MISSIONE MARS – 60 ANNI DI RICERCA E INNOVAZIONE

L’esplorazione di Marte, comunemente definita alla sede della NASA con il nome di “Mars”, rappresenta la missione spaziale di maggiore spessore per ogni ente aerospaziale al mondo, in particolare per USA, Russia, Europa, Cina e India. Le prime osservazioni del suolo tramite i rover Lander, destinati a fotografare e raccogliere materiale, registrano sin dal maggio del 1971 ogni tipologia di minerali e elementi chimici presenti sul pianeta rosso. Le analisi sono relativamente recenti ma è sin dal 1960, 9 anni prima della missione Apollo 11, che si tenta di inviare e raggruppare il maggior numero di satelliti radio nell’orbita di Marte, denominati poi “satelliti Orbiter”. Gran parte delle missioni sono fallite durante il lancio o poco dopo il superamento dell’atmosfera terrestre, a causa di guasti, questo però ha permesso di applicare numerosi miglioramenti che ad oggi ci permettono di ricevere continue informazioni sulle variazioni della superficie marziana.

Dopo essere stata in grado di assicurarsi un proseguimento nelle ricerche, la NASA progetta dal 2014 strutture adeguate, mezzi di spostamento e sistemi di atterraggio per l’equipaggio, che tra il 2026 e il 2037 raggiungeranno per la prima volta il suolo di Marte. Il famosissimo modello di Mars Rover del 2017 è solo il primo degli strumenti che si potranno utilizzare per le prossime missioni spaziali; sono stati progettati dei paracadute appositamente adattati all’atmosfera di Marte, al fine di migliorare la stabilizzazione dei componenti durante l’atterraggio, evitando danni indesiderati.

Per l’elaborazione del progetto della struttura abitativa che sarà utilizzata, sono sorte diverse tipologie di applicazione delle tecnologie attuali, da una struttura assemblabile fino all’utilizzo di una stampante 3D in grado di realizzare edifici. Prima di tutto ciò sono avvenuti infiniti studi sull’origine del pianeta e della sua conformazione attuale. Il clima, la presenza di mari sotterranei e le risorse naturali, hanno permesso un’analisi approfondita sulla situazione di Marte milioni, o miliardi di anni orsono. Si è stabilito che il suo colore rossastro, i crateri e la sua atmosfera siano relativamente recenti, difatti sembra che non ci fossero così tante differenze tra la Terra di adesso e il pianeta Marte passato, ovviamente ciò che ha portato a un tale cambiamento è la distanza dal Sole, la posizione e il suo moto di rotazione. Dal punto di vista chimico invece le differenze non solo così importanti come potrebbe sembrare, la sua struttura rocciosa è rimasta uguale al passato e i minerali presenti nel terreno rispecchiano quelle di un pianeta che ha subito mutamenti continui.

Le future missioni che interessano Marte, comprese quelle con equipaggio, sono state ideate dalla NASA come missioni di lunga durata, non solo per il tempo necessario a mandare nuove risorse sul pianeta ma anche per massimizzare le ricerche, evitando lanci non utili al completamento della missione. Il progetto Vega, che vede interessata anche l’ente aerospaziale italiano è attualmente avviato, il suo scopo è la realizzazione di navicelle dalla struttura contenuta ma in grado di effettuare più consegne contemporaneamente o di rilasciarle in orbita in successione; di norma circa un lancio su venti non va a buon fine, questo è stato il caso della missione VV15. I primi quattordici lanci del progetto Vega hanno completato la missione mentre quello lanciato tra il 10 e l’11 luglio, che aveva come scopo quello di schierare il satellite FalconEye1 in orbita; a causa di qualche errore derivante dalle istruzioni iniziali non è stato in grado di completare il compito. In compenso lo sviluppo di questa nuova tipologia di razzi di dimensione ridotta sta procedendo bene e dovrebbe concludersi nei tempi previsti, permettendo così l’avvio di nuove missioni tra cui la seconda parte di ExoMars con il lander Kazačok ed il rover Rosalind Franklin nel 2022 e la seconda missione indiana, Mars Orbiter Mission 2 sempre nello stesso anno.

A causa della distanza tra Terra e Marte, la missione Mars sarà più rischiosa e più costosa di quelle che portarono l’uomo sulla Luna. Dovranno essere preparate scorte per un viaggio di diversi anni e il veicolo spaziale dovrà essere protetto per tutto questo tempo dalle condizioni climatiche del pianeta. Una proposta avanzata da Robert Zubrin, ingegnere aerospaziale, viene ritenuta da molti il piano più sicuro e applicabile per portare l’uomo su Marte. L’idea consiste in un trasferimento diretto, dalla durata di sei mesi, degli astronauti dalla Terra a Marte, senza lo scalo sulla Luna previsto in altre proposte. Una volta giunti su Marte, gli astronauti dovrebbero rimanervi per circa diciotto mesi, in attesa dell’apertura di una nuova finestra di lancio verso la Terra. Il costo della missione è stato stimato a circa 50 miliardi di dollari, dieci volte inferiore rispetto ai 500 miliardi di dollari preventivati negli anni ottanta quando il presidente Ronald Reagan fece stilare un preventivo per un’impresa

analoga. La missione allora elaborata prevedeva la costruzione di una base umana permanente sulla Luna che potesse dare modo a una navetta, che per le dimensioni necessitava di essere assemblata in orbita, di fare scalo per rifornirsi del carburante necessario per il viaggio di andata e di ritorno dal pianeta rosso, un’impresa per il tempo ritenuta estremamente complessa e rischiosa.

Alla luce delle future missioni, la Stazione Spaziale applica delle ricerche necessarie a stabilire la resistenza e la salute di un individuo a contatto, nel lungo periodo, con un’atmosfera differente a quella di vita. Inoltre la ISS permette di testare in modo relativamente economico i sistemi che faranno parte dei futuri veicoli spaziali e di acquisire esperienza nella loro manutenzione.

La Stazione Spaziale Internazionale ha inoltre rappresentato un importante banco di prova su cui testare la collaborazione tra le principali agenzie spaziali per il raggiungimento di un obiettivo comune. L’esperienza maturata in tal senso avrà una sua applicazione anche in un’eventuale missione di esplorazione su Marte, per il cui successo necessita di uno sforzo multinazionale. In particolare ne hanno sottolineato l’esigenza – sia direttore della NASA Charles Bolden -sia Jean-Jacques Dordain, il direttore generale dell’ESA, che nel 2010 ha dichiarato che la sua agenzia è pronta a proporre agli altri partner l’aggiunta delle agenzie della Cina, dell’India e della Corea del Sud al progetto.

Non è solo la Stazione Spaziale Internazionale a prepararsi a una futura colonizzazione del pianeta rosso, anche SpaceX, importante azienda statunitense nell’ambito dell’esplorazione spaziale, sta già sviluppando il progetto della nave – nome in codice (un po’ scontato) “Starship” – che porterà il suo primo equipaggio suo suolo di Marte; attualmente il suo progetto prevede un possibile carico di 100 tonnellate, necessarie per la nuova tipologia di missioni, e un atterraggio sia con aerofrenata che propulsivo. Avvicinandoci maggiormente ai giorni nostri, la missione Mars 2020/2021 in pieno svolgimento in questo periodo, ha avuto fino ad ora esiti positivi con obbiettivo primario quello di verificare una possibile abitabilità di Marte, cercando anche eventuali forme di vita biologica e campioni geologici. La missione prevede oltre l’attività del Rover e del suo drone, abilitati a “passeggiate” su diverse distanze, anche l’utilizzo di due sonde attualmente in orbita attorno al pianeta e dell’Orbiter MAVEN, arrivato sul pianeta già nel settembre del 2016. Gli obbiettivi secondari consistono nel determinare se la vita su Marte sia effettivamente esistita e analizzare le variazioni del clima del pianeta. La missione avrà un costo finale di 2,1 miliardi di dollari con una conclusione prevista nei prossimi anni.

Nonostante manchino ancora diversi anni a un ipotetico primo viaggio sul pianeta rosso, un gruppo di ricercatori sta già lavorando alla progettazione di una sonda dalle aspettative incredibili, al suo interno conterrebbe una fotocamera simile a quella dei satelliti di ultima generazione e un sistema di comunicazione radio, il tutto all’interno di pochissimi grammi di peso, questa piccola sonda sarà “trainata” da un’enorme vela. La Vela Solare della sonda giapponese IKAROS del 2010, che necessitava delle onde solari per essere spinta nello spazio, è colei su cui si sono ispirati gli ingegneri della NASA. L’obbiettivo di questa sonda è il raggiungimento di Venere con una vela da 20m di diagonale, nel successo della missione la sua evoluzione avrà a disposizione una vela della diagonale di 50m per il raggiungimento di Giove e dei suoi satelliti. La nuova sonda prevede l’utilizzo di una vela ancora in fase di sperimentazione chiamata “Beam Rider”, quest’ultima sfrutta dei reticoli di diffrazione, quindi una tecnologia applicata già da diversi anni, che consentono anche a un piccolo laser di imprimere alla vela un’enorme spinta, percorrendo così grandi distanze in minor tempo, rispetto alle altre vele attualmente utilizzate in questo tipo di esplorazioni. Già dall’inizio dello scorso secolo la specie umana è riuscita a compiere scoperte scientifiche straordinarie; in soli 60 anni per esempio, si è passati dall’invenzione degli aeroplani a sistemi in grado di portare esseri ujmani su altri corpi celesti. Che l’umanità sarà in grado di fare altri passi avanti in così pochi anni è un dato di fatto. Come ogni pilota ha fatto da bambino, bisogna ricordarsi di puntare al cielo!

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares