Il colore come quinto elemento primario della creazione, come mezzo che libera le emozioni attraverso l’impressione su tela, come interlocutore diretto dell’anima – attraverso la costituzione di forme e sfumature – per distaccarla dal pensiero in bianco e nero. L’arte di Momy, pseudonimo di Stefania Comaschi, parte da qui.
E, se il colore è come, il cosa è rappresentato dalle particolari energie che ogni esperienza – specialmente positiva – porta con sé: «La pittura mi permette di esprimere in totale libertà le sensazioni evocate da alcuni particolari momenti della vita, legati non solo alla mia visione del mondo, alla natura con le sue infinite variazioni o all’incontro di anime affini, ma anche alla capacità di percepire la specifica vibrazione che differenzia ogni cosa. In questo modo la rappresentazione di ogni luogo, persona o emozione avrà come esito pittorico una determinata associazione di colori e forme che si intrecciano sulla tela».
La sensazione di benessere legata alla visione di un paesaggio, l’ascolto di un brano musicale particolarmente toccante, quel brivido di piacevolezza che rimane sulla pelle dopo un dialogo con una persona speciale. Ad essere raffigurato nei lavori di Momy non sarà il didascalico evento, ma il suo effetto, per provare a restituire anche a chi guarda il quadro lo stesso stato d’animo, la medesima reazione emotiva. Perché la vita non è fatta solo di quello che possiamo toccare o percepire in maniera palpabile, ma ci chiede di essere completata e riletta alla luce della nostra sfera emozionale, delle nostre sensazioni immateriali, che non sempre possiamo tenere sotto controllo.
Comaschi trae ispirazione dalla tradizione astratta, ma rielabora la tela con la sua cifra stilistica, riempiendo ogni lavoro di una speciale carica energetica che ormai corrisponde alla sua firma, ad una precisa identificazione delle sue opere che, pur essendo generate da vissuti e sentimenti individuali, si avvalgono di simboli e codici espressivi capaci di esprimere il messaggio sotteso in maniera diffusa e generale. Come i cerchi, origini delle magiche energie vitali, o le spirali, turbini emozionali infiniti. Perché in fondo è ciò che l’arte deve fare: comunicare, dialogare con il suo fruitore.
Ed è proprio sul dialogo con la tela che Momy basa gran parte del suo lavoro. La ruvida superficie che si trova davanti quando inizia un nuovo percorso è bianca, ma mai neutra. La chiama, la sfida, la infastidisce, la provoca, qualche volta la allontana. E così l’artista si mette alla prova, si interroga, sperimenta, perché deve accontentare due entità: se stessa e la tela. Il risultato finale sembra quasi il frutto di un gioco di squadra, un punto di incontro tra le esigenze espressive della mano che dipinge e le volontà di quella superficie che, come una modella avvolta in una vestaglia, non aspetta altro che essere vestita da uno stilista nel modo più adeguato per un evento, ma con le dovute accortezze che le sono necessarie: l’abito va fatto su misura, non deve impacciare i movimenti, deve valorizzarla.
Momy ha collaborato con numerose realtà in tutta Italia, entrando a far parte di molte collezioni private e venendo scelta in occasione di meeting e convegni di rilievo nazionale, happening e inaugurazioni di spazi e laboratori creativi (come, nel 2016, per accompagnare l’intervento dell’autore Erik Wahl in occasione del Word Business Forum). Il suo prossimo impegno la porterà, dal 24 al 26 maggio, ad essere una delle protagoniste della collettiva “I love Italy” in programma a Parigi alla fiera d’arte “Art Shopping”, grazie all’organizzazione dell’associazione Kouros di Lucca, in collaborazione con Francesca Callipari, art curator, storica e critica d’arte. L’obiettivo è quello di valorizzare gli artisti emergenti più attivi sul territorio italiano e, ne siamo certi, da questi incontri parigini carichi di bellezza ed energia, nel cuore, nella mente e nella mano di Momy non potranno che nascere nuovi spunti per altre meravigliose opere d’arte.