Il mitico Salvator Dalì sosteneva: “Il meno che si possa chiedere ad una scultura è che stia ferma.” Una scultura nasce perché stia nel suo religioso silenzio e solo chiede di essere rispettata, accarezzata e soprattutto declamata in tutto il suo splendore.
Lo stesso Michelangelo Buonarroti vedeva nel blocco di marmo un soffio di vita, un alito di presenza che emergeva in maniera potente dalla materia stessa.
A fronte di ciò non si dovrebbe minimamente pensare di sfregiare un’anima che parla, un pezzo di marmo che si erge a figura intera. Mai.
E invece…
Lo scorso 31 luglio, un turista austriaco si è seduto sul gesso di Paolina Bonaparte Borghese, già in altre occasioni sfregiato, di Antonio Canova per farsi un selfie e l’ha danneggiato. Il fatto, denunciato anche da Vittorio Sgarbi, è accaduto al Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno e ha lasciato tutti senza parole.
La notizia, vissuta come una vera e propria violenza, ha scosso profondamente anche il primo cittadino del piccolo centro, Valerio Favero, che ricorda come quelle opere siano state donate dall’autore stesso alla città.
Tramite le videocamere di sicurezza, è stato rapidamente identificato l’autore del danno che ora andrà quantificato; il colpevole, tuttavia, non dovrà nemmeno rispondere del reato di danneggiamento del patrimonio nazionale, perseguibile solo in caso di dolo, elemento assente in questo caso.
“Non è tanto il danno in sé ad una delle opere in gesso del grande artista possagnese, quanto il comportamento etico decisamente “grave” da parte di quel signore, che a fronte dell’atto compiuto si è eclissato senza giustificare il danno”: è questo il severo commento della neo direttrice del Museo, Moira Mascotto.
Il colpevole ha rilasciato un’intervista ad un giornale austriaco e provveduto ad inviare una mail di scuse al museo stesso che, però, ha prontamente intensificato i controlli e valutato l’applicazione delle misure più efficienti per garantire la sicurezza delle opere, come, ad esempio, l’uso di sensori di movimento.
Possagno è dunque balzata agli onori delle cronache, durante questa sventurata estate, non tanto per aver dato i natali ad un genio dell’arte neoclassica che ha saputo ben coniugare l’arte classica con il gusto del rinascimento ma, purtroppo, per quella che è una vera e propria privazione.
La sottrazione si muove nell’ignoranza e nella non cultura: ignoranza di non sapersi muovere dentro sale che parlano, dentro profumi di storia e odore di sapere; quella non cultura che porta a farsi un selfie senza limitarsi a fotografare con gli occhi e con l’anima ciò che si ha davanti.
Oggi non solo ci si deve augurare che un episodio del genere possa non ripetersi mai più, ma soprattutto che, come Antonio Canova modellava abilmente i suoi gessi e i suoi marmi, in opere eccelse, allo stesso modo, in ciascuno abitante digiuno d’arte e di sapere possa giungere il desiderio di educarsi al bello e quindi alla vita, per farsi fotografie di anima e cultura.