Dal 17 al 19 marzo, alle ore 21, presso il Teatro di Documenti, sito in Via Nicola Zabaglia 42 a Roma, la COMPAGNIA BOLERO si esibirà in “LILITH, frammenti di Donna”, a cura di Patrizia Masi.
Secondo la tradizione ebraica Lilith fu la prima moglie di Adamo, creata da D-o dalla terra parimenti ad Adamo. Lilith, creata dalla terra, affermò la propria parità nel “Non giacerò sotto”. Lilith ha lottato per la sua autodeterminazione, per il diritto di scegliere e di decidere del proprio corpo, del proprio piacere e del proprio destino. Fino a scegliere la libertà solitaria. Una figura dalla potente energia ispiratrice nel processo di autodeterminazione femminile.
“In due sole epoche la donna non ha dovuto piegarsi alla supremazia maschile: all’alba della civiltà e adesso, nella nostra era, un’era che finalmente sta iniziando ad accettare l’idea, sacrilega un tempo, della parità tra i due sessi” afferma Patrizia Masi, ricordando il matriarcato delle origini e il mito della Dea Madre: Inanna dei Sumeri, dal grembo di miele; nel 2300 a.C. la fenicia Astarte, l’assira Ashtar, l’araba Ahyat. E tutte le altre Grandi Madri. Tutto era in armonia con i cicli biologici della vita umana e della Natura, finché il monoteismo creò un Dio-Uomo.
L’autrice continua: “Convinte che i testi trascurino le Donne, abbiamo restaurato minuziosamente i tasselli mancanti della Storia e composto una sorta di mosaico, scoprendo che i racconti delle donne hanno un minimo comun denominatore, che ha nome Amore, inteso come atto creativo, e che ogni vissuto fa parte di un rosario da sgranare insieme: ogni grano si lega all’altro, lo continua.”
“Lilith, frammenti di Donna” è uno spettacolo corale che racconta idealmente la storia della Donna, dal mito ai giorni nostri, dalla sua demonizzazione alla sua emancipazione: frammenti d’umanità con le donne in proscenio.
Teatro, poesia, musica, arte, danza, canto, concorrono a officiare il rito laico della fecondazione, dell’unione di Maschile e Femminile, di Luce e Ombra.
Un coro di voci si levano alte nel cielo del presente, come denuncia coraggiosa, come preghiera, come atto di fede. Per una genuina sete di scoprire perché la maggioranza della razza umana, quel sesso che alcuni si ostinano a definire “debole”, abbia ricevuto dagli storici soltanto sguardi distratti.
Si esplorano così due facce dello stesso pianeta: quello abitato dalle donne che hanno brillato e sono state amate, e l’altro, immenso, oscuro, delle donne che la società ha ignorato e, più spesso, calpestato: il secolare formicaio dell’anonimato femminile. Questo straordinario “mondo a parte” entra di prepotenza nella poesia, nell’arte, nella letteratura, con una galleria di vividi ritratti, lirici e drammatici, che si riscattano e si sublimano per amore. Donne grandi e piccole donne, in libera danza, a difendere la propria identità. Parleranno con il gesto, le pennellate, il suono, con le unghie e coi denti, del profumo di miele selvatico che ha la libertà, le parole scelte come un bouquet di mughetti delle spose; parleranno come fiori nel vento, con intelligenza, con leggerezza, con ironia.
Un viaggio temerario, lungo il fiume della storia, senza geografie circostanziate e senza una cronologia esatta. Oltre il tempo: a onde, a ristagni, a gorghi, nella corrente dei corsi e ricorsi della Storia.
Potenti, raggianti, moltiplicate, come affluenti che sfociano in un grande delta, si alzano a stormi le voci di eroine, poetesse, Grandi Madri, prostitute, streghe, regine, profetesse, recluse, arse, violate, dimenticate, innamorate: ognuna a chiedere ascolto, a invocare giustizia, a combattere le oscenità, lo strapotere, l’arroganza, i soprusi, la violenza fisica, intellettuale, morale. Oggi come ieri, le testimonianze di attiviste, rifugiate, studentesse, giornaliste, arrivano dall’Afghanistan, dallo Yemen, dalla Siria, dall’Iraq, dal Pakistan, dalla Romania. Insieme, con la potenza della bellezza, della grazia, del silenzio. Assomiglia agli stormi degli uccelli l’andatura distesa dei versi e dell’azione scenica, che spazia in diverse direzioni e muta repentinamente tempo, ritmo e luogo.
Parlami che ascolto / parlami che metto una mano sull’altra e mi metto in ascolto di:
Lilith, Giocasta, Medea, Sophie, Theodora, Lisistrata, Camille Claudel, Marianna de Leyva, Franchetta Borelli, Winnie, Achmatova, Judith, Malala, Amelia Earhart, Cvetaeva, Merini, Szymborska, Fallaci, Maraini, Mastretta, Rame, Valeri, Gualtieri, Mastretta, Pennacchioni.
A loro fa da contrappunto, a volte tagliente come una mannaia, a volte carezzevole, appassionato, il pensiero maschile di Ovidio, Esiodo, Eschilo, Euripide, Parise, Wilde, Pasolini, Freud, Aristofane, Gandhi, Shopenhauer, Kierkegaard, Seneca, Erasmo da Rotterdam, Lorca, Terenzio, Boll, Lombroso, Fenelòn, Einstein, Jacobbi, Dante, Eluard, Neruda, Ibn Arabi.
La Compagnia Bolero composta da:
Maddalena Fierro, Antonella Cappucci, Antonia Petrangeli, Monica Ferzi, Reina Lopez, Erika Ledonne, Monica Piastra, Sofia Filippelli, Anna Filippelli, Simona Fagnani, Mia Fenudi, Patrizia Masi, Lello Somma
Danza e canto: Reina Lopez
Art performance: Erika Ledonne
Regia di Patrizia Masi
“Con la porta sempre socchiusa all’ascolto, femminile e maschile si incontrano, si scontrano, si mescolano, si innamorano. Senza rotture, senza interruzioni, in concerto. Elementi di un tutto, che è armonia dei contrari.
In questa alternanza di domanda e risposta, di ribaltamento e mescolanza di ruoli, viene chiamato a partecipare lo stesso pubblico, che da spettatore diviene attore.
Uno spettacolo che racconta, inveisce, azzanna, invoca, e soprattutto unisce.