Eccezionale scoperta nei Musei Vaticani durante il restauro di una delle stanze di Raffaello, sono venuti alla luce due dipinti di donne raffiguranti l’allegoria della “Giustizia e dell’Amicizia” realizzate dall’artista nel 1520. In tempo di Covid-19, anche una notizia di grande importanza come questa è passata in secondo piano. Eppure, l’attribuzione alla mano di Raffaello delle due allegorie, dipinte tra gli affreschi del Salone di Costantino in Vaticano, rappresenta forse l’omaggio ideale alla celebrazione dei 500 anni dalla morte dell’Urbinate. Proprio in relazione alla celebrazione di questo importante anniversario, i Musei Vaticani avevano organizzato una serie di prestigiosi eventi come la storica esposizione degli Arazzi e la convocazione di un Convegno Internazionale dove rivelare al mondo questa sensazionale scoperta, avvenuta grazie all’imponente restauro iniziato nel 2015. Purtroppo, l’emergenza sanitaria ha impedito lo svolgimento del simposio ma grazie alla riapertura dei Musei Vaticani, il grande pubblico potrà ammirare le ultime geniali rappresentazioni dell’artista. I restauri alla Sala di Costantino che in parte si concluderanno nel 2022, con un costo che si aggirerà intorno ai 2,7 milioni di euro, lasciano trapelare l’inconfondibile tocco di Raffaello e li pongono nell’ultimo periodo dell’artista. La possibilità che Raffaello fosse l’autore della Giustizia e dell’Amicizia si era avanzata già qualche tempo fa, dopo l’inizio dei lavori di restauro degli affreschi nelle Sale Vaticane, ma oggi la conferma dell’attribuzione prorompe come un vero e proprio raggio di luce in un anno drammatico, che si prevedeva avrebbe rilanciato e rinverdito la fama già di per sé eccezionale del “Divin Pittore” con la grande esposizione delle Scuderie del Quirinale, interdetta per noti motivi, come tutte le iniziative museali e che è ripresa in modo limitato il 2 giugno. E’ ben noto agli studiosi come Raffaello ottenne, al culmine della sua carriera, sul finire del 1518 da Papa leone X Medici la commissione di dipingere l’Aula Pontificorum Superior vale a dire la più grande Sala di rappresentanza del Papa, al II piano del Palazzo Apostolico, destinata a ricevere le più alte autorità; è altrettanto noto come per l’origine dei lavori, iniziati nel 1508, che porteranno il grande Urbinate a realizzare le ben note Stanze Vaticane, ci fu il rifiuto, da parte dell’allora Pontefice Giulio II della Rovere, di stabilirsi negli appartamenti appartenuti a Alessandro VI Borgia, suo predecessore nonché suo nemico giurato. Ed è proprio accanto all’appartamento di Giulio II è situata l’Aula Pontificorum Superior, meglio nota come il Salone di Costantino, perché in effetti l’artista aveva pensato di realizzare una serie di opere a muro che dovevano testimoniare il percorso storico della vita dell’Imperatore che apre al Cristianesimo (Editto di Costantino 313 d. c.). L’idea era infatti quella di istoriare su ciascuna delle quattro pareti, simulando finti Arazzi, episodi salienti della vita di Costantino, come la Visione della Croce (o Adlocutio) e con la Vittoria su Massenzio (la ben nota Battaglia di Ponte Milvio), proseguendo con il Battesimo di Costantino per finire con la Donazione di Roma: si voleva dare forma artistica all’idea della trasmissione della Auctoritas della Roma classica alla Roma cristiana. La Sala era destinata a banchetti, ricevimenti di Ambasciatori e Autorità politiche: la IV e più grande delle stanze dell’appartamento di rappresentanza al II piano del Palazzo Apostolico. Imponenti le dimensioni: 18 metri di lunghezza x 12 di larghezza, su un altezza di circa 13. La prematura morte sopraggiunta all’età di 37 anni, dopo lunghi giorni di malattia, il 6 aprile 1520, non consentirono al Maestro di tradurre in pittura il dettagliato programma iconografico che aveva messo a punto, come documentano i numerosi disegni giunti fino ai nostri giorni. La decorazione venne infatti portata a compimento ad affresco da Giulio Romano, Giovan Francesco Penni e altri collaboratori di bottega. Incessantemente teso alla sperimentazione, Raffaello reduce dei successi delle Stanze della Segnatura, di Eliodoro e dell’Incendio di Borgo, aveva deciso di utilizzare la pittura ad olio, tipica tecnica usata sulle tele e sulle tavole. Quindi un “olio su muro” in cui a uno strato di colofonia (una resina naturale) applicata a caldo, è stato steso un sottile strato di preparazione bianca, che rappresenta il supporto del dipinto, come se fosse una tela o una tavola. Il primo ad accennare alle due figure femminili, le allegorie della Iustitia e della Comitas (Giustizia e Amicizia), è Giorgio Vasari. Sempre secondo le varie fonti, dopo la morte di Raffaello, i suoi allievi, non riuscendo ad eguagliare con successo le sue ardite sperimentazioni, decisero di optare per una tecnica meno complicata, affidandosi a quella tipica dell’affresco e nello smantellare la parete per applicare un nuovo intonaco, salvarono solo i due dipinti, il cui splendore cromatico eguaglia capolavori eccelsi come la “Fornarina”. In realtà, la loro raffinatezza tecnica, che si distingue per la cangiante bellezza anche all’occhio del non addetto ai lavori rispetto al resto della composizione, aveva già convinto numerosi critici d’arte che si trattasse del tocco inconfondibile del Divin Pittore, nonostante alcuni interventi di restauro nel corso dei secoli non proprio compatibili alla pittura originale (ricordati anche da Stendhal nelle “Passeggiate Romane”). Il lungo e complesso lavoro, grazie al sostegno dei Patrons of the Arts in the Vatican Museums, eseguito dai tecnici del Laboratorio Restauro guidato da Francesca Persegati, coordinati da Fabio Piacentini, sotto la direzione scientifica di Guido Cornini, ha consentito di far emergere nitidamente i colori straordinari dell’intero ciclo pittorico che inaugurò la stagione del Manierismo Raffaellesco. Le ”Collezioni del Papa” con le due Virtù sono finalmente riaperte e apprezzate dal vivo insieme a tutto l’ineguagliabile patrimonio dei Musei Vaticani garantendo la massima sicurezza. Infatti nonostante la drammatica situazione causata dal Coronavirus, le celebrazioni dedicate al Genio di Raffaello, in occasione dei 500 anni dalla sua morte, seppur tra mille difficoltà, resistono in qualche modo a questo surreale 2020. Dal 1 giugno infatti, i Musei Vaticani accolgono di nuovo i visitatori che potranno così ammirare le due splendide allegorie di Raffaello tornate alla loro autentica bellezza.
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di
Arch. Raffaella Ciofani
7 Giugno 2020