“Meditate gente, meditate”, ricordate il tormentone di Renzo Arbore di…opps…un bel po’ di anni fa?
Ma quando si dice “meditate” quanto tempo serve per fare meditazione?
Un’ora? Due ore? Di più?
Secondo il libro di Patrizio Patti, un minuto.
Infatti il libro si chiama “One Minute Meditation”.
Così poco?
Dipende dal “successo” con il quale facciamo meditazione, ossia, dalla nostra capacità di rilassarci e di entrare in sintonia con noi stesse/i.
Abbiamo 40.000 neuroni cardiaci che quando riescono ad entrare in risonanza con quelli cerebrali, ci permettono di essere più intelligenti, risolvendo la questione degli stimoli dell’amigdala.
Quando questa dimensione si verifica, l’amigdala viene calmierata, come quando sul mercato azionario un titolo viene fermato per eccesso di rialzo. È necessario insegnare l’urgenza di imparare a ragionare in modo distaccato dalla reazione cognitiva ed emotiva. Comprendere le emozioni è la strada per realizzare i nostri sogni.
Capire le nostre emozioni è fondamentale, dice Patrizio Patti.
La nostra mente è sottoposta a molti condizionamenti e convinzioni limitanti. Paure, credenze, superstizioni che ci portano a reagire alla vita, anziché ad agire. Abbiamo pertanto bisogno di liberarci di queste false certezze, da questi automatismi o “scorciatoie cognitive” che inneschiamo come “piloti automatici”. Il segreto sta nel prendere le distanze dalle reazioni immediate e automatiche e a centrarsi e mettere a fuoco la realtà. Passiamo così dall’elenco dei doveri a quello delle opportunità, dal devo, al voglio, al posso.
Le parole “magiche” per essere protagoniste/i della propria realtà e non essere travolte/i, in forma reattiva sono: sento, voglio, posso, quindi sono.
Tutti e tutte abbiamo delle convinzioni limitanti e questo abbassa l’autostima, ci chiude in un angolo e finiamo per “subire” la vita anziché viverla.
“Quando passo dal devo, al voglio, al posso, mi do il permesso di indagare le emozioni più profondo, divento il frutto del mio percorso e della mia rielaborazione autonoma e personale” chiarisce Patrizio Paoletti.
Il metodo F.A.S.E. è un approccio molto importante: siamo in una nuova fase, lo sviluppo dell’essere umano in questo pianeta si fonda sulle interazioni che, nella storia, hanno avuto dei salti. Oggi c’è necessità di una nuova fase, di un nuovo Rinascimento in cui l’uomo possa tornare alla sua centralità: noi non siamo solo essere pensanti, ma anche capaci di astrazioni. Noi possiamo pensare di investire i nostri talenti, il nostro tempo, le nostre capacità anche nel fare cose di cui non necessariamente saremo (solo) noi ad avvantaggiarcene e questo ci rende unici.
Questa capacità di pensare, che si evidenzia soprattutto nell’arte, ci aiuta anche nella ricerca scientifica; c’è quindi l’esigenza di un nuovo sistema economico, perché quello posto in essere fino a oggi è incapace di soddisfarci tutti/e, perché crea e si fonda su disparità sociali enormi.
Oggi, 4 miliardi di persone su 7 muoiono di fame, quindi il sistema stesso è malato e dobbiamo inventarne uno nuovo. Quella alla quale pensa Patrizio Paoletti è l’economia sferica. Un’evoluzione dell’economia circolare, che ricicla ciò che è stato scartato o il mal gestito. Bisogna gestire le esigenze delle emozioni e nel modello sferico dell’economia circolare, altrimenti continueremo a ragionare come persone egocentriche oltre che egoiste. Bisogna passare dall’Io al Noi. L’Altro/Altra viene considerato/a parte di me stesso/a e del mio vantaggio.
F.A.S.E. ha come obiettivo quello di spostarsi dal “mors tua vita mea”, al “vita tua, vita mea”.
“Il mondo deve realizzare una nuova fase evolutiva”, dice Patrizio.
La visione passata non migliora le relazioni, anzi, le peggiora, perché si creano fazioni non cooperative in opposizione distruttiva. In queste condizioni, la negoziazione è resa impossibile.
L’immagine-simbolo di questa assenza di comunicazione e a cui fa spesso ricorso è quella dell’11 settembre, l’attacco alle Twin Towers.
Dobbiamo passare dal “quale lavoro farai” a “qual è la cosa che ti piace davvero”?
La società non ci chiede cosa amiamo, cosa ci mette in moto e ci anima, qual è il nostro talento, ma ci chiude in una gabbia di doveri. “Cosa ti piace davvero?”, “Qual è il talento che puoi portare nel mondo per fare la differenza”? Queste sono le domande importanti da porre e da porsi.
Un’economia e una realtà in cui le esigenze delle persone e la loro valorizzazione viene al primo posto rispetto al prodotto, al denaro, al PIL.
E’ il caso di dirlo ….”meditiamoci”!
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