In occasione dei quattrocento anni dall’elezione al soglio pontificio di Maffeo Vincenzo Barberini, le Gallerie Nazionali di Arte Antica, dal 18 marzo al 30 luglio, celebrano l’importante Papa con “L’Immagine Sovrana. Urbano VIII e i Barberini”.
Il suo pontificato è ricordato non soltanto perché fu il più lungo del XVII secolo, dal 1623 al 1644, e per la grandissima influenza che ebbe sul pensiero filosofico, scientifico e artistico di quell’epoca, ma anche per l’accrescimento del governo spirituale e temporale della Chiesa.
Un Papa letterato e poeta, mecenate e appassionato d’arte, ma anche scaltro orditore di intrecci politici e promotore della sua effigie e di quella del suo casato, che seppe incentivare magnificenza e cultura.
Una spettacolare mostra, curata da Maurizia Cicconi, Flaminia Gennari Santori e Sebastian Schutze, prodotta dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica con il sostegno della Direzione Generale Musei.
Maffeo Vincenzo Barberini nacque a Barberino Val d’Elsa, più esattamente nel Casolare di Tafania, da Antonio, un ricco mercante e da Camilla Barbadori, quinto di sei figli.
Nello stemma infatti sono riprodotti i Tafani, propri della Famiglia dei Barberini. Originari appunto di Barberino Val d’Elsa, i più vicini antenati del Pontefice avevano modificato l’iniziale nome di Tafani in Barberini, così come i tre tafani, all’interno dello stemma, in tre api.
All’età di tre anni morì il padre, si occupò per tale motivo della sua educazione lo zio Francesco Barberini, protonotariato apostolico. Spentosi lo zio, che da giovane lo aveva ospitato a Roma, ne ereditò l’ingente patrimonio, con il quale comprò un mirabile palazzo, arredandolo in modo lussuoso a tal punto da divenire il personaggio più influente e rilevante della Capitale.
Per far edificare lo splendido Palazzo Barberini alle Quattro Fontane e raccogliervi una magnifica collezione di capolavori, Urbano VIII delapidò una notevole parte della sua ricchezza.
Ricordiamo infatti gli autorevoli architetti che si occuparono della costruzione del sontuoso edificio tra cui: Carlo Maderno, Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini.
Il suo avanzamento nella Curia romana fu veloce: il 20 ottobre 1604 era già arcivescovo, nel 1606 conseguì la porpora cardinalizia, diventando Pontefice nel 1623 con il nome di Urbano VIII.
Impose molteplici tasse a causa della sua politica dissipatoria: “Papa Gabella”, cominciarono a chiamarlo infatti i romani; a supplire ciò, però, fu un generoso mecenate ed il principale artefice della eccelsa Roma barocca nella prima metà del Seicento.
Con Gian Lorenzo Bernini ebbe una significativa amicizia, infatti durante la sera si dilungava con l’artista: “in vaghi discorsi fino all’ora del riposo; e quando il sonno poneva fine al ragionare era parte del Bernino tirar le bendinelle, chiudere le finestre e partirsi”.
A lui il Papa diede piena libertà per risistemare la città e la Basilica Vaticana, in cui fece realizzare lo stupendo baldacchino Bronzeo anche se, per la fusione di esso permise l’utilizzo del bronzo che ancora copriva il pronao del Pantheon, da cui il celebre detto: “Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini!”.
Urbano VIII fece eseguire a Gian Lorenzo Bernini la Fontana delle Api e quella del Tritone, ubicata nel cuore di Piazza Barberini.
Lungo il suo pontificato, incaricò quindi i più importanti artisti del Seicento per l’esecuzione di prestigiosi lavori e fu mecenate di dotti e letterati, mutando il suo edificio di famiglia in un ambiente di incontro per intellettuali.
Altro artista di fiducia fu Pietro da Cortona incaricato nel 1631 di affrescare il soffitto del suo palazzo, in cui si impose il maestoso: “Trionfo della Divina Provvidenza”, per commemorare la rilevanza del casato Barberini. Fu anche protettore di pittori francesi come Nicolas Poussin, Claude Lorrain, Valentin de Boulogne, Simon Vouet.
Nel 1634, Giacinto Centini di Ascoli Piceno, con la complicità di due frati, eseguì un rito di magia nera di negromanzia per assassinare il Papa; furono tutti condannati a morte e la sentenza si compì il 23 aprile del 1635 in Campo de’ Fiori.
Cessò di vivere il 29 luglio del 1644, nell’Urbe, e fu sepolto nella Basilica Vaticana nel monumento funebre attuato da Gian Lorenzo Bernini, in bronzo e marmo.
In rassegna, 88 opere in più di 1000 metri quadrati di allestimento, con 70 prestiti da 40 istituzioni internazionali e collezioni private, dal Prado al Louvre e il Met, dalla National Gallery di Londra al Getty di Los Angeles, dal Metropolitan di New York al Saint Louis Art Museum. E poi i musei italiani, dalla Pinacoteca di Brera alla Galleria Borghese, dai Musei Vaticani ai Musei Capitolini, dagli Uffizi al Museo Nazionale di Capodimonte, e altri ancora.
“E’ il progetto espositivo più ambizioso mai realizzato e prodotto dalle Gallerie, frutto di oltre tre anni di lavoro”, spiega la direttrice Flaminia Gennari Santori.
“In mostra” illustra il curatore e rettore dell’Università di Vienna, Sebastian Schutze, “non sono solo le opere, ma il palazzo stesso, la bellissima facciata, gli scaloni, il giardino di quella che era la sontuosa residenza di famiglia. Un modo per rivivere la Roma barberiniana, proprio nel fulcro della vita culturale e artistica di quegli anni”.
Il percorso è composto da 12 sezioni, procedendo dallo Spazio Mostre al piano terra fino a giungere nelle aree più rappresentative del museo come le grandiose sale del piano nobile: Salone Pietro da Cortona, Sala Marmi, Sala del Trono, Sala Paesaggi e alcune sale della collezione permanente.
La prima sezione: “Piacere e strategia”, è basata sull’immagine di Maffeo Barberini. Presenti: il dipinto Maffeo Barberini in veste di protonotariato apostolico, olio su tela del 1595, in tempi recenti attribuito a Caravaggio, poi segue il Sacrificio di Isacco del 1603 sempre di Caravaggio, Gallerie degli Uffizi, il San Sebastiano, 1617, capolavoro del giovane Gian Lorenzo Bernini, e il San Sebastiano della Cloaca Massima di Ludovico Carracci, proveniente dal The J. Paul Getty Museum di Los Angeles. Ancora due grandi oli: Visita di Cleopatra ad Antonio e il Ratto di Europa di Giovanni Andrea Donducci chiamato il Mastelletta.
Nella seconda sezione: “Immaginare la dinastia”, sono rappresentate le figure di ulteriori interpreti basilari del pontificato: i suoi nipoti, i cardinali Francesco e Antonio e il principe Taddeo Barberini, che assunsero
una funzione determinante nel compimento dell’ambizioso progetto dello zio. Fra le opere si rilevano: il Ritratto bronzeo di Urbano VIII di Gian Lorenzo Bernini, voluto dal cardinale Antonio nel 1656, 10 anni dopo la scomparsa del Papa e prestato dalla collezione del Principe Corsini di Firenze dopo il matrimonio fra Tommaso Corsini e Anna Barberini Colonna. E poi i ritratti dei familiari: Carlo Barberini riprodotto attraverso una statuetta equestre da Francesco Mochi, il Ritratto di Taddeo come prefetto di Roma di Andrea Sacchi, il Busto del Cardinale Francesco Barberini, in marmo realizzato dopo la morte dallo scultore romano Lorenzo Ottoni, il Ritratto del cardinale Antonio Barberini Junior, attribuito a Gian Lorenzo Bernini, a Mochi e infine a Simone Cantarini.
La terza sezione: “La Fabbrica dei santi”, descrive i temi principali dell’azione di governo di Urbano VIII, ossia l’impegno di riconfermare l’universalismo della Chiesa cattolica tramite la celebrazione di figure simboliche e storiche quali Matilde di Canossa, la politica dei processi di canonizzazione e l’attività dell’Istituto di Propaganda Fide. Tra le opere mostrate: il Martirio di Sant’Erasmo di Nicolas Poussin, dai Musei Vaticani, il bronzo realizzato da Gian Lorenzo Bernini, 1634-1637, di Matilde di Canossa. Poi il Martirio dei beati francescani a Nagasaki di Tanzio da Varallo, un grande disegno acquerellato, di collezione privata, che raffigura il Pontefice in preghiera nella chiesa dei Santi Luca e Martina di Pietro da Cortona.
In “Hic domus”, la IV sezione, abbiamo i capolavori della collezione Barberini. Tra essi spiccano: la Morte di Germanico, una delle composizioni più famose del pittore francese di Nicolas Poussin, commissionata dal cardinale Francesco nel 1626, proveniente dal Minneapolis Institute of Art, il Pan disteso, attribuito a Francesco da Sangallo il giovane, Saint Louis Art Museum, Allegoria di Roma di Valentin de Boulogne, in prestito dall’Istitutum Romanum Finlandiae, Roma. Quindi il Ritratto di Marc’Antonio Pasqualini con Apollo e Marsia di Andrea Sacchi, the Metropolitan Museum of Art, Venere che suona l’arpa di Giovanni Lanfranco. L’eccezionale Ritratto di donna, la Fornarina di Raffaello Sanzio e altre tele.
Si continua con la V sezione: “Imprese di famiglia” che ospita opere, oggetti d’arte, libri e stampe che descrivono l’attuazione di un universo simbolico e allegorico distinto dominato dal Sole, dalle api e dall’alloro, propri dell’emblematico quadro Allegoria della Pace, omaggio al cardinal Francesco Barberini da Giovan Battista Muti e Charles Mellin.
La sezione VI, “Cultura antica” è rivolta alle attività promosse dalla Famiglia Barberini, al recupero dell’arte antica e tardoantica. In rassegna Copia del Paesaggio Barberini di Claude Lorrain, Copia parziale dei rilievi della Colonna Traiana di Pietro da Cortona. Il Vaso Portland, il Fauno Barberini, un busto di Cicerone, la grande tela di Jean Lemaire, Anacoreta con l’obelisco Barberini, proveniente dal Museo del Prado, Madrid. Inoltre il rilievo della struttura metallica antica come supporto del tetto del portico del Pantheon, ricordiamo infatti, come già citato, le gravi critiche da parte del popolo romano su Urbano VIII per aver abbattuto essa totalmente.
La sezione VII: “Scienza moderna”, attesta la funzione prioritaria delle attività di promozione della cultura scientifica eseguite dal casato. Significativo è il noto dipinto di Francisco Hernandez, conosciuto quale Tesoro Messicano, 1949, che ritrae il così denominato Drago Barberini. E ancora vi è in mostra “Tlamachajatl, 1534, uno dei rari esempi di tessuti piumati messicani, proveniente dal Museo della Civiltà di Roma.
L’VIII sezione: “Tessere la trama” è ubicata nel Salone Pietro da Cortona. Ed ecco la stupefacente sorpresa: appesi ad una delle pareti tre arazzi, enormi, ciascuno appartenente a un ciclo: Vita di Cristo, di Costantino e di Urbano VIII, situati in parte nei Musei Vaticani e in larga parte negli Stati Uniti, e collocati accanto ai cartoni preparatori prodotti dall’Arazzeria della collezione delle Gallerie Nazionali.
In alto lo scenografico e sbalorditivo soffitto affrescato con il “Trionfo della Provvidenza” di Pietro da Cortona. L’affresco, opera d’arte assoluta, è atto a determinare stupore e meraviglia, nonostante i trascorsi secoli, per i suoi colori e lucentezza e per la sua maestosità ed energia che riesce a diffondere. Siamo negli anni Trenta del Seicento, e da quel periodo questo grandioso affresco, che ha una superficie di oltre 400 metri quadrati, colpisce moltissimo. All’interno di una finta architettura formata da cornici marmoree affrescate, al centro si evidenzia la personificazione della Divina Provvidenza tramite la veste gialla e una potente luce che circonda il capo, richiedendo all’Immortalità di incoronare il Pontefice. E’ presente pertanto una giovane con una corona di stelle avviarsi verso tre grandi Api, idioma appunto della Famiglia Barberini, con sopra una ghirlanda su cui vi sono le chiavi di San Pietro simboleggianti il papato. Vi sono inoltre altre rappresentazioni metaforiche, come le tre virtù teologali: Fede, Speranza e Carità, o le allegorie della Bellezza, la Potenza o la Pudicizia ubicate dietro al trono della Provvidenza.
Un’apoteosi vera e propria, un’esultanza di colori all’interno di tale soffitto che appare dirigersi verso il cielo, verso l’immensità. Uno scenario prospettico fastoso, specifico del Barocco, mediante fantastiche tinte e con le figure che appaiono librarsi leggere sul soffitto.
Subito dopo segue la IX sezione: “La retorica e la poesia”, dedicata al rapporto del Papa e dei suoi nipoti con le istituzioni letterarie. Il Busto di Urbano VIII di Gian Lorenzo Bernini dialoga con il Busto di Francesco Bracciolini di Giuliano Finelli, Victoria and Albert Museum. Mentre nella vicina Sala Paesaggi sono evidenziati i testi centrali della produzione letteraria e panegirica di quell’età, con anche i Poemata scritti dal medesimo Maffeo Barberini, in prestito dalla Biblioteca Apostolica Vaticana, e le Aedes Barberinae, 1642, di Girolamo Teti, Biblioteca Casanatense, che commemorano Palazzo Barberini e le sue eccelse opere artistiche.
La sezione X “Le Api Munifiche”, è rivolta ai capolavori commissionati dai nipoti del Pontefice e mandate come doni diplomatici alle corti d’Europa. In rare eccezioni, gli artisti della rilevante famiglia effettuavano composizioni direttamente per gli amici, parliamo del Busto del Cardinale Richelieu di Gian Lorenzo Bernini in prestito dal Museo del Louvre di Parigi.
Nella sezione XI, vi sono alcuni episodi di collezionismo di personaggi del più stretto ambito dei Barberini, ricoprendo cariche primarie dentro la Curia e agendo come moltiplicatori e amplificatori su larga scala delle scelte artistiche e culturali della dinastia. In esposizione: l’Allegoria dell’intelletto, Volontà e Memoria di Simon Vouet dei Musei Capitolini.
La rassegna termina con la sezione XII, “il Teatro degli Stupori”, che racconta l’estensione sfarzosa di Palazzo Barberini in conformità della funzione originaria del luogo, riguardante gli spettacoli teatrali. Presenti i sontuosi eventi urbani organizzati dai Barberini, rappresentati dal grandioso quadro: La Giostra de Saracino di Andrea Sacchi o lo scenico Carosello per l’ingresso di Cristina di Svezia di Pietro Gagliardi, ambedue provenienti dal Museo di Roma, Palazzo Braschi. Ancora mostrate due tele di Andrea Camassei, 1602-1649, La strage dei Niobidi e il Riposo di Diana. I due dipinti sono stati restaurati appositamente per l’esposizione.
Accompagna la mostra il catalogo edito da Officina Libraria, che raccoglie saggi rivolti al pontificato di Urbano VIII e al Barocco e le schede di tutti i capolavori esposti, accompagnate da preziose immagini ed alcuni scatti inediti.
Coopculture, in collaborazione con il Servizio educativo del museo, offre un programma di visite e laboratori per singoli, famiglie, scuole e gruppi, regolate in corrispondenza delle diverse età. Durante
l’apertura della rassegna saranno effettuati anche quattro percorsi guidati a Roma, alla scoperta dei luoghi teatro di opere di costruzione, di restauro e risistemazione sostenute da Urbano VIII.
Per approfondire le tematiche della mostra, menzioniamo che lunedì 17 aprile 2023, si avrà a Palazzo Barberini la giornata studi: “Un papa poeta”. Maffeo Barberini e la cultura letteraria di primo seicento, curata da Emilio Russo, professore ordinario di Letteratura italiana alla Sapienza Università di Roma.
Infine, in virtù della Festa della Musica, il successivo 21 giugno è in programma nell’edificio un concerto di musica barocca, con ingresso incluso nel costo del biglietto.
L’evento intende proporre ai visitatori i concetti prevalenti e il meccanismo di un progetto artistico straordinario, mediante la trasformazione dell’Urbe in un ambiente caratterizzato dalla cultura barocca iniziando da Palazzo Barberini, quale suo fulcro simbolico.
Infatti per la prima volta, protagonisti e capolavori sono di nuovo insieme nel regale edificio, il cui ambito restituisce un’occasione descritta dagli interpreti e dai Maestri del Barocco tramite i manufatti che ne caratterizzano l’aspetto culturale, religioso, politico ed emozionale, sempre nello stesso luogo in cui furono generati.