PARABASI 1939: CINEMA HOLLYWOODIANO E ANTICA INNOVAZIONE

Nel 1939, una grande novità viene presentata nelle sale dei cinematografi: il regista del film “La règle du jeu” aveva infatti deciso di sfruttare nella sua totalità lo spazio scenico restaurando un espediente rimasto escluso dal cinema classico, ma che si era rivelato vitale per la commedia greca e latina. Si tratta del superamento della cosiddetta quarta parete, quella che sigilla e separa ciò che si svolge sul palco – o nella pellicola– da quanto avviene davanti ad esso, dal pubblico.

Nel teatro antico, il momento in cui gli attori si rivolgevano direttamente al pubblico, rompendo di fatto l’illusione scenica, era talmente caratteristico da avere un nome che lo contraddistingueva rispetto a tutti gli altri momenti, più o meno rigidamente riportati, della messa in scena: parabasi. Questa parola, che deriva dal greco παραβαίνω (parabàino), significa letteralmente “portare avanti”, intercettava una situazione del tutto assente in tragedia, ma inderogabile nelle commedie, nel corso delle quali stimolava nei presenti una riflessione critica su sé stessi, sulla propria città e sulla società tutta. Il motivo per il quale una tale soluzione scenica era incompatibile con la solennità tragica era la necessità di quest’ultima di mostrare la portata di grandi temi quali la religione, la legge, la vita, la morte, il dolore: non si trattava in quel contesto di mettere in dubbio le grandi verità dell’esistenza, ma di illustrarne gli abissi e i misteri per educare i cittadini e rassicurarli –o ammonirli– circa la costante presenza delle divinità e della Sorte nelle loro vite.

Alle parabasi veniva affidato il compito di sospendere il tempo scenico per crearne un altro, parallelo: il tempo della giocosa o dolceamara consapevolezza di sé, ma soprattutto dei propri limiti e di quelli del proprio tempo.

Un tale esercizio, tuttavia, nel contesto cinematografico sembrava aver perso significato e necessità: una supposizione quantomai ingenua, considerando la sua restaurazione nella pellicola di Renoir. Nel film “La règle du jeu”, infatti, si assiste a una scena nella quale il cuoco parla con qualcuno che dobbiamo immaginare essere situato accanto alla macchina da presa: lo si deduce dal fatto che egli non rivolge lo sguardo all’obiettivo ma lo tiene, mentre parla, appena decentrato rispetto ad esso.

La genialità del regista, che ha intuito le potenzialità del ripristinare un espediente del genere e di traslarlo dalla messa in scena delle commedie antiche al cinema moderno, si misura anche attraverso la fortuna che tale soluzione continua ad avere nella sceneggiatura: alcuni registi ne hanno fatto un vero e proprio tratto caratterizzante del loro stile, ad esempio Wes Anderson, che lo ha impiegato anche nel corso del film “The French dispatch”, datato 2021.

Un uso così antico è ancora oggi ricco di significato: forse, però, siamo noi a non essere cambiati quanto vorremmo.

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