Il drammatico crollo del ponte vicino ad Aulla, tra Liguria e Toscana, ancora una volta getta la regione e il Paese nell’incubo delle infrastrutture a rischio, riportando alla memoria la tragedia del ponte Morandi e l’incidente del viadotto della A 6. C’è qualcosa che non va riguardo i ponti e i viadotti troppo spesso in difficoltà. Un disastro nel disastro dell’emergenza sanitaria che avrebbe potuto essere una strage, se solo il traffico fosse stato quello di un giorno qualunque non di quarantena. Due le vetture coinvolte con una sola persona rimasta ferita, per pura fortuna in modo non grave. E’ il primo e paradossale effetto del Coronavirus che da settimane ha tolto dalle strade la maggior parte del traffico. In tempi normali infatti quel ponte è molto frequentato, essendo l’unico che attraversa il Magra sulla direttrice La Spezia-Aulla e immette sulla statale 6 2 che dalla Val di Magra sale alla Cisa, parallelamente all’autostrada A 15. Mentre sono in totale tre le indagini aperte sul crollo del ponte stradale, l’ipotesi penale della procura di Massa Carrara è quella di disastro colposo. La procura ha intanto posto l’area sotto sequestro. Da parte sua ANAS ha avviato una commissione di indagine interna per accertare la dinamica e le cause del crollo. Ciò che stupisce, per non dire arrabbiare, è che il Sindaco di Aulla Roberto Valettini ha parlato di pericolo “segnalato più volte agli Enti competenti”, in particolare proprio ad ANAS, gestore del viadotto dal 2018. Eppure la cosa incredibile è che ANAS ha ribadito che a partire dal 2019 il ponte è stato oggetto di sopralluoghi e verifiche periodiche, anche rispetto a segnalazioni degli Enti Locali, “che non hanno evidenziato criticità”. In verità il ponte era al centro delle polemiche già da novembre, quando dopo una violenta ondata di mal tempo, si era creata una crepa segnalata da diversi automobilisti. L’ANAS aveva effettuato un sopralluogo ma aveva poi dato il via libera alla circolazione senza alcuna limitazione al traffico. L’edificazione del ponte, costituito da una serie di cinque arcate in cemento armato con lunghezza complessiva di 258 metri, risale al 1908, ricostruito nel secondo dopoguerra. Eppure il ponte di Aulla è stato progettato dall’ingegnere Attilio Muggia, un pioniere del settore del calcestruzzo tanto da aver conteso il brevetto ad Hennebique, poi passato alla storia come padre di questa tecnica di costruzione. Il ponte fu però pesantemente danneggiato durante la seconda guerra mondiale dai Tedeschi in ritirata: ricostruito nella parte mancante, nel corso dei decenni ha visto decine di alluvioni di quel torrente Magra la cui potenza in piena è nota a tutti. Il territorio ligure è disseminato di ponti coevi a quello di Albiano e molti di questi hanno subito diversi danni durante il conflitto, per poi essere ripristinati una volta terminati. I dati dicono che a gennaio erano ancora circa 3500 i ponti a rischio in Italia non ancora controllati e non sottoposti a manutenzione. Come sappiamo, la sequenza di crolli di infrastrutture stradali Italiane sta assumendo, da alcuni anni, un carattere di preoccupante regolarità. Come ha spiegato bene Antonio Occhiuzzi, Direttore dell’Istituto per le tecnologie della costruzione del CNR: “decine di migliaia di ponti in Italia hanno superato, oggi la durata di vita per la quale sono stati progettati e costruiti, secondo un equilibrio tra costi ed esigenze della ricostruzione nazionale dopo la seconda guerra mondiale e la durabilità delle opere. In moltissimi casi, i costi prevedibili per la manutenzione straordinaria che sarebbe necessaria ad essi superano quelli associabili alla demolizione e ricostruzione. Quelli ricostruiti, inoltre, sarebbero dimensionati per i carichi dei veicoli attuali, molto maggiori di quelli presenti sulla rete stradale italiana nella metà del secolo scorso. Il costo di un ponte è pari circa a 2 mila euro a mq. Ipotizzando una dimensione media di 800 mq e un numero di ponti pari a 10 mila, le cifre necessarie per l’ammodernamento dei ponti stradali in Italia sarebbero di decine di miliardi di euro”. Ma in realtà in Italia queste strutture antiche che sembrano eterne non ricevono interventi di manutenzione e gli Enti che ne assicurano la sicurezza, evidentemente commettono grossolani errori. Ci sono migliaia di progetti di strade e ammodernamento delle infrastrutture che rimangono solo sulla carta. Il crollo del ponte ad Albiano Magra mostra ancora una volta un’Italia fragile anche dal punto di vista infrastrutturale. In quest’ultima settimana si sta parlando molto e giustamente dell’exit strategy dall’emergenza Coronavirus che il Paese dovrà mettere in campo per ripartire a livello economico e occupazionale. Ebbene la messa in sicurezza del nostro Paese, delle sue infrastrutture e del territorio deve essere una di queste priorità che il Governo deve mettere al centro della sua agenda politica. Non sono ammessi più ritardi. Si usi calcestruzzo e tondini per mettere in sicurezza la rete nazionale dei viadotti e non per realizzare nuove autostrade o vie pedemontane. La ripartenza dell’Italia deve iniziare in primis dal suo territorio, tutelando al tempo stesso la vita delle persone, garantendo l’occupazione, puntando su semplificazioni e controlli e non su una deregulation in stile farwest.