IL NUOVO MUSEO, SPAZIO CULTURALE DI ROMA FRA MOSTRE E ARCHEOLOGIA: “LA VACCHERIA”.

L’8 settembre, giornata della cultura del IX Municipio, sulla scia dell’Unesco, è stata inaugurata la Vaccheria, un nuovo museo che mira a divenire un punto di riferimento peri numerosissimi romani e turisti nella Capitale.

Durante la presentazione del nuovo spazio di Roma Capitale, ubicato nel paesaggio urbano contemporaneo dell’Eur, e della mostra “Flesh: Warhol & The Cow. Le opere di Andy Warhol alla Vaccheria”, hanno partecipato il sindaco Roberto Gualtieri, l’assessore all’urbanistica, Maurizio Veloccia, l’assessore alla Cultura Miguel Gotor e la presidente del Municipio Roma IX, Titti Di Salvo.

Il Museo, posto all’interno del programma urbanistico Eur-Castellaccio, è un casale storico, uno spazio con una ampiezza totale di quasi 1800 metri quadrati, ristrutturato per mezzo del Programma Urbanistico Eur-Castellaccio e al conseguente accordo di programma, come compensazione di due rilevanti superfici sotto il profilo ambientale, naturalistico e archeologico: il Pratone delle Valli e il Parco Volusia.

Oltre a ciò, come ha dichiarato l’assessore all’urbanistica di Roma Capitale, Maurizio Veloccia, nei seguenti mesi vi saranno altre aperture sempre nella medesima zona, con il Parco Castellaccio, oltre 170000 metri quadrati attrezzati con percorso fitness, area gioco bimbi, parco di calcio a cinque, percorsi di aree e sosta. Mentre in giugno, in via Ribotta, è stato già inaugurato un nuovo business center per aziende e liberi professionisti.

“Quella di oggi (giovedì 8 settembre, ndr) è una giornata molto importante per l’Eur e per tutta Roma”, ha dichiarato nel corso dell’inaugurazione il sindaco Roberto Gualtieri. ”Il recupero della Vaccheria, frutto del bel lavoro di squadra, consegna alla città uno straordinario spazio culturale che ospiterà i progetti di grande valore. Questo intervento di recupero darà un grande impulso alla valorizzazione dell’intero quadrante ed è un tassello rilevante della strategia che realizzeremo in tutta la Capitale: restituire ai cittadini quartieri sempre più inclusivi e vivi, con servizi di prossimità diffusi ed efficienti, e riqualificare spazi con il pieno coinvolgimento dei municipi per creare luoghi di aggregazione, socialità e cultura”.

La Vaccheria è uno spazio coinvolgente e stimolante con più di 1500 metri quadrati. Vicinissimo dal Piano museale dell’Eur, dalla Nuvola di Massimiliano Fuksas e di fronte alla utopistica e poco nota piazza di via Ribotta, è circondata da significativi murales che arricchiscono il panorama metropolitano del progetto e-Urban.

Ripristinata già nel 2008, dopo la convenzione urbanistica Castellaccio, siglata dal comune e dal Gruppo Parnasi, è rimasta vuota per svariati anni, pronta ad ospitare i reperti archeologici scoperti nella zona, la mancata ristrutturazione ha infatti sempre arrestato il suo sviluppo conclusivo.

Dopo dieci anni, ed un investimento di oltre 3 milioni e 175000 euro, la Vaccheria nei suoi ampi e luminosi ambienti, apre al pubblico accogliendo numerosi reperti rinvenuti nell’area di scavo nell’area sud di Roma, insieme a cicli di esposizioni di arte contemporanea.

La Vaccheria è attualmente uno luogo caratterizzato da un corpo centrale, in precedenza occupato dalle stalle, di circa 1590 metri quadrati, con teche di vetro e spazi comuni con finalità di supporto come la sala conferenze, l’area ristoro e il bookshop, da un corpo esistente a due piani di circa 490 metri quadrati di superficie netta, 560 metri quadrati lordi adibiti a uffici e direzione, e da una struttura annessa con i laboratori ed i servizi di circa 260 metri quadrati netti, 280 lordi, oltre all’area tecnica di copertura.

Questo si è potuto realizzare in virtù di una eccezionale collaborazione istituzionale, dal gabinetto del sindaco, a Zetema all’assessorato capitolino alla cultura e all’urbanistica, alla Soprintendenza capitolina, al dipartimento programmazione e attuazione urbanistica, al dipartimento lavori pubblici.

Due le mostre presenti per il nuovo spazio culturale.

La prima è rivolta alle opere del genio della Pop Art Andy Warhol, dal titolo “Flesh: Warhol & The Cow”, mentre la seconda esposizione si chiama “Sacro o Profano…? Le rassegne ora sono visitabili, ad ingresso gratuito, fino al 30 settembre (9/13 dal martedì al venerdi, 15/19 il sabato e la domenica).

A cura di Giuliano Gasparotti e Francesco Mazzei, la mostra su Andy Warhol è caratterizzata da una selezione di composizioni che descrivono uno spaccato del lavoro dell’insigne Maestro.

Ottanta le opere e gli oggetti presenti, dalle Mucche ai Barattoli Campbell, da Liza Minelli a Marilyn Monroe, tra copertine di dischi e riviste. Il cuore dell’esposizione, naturalmente è “Cow”, prodotto dell’originale ed estrosa serie che ha per oggetto una mucca riproposta in svariate tonalità di colore.

La mostra è parte della Collezione Rosini Gutman, curata da Gianfranco Rosini.

“Le opere sono esposte come fossero busti o statue degli imperatori romani, al fine di sottolineare un parallelismo con le immagini divenute simulacro delle divinità moderne e contemporanee, ma senza mai trascurare quello sguardo crudo ed ironico che ha reso geniale il lascito artistico di Andy Warhol al mondo”, hanno asserito Giuliano Gasparotti e Francesco Mazzei.

La rassegna mette in risalto il significativo uso dei colori, accentuati da un allestimento luminoso che si ispira ai tubi neon, molto di moda in quel periodo, e che evidenzia la particolarità della sala espositiva, creata appunto dove in precedenza vi era una stalla.

La figura centrale del movimento della Pop Art americano è senza dubbio Andy Warhol, che ha costituito per il XX secolo, un’icona di assoluta rilevanza. Egli nasce a Pittsburg, in Pennsylvania, il 6 agosto 1928, ultimogenito di tre figli di Andrew Warhola e di Julia Justina Zavacka, ambedue modesti immigrati cecoslovacchi. Cresciuto fra povertà e privazioni a Pittsburg, evidenzia fin da bambino il suo legame profondo con gli Stati Uniti, la nazione che gli dette la possibilità di arrivare vittoriosamente al successo, alla notorietà, alla ricchezza, portandolo su un piano universale. La sua produzione artistica, infatti gli consentì di uscire dalla miseria e dall’anonimato in relazione alla triste e angosciosa infanzia e adolescenza. Warhol manifestò immediatamente il suo talento, e studiò arte pubblicitaria al Carnegie Institute of Technology, l’odierna Carnegie Mellon University di Pittsburg. Dopo la laurea, realizzata nel 1949, si trasferì a New York.

Pittore, scultore, fotografo, cineasta e produttore di gruppi musicali, cambiò l’idea stessa di artista, diventando imprenditore di se stesso. Timido con l’assillo di essere brutto, Andy Warhol era munito di un’abilità comunicativa non comune e di una grande abilità di osservazione, tutte capacità che gli consentirono di tramutare la propria esistenza e realizzare un’immagine di divo prima che di artista.

New York gli concesse subito svariate possibilità di affermazione nel mondo pubblicitario, collaborando con giornali come Vogue e Glamour. Per il padre della Pop Art, la fortuna della critica e del mercato, essendo uno degli artisti più quotati del Novecento, aumenta costantemente avvalorando la forza del suo genio creativo, in grado di lasciare un segno indimenticabile su un’epoca intera.

La sua carriera nel mondo dell’arte comincia soltanto intorno al 1960, quando inizia i primi lavori ispirati ai fumetti e alle immagini pubblicitarie. Quando, nel 1962, utilizza la tecnica serigrafica su tela, porta alle

estreme conseguenze il concetto dell’illimitata riproducibilità dell’opera d’arte e, perciò, dell’antistile. La serialità, infatti, per cui rappresentò oggetti e persone che diventarono le icone della modo di vivere americano è la specificità del Maestro. Warhol si presentò di fronte al mondo come una macchina che registra in maniera fredda e impersonale la realtà intorno a lui, attraverso la tecnica serigrafica, la sola che gli concesse gli effetti dell’oggettività. Adoperò i sistemi meccanici, per ritrovare la meccanicità e la serialità del suo secolo.

Ma anche la fotografia, fu la base della pittura dell’artista, infatti la maggioranza delle sue composizioni ebbero origine esattamente da esse, alcune realizzate in modo diretto, altre estrapolate dai giornali e poi rielaborate. Ancora, altre foto restarono come tali e furono una sorta di dimostrazione della sua vita sociale, i suoi incontri con personaggi famosi e la quotidianità nei suoi moltissimi aspetti.

La sua attività artistica è contraddistinta da moltissime opere, che creava appunto in serie, con l’aiuto dell’impianto serigrafico. I suoi lavori più noti sono divenuti dei simboli: Marilyn Monroe, Mao Zedong, Che Guevara, Michael Jackson, Elvis Presley, Elizabeth Taylor, Brigitte Bardot, Marlon Brando, Liza Minnelli e molti altri da ricordare. La ripetizione era il suo metodo di successo, su enormi tele riproduceva tantissime volte la stessa immagine, alterandone i colori, primariamente forti e vivaci, utilizzando immagini pubblicitarie di famosi e importanti marchi commerciali, ricordiamo le sue note bottiglie di Coca Cola o zuppe inscatolate. La sua arte si serviva degli scaffali di un supermercato all’interno di un museo o di una mostra, era una provocazione abbastanza esplicita; secondo lui infatti, la creazione doveva essere consumata come un qualsiasi prodotto commerciale. La prima serie di Campbell’s soup è del 1962: l’istallazione è formata da 32 quadri uguali e dalle identiche dimensioni.

In seguito, rivisitò anche le eccelse opere dell’antichità, come l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci o capolavori di Paolo Uccello e Piero della Francesca.

Il Maestro ha favorito e sperimentato anche altre forme di comunicazione come il cinema e la musica; ha ancora realizzato lungometraggi e film e sostenuto alcuni gruppi musicali, e cioè ad esempio i Velvet Underground con Lou Reed. Il pensiero commerciale di Warhol si diffondeva in ogni campo, Blow Job, telecamera fissa per 35 minuti sul viso di un uomo che riceve una fellatio, e Lonesome Cowboys, sono alcuni esempi di film che rappresentano la cultura gay newyorkese di quell’età, censurata totalmente.

All’inizio degli anni Ottanta, l’artista americano iniziò a lavorare ad alcuni programmi televisivi, come Fashion, in cui una volta alla settimana con gli amici della Factory ma anche artisti emergenti e nuove rockstar, parlano per mezz’ora.

Il re del pop si spense il 22 febbraio 1985, all’età di 52 anni per alcune complicazioni che ebbe dopo un intervento di cistifellea. A New York fu celebrata una messa commemorativa, dopo i funerali, nella Cattedrale di Saint Patrick, in cui l’artista Yoko Ono tenne un discorso. Erano presenti oltre 2000 suoi ammiratori, desiderosi di salutare per l’ultima volta il genio della Pop Art che più di tutti era riuscito ad identificare e riprodurre, creando vera arte, gli idiomi dell’immaginario collettivo americano. La sua salma fu sepolta vicino a quella dei familiari, in un cimitero alla periferia sempre di Pittsburgh.

Dopo il suo decesso, la fama e la quotazione dei suoi lavori aumentarono fino a far risultare il Maestro il secondo artista più comprato e venduto al mondo dopo Picasso.

La mostra, intitolata a Andy Warhol è abbinata all’esposizione “Sacro e Profano…?”, che offre una selezione di composizioni realizzate da 16 artisti, professionisti e autodidatti, la cui produzione presenta un forte legame con il territorio e con la storia: Angela Caronna, Carlo Pantaleone, Fransisco Bertipaglia, Ilaria

Bagaglia, Ivana Ligas, Luisa Laurelli, Manuela Scopigno, Marco De Rossi, Marisa Muzi, Miki Therese Pedro, Roberto Barberis, Rossella De Rossi, Rossella Di Donato, Salvatore Desiderio, Vanessa D’amato e Yuliya Hramyka. Quest’ultima si evidenzia tra gli altri, poiché la sua tela è stata comprata durante le iniziative determinate dal Municipio IX, per l’accoglienza delle madri e bambini ucraini in fuga dalla guerra.

Lo spiega la Presidente del IX Municipio di Roma, Titti Di Salvo: “ Servono spazi dove, soprattutto i giovani artisti, possano proporre e produrre cultura come condizione della memoria, dell’identità, dello sviluppo del territorio, della città di prossimità. Perché la cultura è un diritto di prossimità”.

La Vaccheria, è uno spazio che andrà ad impreziosire l’offerta culturale di Roma Capitale e andrà a valorizzare le eccellenze del territorio e non solo, e che sarà il filo conduttore del rilancio culturale e turistico di tale ambiente.

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