivista “Vita giovanile” in seguito “Corrente. Vita giovanile”, da parte del diciottenne Ernesto Treccani, circonda il giornale da animi caratterizzati da una profonda ispirazione civile e da scelte artistiche anticonformiste.
Accanto ai letterati vi sono i pittori e gli scultori: Birolli, Sassu, Manzù, Valenti, Migneco, Broggini, Morlotti, Cassinari, Treccani, Guttuso e molti altri che vi transitano in maniera più o meno episodica.
Essi sono condizionati dalla Scuola di Via Cavour di Roma creando fervide relazioni con Maestri quali Pirandello e Levi. Il lessico è ottenuto tramite la potenza primigenia del colore, consueto quindi riutilizzare la poetica dell’espressionismo belga e tedesco, gli impressionisti francesi da Delacroix a Van Gogh ai fauves, per poi passare verso la scelta lombarda, forte della dottrina della Scapigliatura, del Divisionismo e del Futurismo.
Negli anni Quaranta vi sarà un esplicito riferimento al Picasso di Guernica, manifesto internazionale di una pittura di appassionato impegno civile. Pertanto in rassegna lo stile fiabesco di Badodi, quello visionario di Valenti, il piglio picassiano di Guttuso e Morlotti, la furia neo-boccioniana e gestuale di Vedova, le maschere ensoriane di Tomea e Salvadori.
Il percorso espositivo si conclude nel terzo piano.
Alcuni lavori simbolicamente narrano le preferenze artistiche ed estetiche di Corrente, La Battaglia dei tre cavalieri di Aligi Sassu è una raffigurazione mitologica che il pittore realizza dopo la detenzione per cause politiche. La tela, che forse si riferisce alla guerra civile spagnola viene rifiutata al Premio Bergamo del 1941, ufficialmente per le sue dimensioni troppo grandi. La complessità del soggetto è uniformata dalle tonalità dell’arancio e del rosso incendiario che ha il gusto del sangue caratteristico della pittura del Maestro.
Birolli esercita una parte fondamentale all’interno di Corrente, con i poeti, 1935, drappello di giovani pensierosi sullo sfondo di una periferia urbana infiammata, è la riproduzione allucinata di un raduno di artisti e intellettuali che volevano eseguire un rinnovamento artistico e politico.
Simultaneamente la nuova Ecumene, 1935, si identifica con la “terra della nuova pittura” in cui alcuni artisti fra cui il medesimo Birolli, sono rappresentati attorno a una figura cardinalizia forse da riconoscersi con Edoardo Persico.
Anche la scultura è determinata da fremiti anticlassici, l’idea statica del corpo e del volto è sostituita da una concezione della figura dialogante con lo spazio circostante.
La mostra è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, in collaborazione con la Collezione Giuseppe Iannaccone di Milano. L’organizzazione è di Zètema Progetto Cultura, con il contributo tecnico di Open Care-Servizi per l’Arte.
Con tale rassegna si rinnova l’impegno della Sovrintendenza Capitolina nel rendere accessibili le esposizioni temporanee. La mostra è infatti progettata per essere fruibile per il più vasto pubblico. Per le persone con disabilità visiva è stato infatti creato un percorso dedicato con disegni a rilievo con traduzioni in braille e relative audio descrizioni.
Le molteplici composizioni della bella esposizione: “L’estetica della deformazione. Protagonisti dell’espressionismo italiano”rappresentando una ribellione contro il realismo e l’impressionismo, cercano di comunicare le emozioni e le esperienze umane attraverso un linguaggio artistico intensamente comunicativo e soggettivo.