Un libro in grado di cambiare la nostra visione del mondo e di come dovremmo guardare a noi stessi: “? – Il paradosso dell’ignoranza da Socrate a Google” di Antonio Sgobba.
L’assunto è che l’ignorante, il più delle volte, non sa di essere ignorante; questa realtà comprovata dagli studi psicologici, ha portato alla definizione dell’effetto Dunning Kruger: chi è poco esperto tende a non rendersi conto della sua mancanza di competenza; diventa, così, fondamentale una domanda: riesco a rendermi conto della mia ignoranza? Come posso essere sicuro di non sopravvalutare, drammaticamente, la mia competenza in un certo campo, su uno specifico argomento? Un filo sottile unisce questo dilemma all’assunto pirandelliano di “Uno nessuno e centomila”: riesco a comprendere chi sono davvero? Come il mio giudizio è influenzato erroneamente dal mio essere? Come viene percepito dagli altri?
Il vero problema diventa riuscire ad avere i mezzi per comprendere se e quanto siamo ignoranti e su cosa. L’unico mezzo per poter fare una valutazione efficace è il confronto con gli altri: solo aprirsi al mondo ci può portare in un territorio sicuro e stabile, uscendo dalla zona erronea del nostro giudizio su noi stessi
Questa cura sembra essere esattamente l’opposto dell’atteggiamento che caratterizza, ogni giorno, il confronto, soprattutto negli spazi social. Si tende ad argomentare su tutto; esprimere la propria opinione sembra essere l’imperativo e l’altro diventa un nemico da confutare, da battere e abbattere, tanto più se le sue argomentazioni sembrano efficaci: il confronto è diventato sfida. Qui diventa inevitabile un ponte ideale con “Pensieri lenti e veloci” di Khaneman e il riferimento ai bias cognitivi che vi sono così chiaramente illustrati.
Ma se l’ignorante non sa di essere ignorante, l’errata valutazione della propria competenza può essere anche in senso contrario: i migliori tendono a sottovalutarsi, a pensare che gli altri dispongano delle stesse conoscenze e agiscano in modo analogo, basandosi sulle stesse ipotesi.
All’origine della scoperta dell’effetto Dunning-Kruger c’è un fatto di cronaca che aveva colpito lo stesso Dunning: un rapinatore che, a volto scoperto, aveva fatto, nello stesso giorno, due colpi in due differenti banche; arrestato, non riusciva a capacitarsi di come avessero fatto a prenderlo avendo utilizzato, a sua detta, uno stratagemma infallibile per rendersi irriconoscibile: succo di limone sul volto. Un episodio così ameno è stata la molla scatenante per la formulazione della teoria: “La sua stupidità gli nascondeva la sua stessa stupidità”; ma si tratta di una condizione che, in modo decisamente meno drammatico dell’esempio del rapinatore, può caratterizzare la nostra vita quotidiana: nessuno è escluso.