“PERICLE FAZZINI, LO SCULTORE DEL VENTO” AL MUSEO CARLO BILOTTI ARANCIERA DI VILLA BORGHESE IN ROMA.

L’insigne poeta e amico Giuseppe Ungaretti lo definì “lo scultore del vento”, frase evocativa rappresentante le composizioni dell’artista mediante la propria libertà creativa fatta di materia e spirito, forma e slancio, massa e dinamismo.

La mostra: “Pericle Fazzini, lo scultore del vento” al Museo Carlo Bilotti, commemora il 110° anniversario della nascita del Maestro, un’esposizione antologica dopo trent’anni a Roma, dal 25 marzo al 2 luglio 2023, che ripresenta ai visitatori una preziosa serie di capolavori che hanno attraversato il cuore del Novecento.

Pericle Fazzini nasce a Grottammare, Ascoli Piceno, nel 1913, e la sua formazione di scultore proviene dalla sua fanciullezza, nel momento in cui si formava nel laboratorio paterno di ebanisteria, artigiano del legno. Studiò disegno e scultura a Roma nel 1929, però il cambiamento decisivo del suo stile artistico si svolge nell’Urbe nel 1930, quando segue i corsi della Scuola Libera del Nudo dell’Accademia. Nella prima metà del decennio partecipa a numerosi concorsi scultorei, acquisendo una borsa di studio del Pensionato Artistico Nazionale. La sua notorietà si ebbe in virtù del poeta Mario Rivosecchi, nel 1930, che lo introdusse nella cerchia culturale della Roma del Mafai, Scipione, Mazzacurati, Ziveri e della gallerista Anna Laetitia Pecci Blunt (Galleria La Cometa). Nel 1936, costituisce il proprio studio in via Margutta, periodo in cui crea uno stile nettamente anticlassico, realizzando un’arte espressionista lontana da qualsiasi forma artistica di regime e celebrativa del fascismo. Anche se richiamato alle armi, non abbandona la sua attività, 1941, terminata la guerra infatti continua con rinnovata creatività i soggetti usuali: nudi di donna, danzatrici, cavalli, atleti, ma attua anche composizioni sui tragici disastri del conflitto e la lotta partigiana. Pericle Fazzini realizzò successivamente delle grandi opere a più figure, dove concepirà una nuova rappresentazione del movimento, che appare determinarsi in una ripresa molto originale e altamente moderna di alcuni criteri della scultura barocca. Tra gli anni Quaranta e Cinquanta, la cultura artistica sembra dividersi tra coloro che sono propensi all’arte astratta ed i sostenitori del realismo socialista. Il Maestro aderisce con Corpora, Franchina e Turcato al “Fronte Nuovo delle Arti” in passato creatosi con la sottoscrizione di un manifesto, 1946, da parte di Birolli, Guttuso, Leoncillo, Morlotti, Pizzinato, Santomaso, Vedova, Viani e Cassinari. Egli fu l’artefice tra i più stimati della “Scuola Romana”: corrente pittorica costituitasi nella Capitale intorno al 1930 e guidata da Scipione e Mario Mafai, e avente come scopo quello di superare il convenzionalismo del Novecento, tramite ricerche cromatiche in particolar modo in riferimento al colore-spazio (tonalismo). Pericle Fazzini infine muore a Roma il 4 maggio del 1987, inserendosi fra le più rilevanti testimonianze dell’arte sacra del XX secolo attraverso la traduzione del testo sacro delle Scritture in una forma di dialogo tra Fede e Arte.

Le sue sculture sono attualmente all’interno delle più grandi collezioni private e nei musei più prestigiosi del mondo tra cui: il Centre Pompidou di Parigi, la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, la Tate Gallery di Londra, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, l’Art Institute di Chicago, ed il Museo d’Arte Contemporanea di Montreal, nonché in diverse collezioni giapponesi come quella del Satagaya Art Museum, l’Hakone Open Air Museum, e i Momat di Tokyo.

L’esposizione è a cura dello storico dell’arte Alessandro Masi, in collaborazione con Roberta Serra e Chiara Barbato, patrocinata dal Ministero della Cultura e dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione del Vaticano, e promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e dalla Fondazione e Archivio Storico “Pericle Fazzini”.

I servizi museali sono di Zètema Progetto Cultura.

La mostra riattraversa la totale esperienza artistica dell’artista marchigiano, con circa cento capolavori di piccola e grande dimensione, tra legni, bronzi e gessi, disegni e opere grafiche.

Ricordiamo le prime sculture degli anni Trenta e Quaranta come: “Donna nella tempesta”, 1932, e “Sibilla”, 1947, fino ad arrivare ai bozzetti originali della “Resurrezione” della Sala Pier Luigi Nervi in Vaticano.

Ancora, tra le opere più belle presentate c’è il “Ritratto di Anita”, 1933, il “Giovane che declama”, 1937-1938, il “Ritratto di Sibilla Aleramo”, 1947, “l’Uomo che urla”, 1949-1950, e il “Profeta”, 1949, quest’ultimo raramente esposto.

Da evidenziare, inoltre, la maestosa scultura del 1932, “Uscita dall’Arca”, con cui il giovane Fazzini si aggiudicò la borsa di studio per il Pensionato Artistico Nazionale, come già citato, il “Ritratto di Ungaretti” (1936; fusione 1987), e la “Danza”, che lo vide protagonista alla Quadriennale romana del 1935.

La “Resurrezione” è una grande scultura voluta da Papa Paolo VI nel 1965 e compiuta dal Maestro in cinque anni, dal 1970 al 1975, per l’Aula Paolo VI, anche nota come Aula Nervi dal nome del suo progettista in Vaticano. Pericle Fazzini fu preferito dopo quattro anni di selezioni, 1970-1975, e gli fu messa a disposizione la chiesa di San Lorenzo in Piscibus per la realizzazione della sua importante opera. La statua fu inaugurata il 28 settembre del 1977, essa si estende per una larghezza di 20 metri e occupa tutta la sezione centrale della parete del fondale dell’aula. Al centro è ubicato il Cristo risorto che si eleva da un caos indefinito ritraente la morte. I suoi lunghi capelli e la barba sono mossi da un vento che spira da sinistra verso destra, le sue braccia sono aperte e il viso rivela un’afflizione interiore, il resto della composizione è un’insieme di elementi naturali fusi fra loro: rocce, rami secchi e radici. La “Resurrezione” è stata qualificata come la scultura più contemplata al mondo perché parliamo di uno schermo scultoreo monumentale in bronzo ottone, posta alle spalle del Pontefice lungo le sue udienze pubbliche. Si identifica come il vero e proprio testamento artistico del Maestro all’umanità e sintetizza i suoi ideali spirituali nell’immagine di un Cristo di quattro metri.

Pericle Fazzini dichiarerà del capolavoro: “Ho realizzato la Resurrezione che viveva già dentro di me”.

La scultura ”Sibilla”, mitico idioma di longevità millenaria della mitologia greca e romana, è conforme ad una vergine munita di virtù profetiche, ispirata al dio Apollo. La composizione riproduce il soggetto in una forma delicata e raccolto su se stesso attraverso le gambe incrociate e le braccia contrastate nella riflessione e nel pensiero. Attribuita all’età neocubista, di cui conserva il compendio formale del movimento, introduce un nuovo linguaggio di rappresentatività casistica in una severità compatta ed espressiva.

In un ricco e approfondito catalogo (De Luca Editore d’Arte) vi sono i testi di Alessandro Masi, Bruno Racine, Claudio Strinati, Salvatore Italia, Roberta Serra e Chiara Barbato.

Collegato all’evento e di imminente pubblicazione, vi sarà anche un secondo volume, dedicato agli scritti di Pericle Fazzini, curato dallo storico della lingua italiana Giulio Ferroni.

La rassegna, attraverso la prestigiosa ricerca artistica del grande scultore marchigiano, determina incanto e sorpresa mediante la capacità nella sperimentazione e innovazione dei suoi splendidi capolavori.

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