Per i latini repubblica era la “res publica”, la cosa pubblica. È importante scoprire l’etimologia delle parole quando se ne vuole trarre significato e valore.
La Repubblica rappresentò una fase lunga, complessa e decisiva della storia antica. Fu periodo di grandi trasformazioni per l’Urbe che, da Città-Stato delle origini, divenne capitale di un ampio territorio che abbracciava l’Europa e il bacino mediterraneo. Alla vigilia dell’Impero, con la morte di Gaio Giulio Cesare, le istituzioni repubblicane avevano palesato la debolezza e l’impossibile gestione di uno Stato così vasto, composto da una miriade di popoli, lingue, religioni e civiltà differenti che avrebbero scritto in modo decisivo la Storia dell’Occidente e del Vicino Oriente.
Ancor prima la democrazia partecipata ateniese insegnava il valore della condivisione delle politiche e delle idee da parte dei cittadini.
Vicende alterne, nel corso dei secoli, videro la gestione del potere distribuito tra le mani di pochi eletti, regimi teocratici, monarchici e dittatoriali. Il passaggio dalla monarchia assoluta o, in tempi moderni, da regimi dittatoriali alla forma repubblicana, ha seguito il lento allargamento dell’esercizio di voto.
Re, Imperatori, spesso ammantati di investitura divina, Papi, decidevano delle sorti dei propri territori e delle genti ivi stanziate. Anime contate in anonimato, legate alle terre, di cui seguivano cessioni e cambi di proprietà, alla stregua di vive pertinenze. Lo sviluppo economico e mercantile ha reso impellente le istanze libertarie, l’allontanamento e l’affrancamento dalla classe aristocratica, spesso improduttiva, fino ai moti rivoluzionari che infiammarono il secolo dei lumi, e accesero sentimenti patriottici di autodeterminazione dei popoli, rivestiti di romanticismo, che caratterizzarono i moti rivoluzionari del 1800.
La rivoluzione francese, con piglio deciso, riconobbe in capo all’individuo diritti e doveri di cittadino, la cui partecipazione politica ed economica alla vita della Nazione erano cardini fondamentali. Olympe de Gouges tradusse il testo a favore delle Donne, ma finì decapitata. Celebre la sua frase: (se) “la donna ha il diritto di salire sul patibolo, ella deve avere pure quello di salire sul podio” (art.10 Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina)
Con il suffragio di voto universale, concesso in Nuova Zelanda nel 1893 ha inizio, nell’era moderna, il processo di democratizzazione delle Nazioni.
Dapprima il suffragio fu ristretto su base del censo, poi allargato al genere maschile. Per ottenere un elettorato politico attivo e passivo universale, senza alcuna restrizione di natura culturale, socioeconomica o psicologica, dobbiamo arrivare alla Storia recente del 1900.
L’Italia fu uno degli ultimi Paesi a concedere il diritto di voto alle donne e nel 1946, quando fu eletta l’Assemblea Costituente, su 556 membri ne furono elette 21: 9 della Democrazia Cristiana, 9 del Partito Comunista, 2 del Partito Socialista e 1 dell’Uomo qualunque.
Si poté, finalmente, affermare che il nostro Paese è governato in modo democratico e partecipato.
Questi saranno i principi fondanti che verranno sanciti nella nuova carta costituzionale.
“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”
“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”
Sono queste parole che devono inorgoglirci e che dovremmo rispettare ogni giorno, in ogni nostra azione, in ogni nostro pensiero.