Massimo Porcelli. Uno sguardo diverso

Tutto ha avuto inizio Parigi d è quindi naturale che la collezione Solitaire Papier sia un omaggio sentito e commosso alla capitale francese, lì dove 25 anni fa è nata la carriera di Massimo Porcelli. Con la Pentax del padre si mise in caccia di angoli suggestivi e di storie di vita vissuta da raccontare, tra i tanti scatti che ne conseguirono, uno in particolare lo colpì, quello di une norme statua, che ritraeva un uomo disteso a Beaubourg. Fu enorme lo stupore di scoprire che, anni prima, il padre in cerca delle stesse emozioni, aveva immortalato la stessa statua; la foto, però, aveva qualcosa di più: sotto di essa era sdraiato un uomo in carne e ossa, che sembrava essere stato messo là a bella posta ma invece restituiva una meravigliosa sensazione di realtà. Quella foto fu galeotta per Massimo e fece scoccare la scintilla per la fotografia. Decise immediatamente di voler raccontare le sue emozioni attraverso le immagini e, innamorato della terra dove abitava, Asolo, iniziò ad immortalare tutto quello che poteva raccontare la sua interiorità. Così si è specializzato in fotografia di paesaggi, poi in reportage naturalistici e oggi i suoi scatti sono quasi tutti in stile street photography. Moltissimi i premi e i riconoscimenti ottenuti da Massimo a partire alle illustrazioni per un importante istituto bancario, alla pubblicazione nel libro Treviso, i luoghi del colore, edito da Biblos, tali immagini sono state utilizzate anche nel volume Viaggio nelle Venezie. Porcelli ha inoltre inaugurato la mostra John Gowdy a Castelfranco Veneto e, nell’agosto 2017, è stata inaugurata la mostra Solitaire Papier a Fanzolo di Vedelago, poi ospitata alla Biennale Bassano Fotografi nel settembre del 2017. Da otto anni si impegna a trasmettere le proprie conoscenze, attraverso incontri informali che si tengono nella taverna di casa sua e con workshop fotografici in giro per l’Italia. Negli ultimi tempi, oltre alla mostra già citata, è impegnato nella messa a punto di Storie Svelate, che si terrà a Venezia, in Campo del Ghetto. La sua idea di “vita da artista” è molto simile a quella del calabrese Mimmo Rotella, che negli anni Cinquanta e Sessanta, si aggirava per le strade della capitale in cerca di manifesti cinematografici da poter staccare e portare nel suo studio, dove applica la tecnica del décollage, da lui stesso inventata. Massimo si limita a fotografare manifesti simili, non volendo intervenire in prima persona e suscitando, spesso, la curiosità e lo stupore dei passanti.

Il suo è un divertimento irrinunciabile, alla ricerca dell’angolo di strada che, una volta voltato, svelerà il manifesto perfetto, quello su cui la pioggia e qualche atto vandalico hanno impresso qualcosa di magico e irripetibile, spesso si perde, a volte torna sui propri passi, ma questa è la follia della sua fotografia oggi. Il viaggio non consiste nello scoprire qualcosa di nuovo ma nel vederlo da una prospettiva diversa, come sosteneva Proust, questo è ciò che insegna Massimo ai suoi allievi, mettendoli in guardia dalla “bestia” che può diventare la fotografia, quando si trasforma in una passione assoluta e in un mezzo irrinunciabile per guardare la realtà. Ultimo progetto, una sorta di sogno nel cassetto, è una visuale nuova di Venezia, lontana dai luoghi turistici e maggiormente frequentati, che potesse portare, in futuro, ad una nuova esposizione. Con tali premesse, noi di Eventi pensiamo proprio che tutto sia possibile allo sguardo diverso di Massimo Porcelli e del suo obiettivo.

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Grand hotel Savoy

Box informazioni:

massimoporcelli@tempilenti.com

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