“Sospetta broncopolmonite” e con questa diagnosi, che suona come una sentenza, si chiude qualsiasi possibilità per realizzare una trasferta tutta al femminile, tanto idealizzata.
Mi ritrovo così, sola, ad imbarcarmi alla volta di Liverpool, ove si terrà il V Congresso dell’Uni Global Union, la federazione internazionale che unisce i sindacati dei servizi e del commercio.
Il piumino, infilato in valigia all’ultimo minuto, pare un ossimoro all’afosa giornata estiva, eppure, incredibilmente, sarà la salvezza al vento gelido che mi attende all’atterraggio…Un giro per i vicoli e la magia del beat inglese pervade l’anima. Non solo Beatlesmania, ancora molto sentita, questa città è stata fucina di una moltitudine di band, talune molto note (Echo and the bunnymen, Frankie goes to Hollywood, Dead or alive, Lotus eaters, Farm tra il centinaio recensiti), talune, ancora acerbe, si esibiscono nei dintorni del Cavern Quarter.
Passo dopo passo, mi accingo all’Arena dove si tiene la V Conferenza mondiale delle Donne UNI e cresce passione e determinazione al confronto. L’atmosfera è vibrante: delegazioni da tutto il mondo sono qui per discutere sulle strategie d’attuazione di politiche di genere che rafforzino inclusività e rappresentanza delle donne, come chiave di democrazia partecipata.
Sei le mozioni dibattute: – priorità strategiche per i prossimi anni di Uni Global Women; – violenza di genere nei luoghi di lavoro e nell’ambito della famiglia; – presenza delle donne nei luoghi di potere; – uguaglianza di genere; – crescita della rappresentanza femminile nelle organizzazioni sindacali; – digitalizzazione e collocamento femminile nel mondo del lavoro.
La discussione è stimolante e, spesso, lascia sgomente riflettere sulla sperequazione sociale ed economica che ancora alberga in questo Globo: condizioni di vita così differenti e diritti basilari negati. Esistono luoghi ove essere donna può costare la venuta al mondo (come l’aborto programmato) o una jattura (e l’unica strada è il travestimento, che crea forti dissociazioni col proprio essere, o matrimoni combinati di spose bambine con orchi) o l’assenza di tutele personali, se non di diritti all’autodeterminazione (patria potestà, leggi sull’aborto, parità salariale, diritto al voto, alla guida, allo studio). Iniziative come il mentoring, in Gahana o in Sri-Lanka, hanno permesso un cambio di marcia. UNI programme, nei 5 anni dalla sua istituzione, ha coinvolto 155.400 persone creando nuove opportunità per le donne, tra le donne. La testimonianza dalla Tunisia attesta quanto sia importante la politica degli apparenti piccoli passi per scardinare mentalità arcaiche.
Tra le tante testimonianze addolorano le parole delle delegate brasiliane. Stanno vivendo un serio problema di democrazia. Le statistiche sulla violenza sono agghiaccianti: ogni 11minuti un omicidio, ogni 2 minuti un atto violento su una donna, in particolar modo di colore. Dalla Francia l’appello alla diplomazia internazionale, affinché i Paesi aderiscano a convenzioni vincolanti, anche nel campo delle molestie sul lavoro.
Dopo aver condiviso le esperienze da Paesi lontani, si è attestata la necessità di implementare la rappresentanza. Sebbene il numero delle lavoratrici è in aumento, ancora ai tavoli delle trattative sono uomini a sedere e le istanze non vengono perorate, gli stereotipi non sono avversati nella cultura aziendale, al di là delle iniziative di facciata e le cariche vuote. Anche a casa nostra.
A chi pensa che il sindacato sia una istituzione superata o, peggio, inutile l’invito a partecipare attivamente e rendere concreta l’esortazione del Congresso: “Making it Happen”!