Edito da Laterza, il nuovo libro di Francesco Rutelli, sindaco di Roma dal 1993 al 2001, si intitola “Tutte le strade partono da Roma”.
L’ex primo cittadino della capitale, con un gioco di parole che riprende l’antico adagio “Tutte le strade portano a Roma”, si chiede su cosa camminiamo quando percorriamo le strade di Roma. «Sul tetto di case antiche» avrebbe risposto Montaigne, perché è l’unico luogo dove i resti sono «profondi fino agli antipodi». Costruzioni, distruzioni, ricostruzioni, sovrapposizioni, riutilizzi. Strutture edificate e dissolte, mai scomparse seppure incendiate, ridotte a calce, annichilite o trafugate, perché trasformate, riemerse casualmente o reinventate. Se vogliamo conoscere Roma, sostiene Rutelli nella sua opera, la città dalle infinite stratificazioni, dobbiamo avvicinare la complessità. A chi vuole polarizzare e dividere, Roma ricorda che sono pluralità e diversità a fare la bellezza, la fierezza, la forza dell’esperienza umana. Non è quindi un’analisi di architettura o ingegneria quella compiuto tra le pagine da Rutelli che, anzi, si dichiara mosso da “un umilissimo amore per Roma”, città della quale denota, fin dall’etimologia, un aspetto di grandezza e maestosità.
In particolare, l’autore si rivolge ai romani suoi concittadini, ma a tutti, affinché vadano a camminare e vedere da vicino questa grandezza che caratterizza la Città Eterna, che lui, dice, “attraverso un cammino personale, le esperienze familiari, di studio, politiche, di ragazzo, di adulto, oltre che di sindaco e politico” ha ammirato e attraversato, desiderando ora suggerire dei “modi per avvicinare la complessità dei contesti, la ricchezza dei significati, i tracolli, le formidabili e incessanti trasformazioni”.
È piazza di Porta Maggiore il luogo da cui si parte, al capitolo 1, per questo viaggio artistico e culturale, sicuramente di scoperta o di riscoperta, perché ad essere segnalato è quello che di solito in quel guazzabuglio di vie e di incroci si nota meno, la tomba del fornaio Eurisace, in marmo bianco sui cui sono scolpite le scene tratte dal lavoro quotidiano del defunto.
Rutelli sembra voler dire che la grandezza è sotto gli occhi di tutti, immersa in una strada caotica e trafficata, come tante e, ancora, poco più avanti, ribadisce come Roma non sia soltanto larga e lunga nella sua grandezza, ma soprattutto profonda, per contenuti e significati.
Ben oltre un’analisi topografica, la ricerca che Rutelli propone, e che apostofa con “il nostro cammino” ha a che fare con i passi compiuti non tanto sul selciato ma nei secoli, in una cultura che si è imposta come genio assoluto.
Il cammino prosegue idealmente lungo la via Appia, la prima via pubblica, che va diritta e spedita, nata per questioni di spostamenti militari. Ma c’è di più, anche oltre i cento mila chilometri che caratterizzarono il sistema viario romano: la grandezza romana, spiega ancora Rutelli, al di là della logistica consiste nella capacità di organizzazione, nella programmazione e nella gestione, oltre che nell’esercizio del potere.
È quindi il racconto di un cammino che è stato fatto con la testa e con il cuore, non solo con i piedi lungo le strade infinite che un popolo ha saputo costruire, creando primariamente un modo di fare, di essere, di pensare.