Come si crea un “buon palato”?
Un estimatore di vini?
Un “maestro del gusto”?
Il papà di Marco Carapacchi direbbe sicuramente: si comincia da piccoli; iniziando a gustare pian piano, abituando i propri sensi olfattivi e gustativi, “educandoli”.
Crescere sorseggiando vini.
Questo è stato il destino di Marco.
Questo lungo addestramento è ciò che lo ha portato all’evento Vino Way Wine Selection a Bari a ottobre 2020.
Il papà gli faceva assaggiare sorsetti di vino e birra fin da bambino (10 anni). All’università si incuriosisce sempre più al mondo del vino e compra qualche buona bottiglia, finché suo zio, restaurant manager, non gli consente di dare una bella accelerata: frequenta l’Associazione Italiana Sommelier (AIS), diviene sommelier, lavora in diversi ristoranti, inizia a collaborare con chef dell’Academy, per fare corsi di abbinamento cibo-vino.
Inizia a collaborare con “Vinoway” per l’area del Lazio, in particolare di Viterbo: con loro fa parte della commissione di degustazione che ha assaggiato oltre 4000 vini in un anno.
Ora sta aprendo anche un ristorante: “De gusto. Ristorante + Aperitivi e after dinner (solo il venerdì e il sabato), comprensiva della vendita di vini attraverso l’e-commerce.
Lui ha studiato giurisprudenza e poi ha seguito un master in marketing. Si sta occupando della costruzione della brand identity: una carta dei vini differenziante, diciamo “caratterizzante” del suo ristorante. Una rete di produttori più o meno grandi, che non hanno nemmeno un’e-commerce (degustazioni con “Vinoway” e con la sua ragazza che è anche lei sommelier) e che, per la quasi totalità, non sono presenti nemmeno su altri store.
Il vino è un bene di consumo da condividere con altri/e. Non un piacere solitario.
Per questo, è una condizione per crearsi uno stato di grazia e il piacer sta nel condividerlo con altre persone
Qual è stato il primo vino assaggiato?
Il primo vino assaggiato, a 12 anni, è stato il Montepulciano d’Abruzzo.
Il primo calice che ha fatto per lui la differenza, invece, è stato un Pinot Nero Franzas (base). Questo rimane il suo vitigno preferito.
Vitigno elegante, suadente, non aggressivo, colore poco intenso: lo ama, anche se non rispecchia la sua personalità, che è più aggressiva, più simile a quella a un Brunello. Un po’ “scorbutico”.
Ma quali sono le prospettive per il futuro?
Marco Carapacchi si vede come manager di altri ristoranti che ha in animo di aprire, sempre dentro Vinoway. “Una grande fusione di cuore e di menti; una famiglia” la definizione.
Oggi, Marco fa parte dell’Associazione Italiana Sommelier (AIS), delegazione di Rieti.
È un grande amico del delegato dell’AIS, Roberto Peron, del Presidente di Vinoway, Davide Gangi, nonché di Alessandro Ren, vicepresidente, sempre di Vinoway.
“Vinoway” è una azienda che crede fermamente nelle nuove generazioni e in chi vuole crescere nel mondo del vino. Fa comunicazione, crede nelle cantine giovani, valorizza i comparti del vino e della gastronomia in maniera innovativa e diversa.
E poi c’è lApp. VinoPlay, con tutte le live organizzate, ossia la App di Vinoway Wine selection, creata da Vincenzo Russo, un esperto di neuromarketing.
La “gavetta” di Marco è stata lunga ed è iniziata con suo padre.
Poi con l’AIS.
Anche se l’opinione di Marco verso l’AIS non è tenera: l’Associazione Italiana Sommelier è una struttura rigida che, dice Marco, “non ti lascia crescere. Ha una nomenclatura obsoleta. Chi è diventato sommelier tre anni fa, non può fare un percorso di formazione ulteriore, perché l’AIS ha cambiato il proprio Statuto.
Insomma, ogni cosa, anche un’associazione, ha bisogno di rinnovamento e di dare voce e spazio ai/alle propri/e allievi/e e diplomati/e.