Passeggiate romane: Trastevere e dintorni

Il quartiere più famoso della Roma antica e cuore del centro storico della città, sorge sulla riva destra del fiume Tevere, a sud della Città del Vaticano.

Il nome deriva dal latino trans Tiberim (oltre il Tevere). Ai tempi dell’origine di Roma la zona del Trastevere era sotto il dominio etrusco. Roma se ne impossessò per controllare il fiume da entrambi i lati. Allora Trastevere era collegato al resto della città da un semplice ponte di legno, il Ponte Sublicio. In età repubblicana, la fascia di terreno lungo il Tevere si popolò di mercanti, marinai e pescatori, e vi fu un’enorme affluenza di genti provenienti dall’Oriente.

Fu l’imperatore Augusto a inserire la zona di Trastevere nel territorio di Roma, ma solo con Aureliano, che ampliò la cinta muraria, le zone di Trastevere e Vaticano furono incluse a pieno titolo nella città.

Cominciamo il nostro percorso d’arte virtuale in compagnia della professoressa Capasso, da via della Lungara. Quest’asse viario collega piazza della Rovere a Porta Settimiana, una delle porte che si aprono nelle Mura aureliane. Pare che il nome della porta derivi dalla vicinanza con qualche monumento a Settimio Severo (imperatore dal 193 al 211 d.C.), forse non era una porta, ma un arco dell’acquedotto che portava l’acqua alle terme a lui intitolate o, forse, era l’ingresso agli Horti, i giardini, di proprietà di suo figlio Publio Settimio Geta. In tal caso risalirebbe ad almeno 60 anni prima dell’edificazione delle mura aureliane, che furono costruite tra il 270 e il 275 d.C. dall’imperatore Aureliano per difendere Roma dagli attacchi dei barbari. Via della Lungara, nota in passato come via Julia, al pari dell’omonima dall’altra parte del Tevere, assunse poi il nome attuale per la sua lunghezza in rettifilo. Incontriamo subito il carcere di Regina coeli, dislocato in un complesso edilizio risalente al 1654, quando era monastero delle Carmelitane Scalze, espropriato nel 1873 dal governo italiano, dopo l’annessione di Roma al Regno d’Italia, con la conseguente confisca dei beni ecclesiastici. Il nome del carcere deriva proprio dalla chiesa dedicata a S. Maria, Regina coeli, una volta compresa all’interno dell’antico convento ed ora andata distrutta. Le religiose furono costrette a trasferirsi presso l’attiguo convento delle Mantellate, ove rimasero fino al 1884, quando anche questo plesso fu adibito a carcere destinato alle donne, popolarmente noto come Le Mantellate, dal nome delle religiose Serve di Maria, che indossavano un lungo mantello nero. La chiesa annessa al convento di S. Maria della Visitazione è ancora conservata, sebbene non più officiante, dalla semplice facciata preceduta da una rampa di scale, ad una sola navata.

Le Mantellate so’ delle suore /a Roma so’ sortanto celle scure, / ‘na campana sona a tutte l’ore / ma Cristo nun ce sta drent’a ’ste mura” è una strofa di una delle canzoni della mala, scritta nel 1959 da Giorgio Strehler e Fiorenzo Carpi. Via della Lungara si trova a un livello di circa tre metri inferiore al piano stradale del Lungotevere della Farnesina, per questo motivo, per raggiungere il carcere, bisogna scendere da un livello superiore. Per entrare nell’edificio bisogna poi salire tre scalini: sono quelli che, secondo una tradizione, danno la patente di romano a chi li ha oltrepassati “A via de la Lungara ce sta ‘n gradino/chi nun salisce quelo nun è romano,/nun è romano e né trasteverino” Lasciamo a destra via delle Mantellate e incontriamo la Casa Internazionale delle Donne.

L’edificio sorge nel 1619 come Ospizio per donne penitenti, primo reclusorio carmelitano per laiche, sede dell’ordine delle Oblate della Penitenza, agli inizi dell’800, col trasferimento delle religiose, diventò un reclusorio per “bambine e adulte disoneste” affidato alla direzione di un Patronato di dame. Qui erano recluse donne per lo più giovanissime e povere, imputate di trasgressione dall’ortodossia cattolica, ma anche orfane, sorelle non sposate, mogli abbandonate, madri anziane, figlie disobbedienti, un nutrito gineceo di reiette.

Nel 1837 l’edificio seicentesco fu destinato a monastero di Nostra Signora della Carità del Buon Pastore, ordine specializzato in tutti i tipi di reclusione femminile e vi furono fatte innovazioni architettoniche importanti. Alle religiose venne affidato il nuovo carcere giudiziario, dove si scontavano ergastoli e lavori forzati, ma solo per sentenze che riguardavano la moralità e la fede. Vi entravano anche le bambine e le patriote. Fu uno dei reclusori femminili più popolati dello Stato della Chiesa e rimase per tutto l’Ottocento un contenitore di tutti i possibili disagi, emarginazioni, soprusi e violenze. Bambine, adolescenti e adulte, appena entrate, venivano sottoposte a visita ginecologica e, se incinte, venivano mandate ad altra sede. Spesso si registravano tentativi di fuga, richieste di aiuto con lancio di biglietti. Scontata la pena, le ex detenute spesso passavano dall’altra parte del cortile, dove le suore vivevano separate dalle detenute, e rimanevano nel monastero come guardiane o inservienti, impossibilitate ad un reinserimento nella vita civile.

Nel 1895 il Regno d’Italia chiuse il carcere giudiziario, spostato nella nuova sede di Regina Coeli. La Casa della Penitenza diventò Riformatorio Femminile per Minorenni e la direzione affidata sempre alle suore. È dunque, evidente l’indubbio significato simbolico della scelta che compirono i gruppi femministi di Via del Governo Vecchio. Il Centro Femminista Separatista (CFS) e l’Associazione Federativa Femminista, quando, nel 1983, chiesero e ottennero dalla giunta comunale l’assegnazione dell’immobile, allora in uno stato di profondo degrado, come luogo della cittadinanza femminile.

Solo dopo molti rinvii, però, il 29 marzo 1985 il comune di Roma assegnò le chiavi al Centro Femminista Separatista, associazione formalmente costituita da 12 gruppi di Via del Governo Vecchio. In realtà fu assegnata solo una parte dello stabile e successivamente (1987) la giunta capitolina deliberò l’assegnazione della parte restante ad altri Enti. Si aprì una nuova fase di scontro con occupazione degli spazi, ingiunzioni di sgombero, fino al 2001, quando la giunta comunale presieduta dal sindaco Veltroni consegnò le chiavi di tutto il complesso alla Casa Internazionale delle Donne.

Le iniziative culturali e politiche promosse dalla Casa delle donne sono tante, ma vertono essenzialmente sul tema della sessualità, e della violenza sessuale.

La Casa delle Donne è un luogo d’incontro e di pensiero di dimensione internazionale, conta unicamente sull’autofinanziamento, e non ha fini di lucro. All’interno del complesso sono presenti una bottega che promuove l’artigianato delle donne e i prodotti equo-solidali, una libreria, una caffetteria, un centro congressi intitolato a Carla Lonzi (scrittrice, critica d’arte e femminista che sottoscrisse il Manifesto di Rivolta femminile nel 1970), l’archivio storico del movimento delle donne e una biblioteca. Vengono organizzati corsi di formazione, spettacoli, mostre, seminari e presentazioni di libri. Sono attivi un centro di consulenza psicologica, di consulenza legale e un centro per la salute della donna. La Foresteria e il Ristorante sono direttamente gestiti dal Consorzio della Casa.

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