Soprannominata anche” la Sposa del Deserto” dai viaggiatori e mercanti che qui ristoravano quando attraversavano il deserto siriano che collegava Occidente e Oriente, Palmira è stata una delle più importanti città della Siria, e tra il 267 e il 272 fu capitale dell’omonimo regno indipendente governato dalla Regina Zenobia, poi sconfitta dai romani e portata in Italia in catene. Anche durante il periodo romano Palmira ha sempre goduto di grande fama e ricchezza, e nel “Naturalis Historia” di Plinio il Vecchio viene descritta come punto nevralgico degli scambi tra Persia, India, Cina e l’Impero Romano. La Sposa del Deserto si prepara a risorgere dalle sue ceneri: dopo le devastazioni dell’Isis, gli imponenti progetti di restauro in atto permetteranno al sito archeologico di Palmira di riaprire al pubblico nell’autunno 2019. Lo ha annunciato il governatore della provincia di Homs Talal Barazi, sottolineando il contributo cruciale dell’Unesco, della Russia, della Polonia e dell’Italia nel riparare i danni inferti dai terroristi alla città antica tra il 2015 e il 2017. “Questa è la storia del mondo e non appartiene solo alla Siria”, ha spiegato Homs: Patrimonio dell’Umanità Unesco dal 1980, Palmira è stata nei secoli un’importante crocevia di civiltà e le sue vestigia testimoniano una complessa stratificazione di culture Greca , Romana, Persiana, Islamica. Una storia intollerabile per i miliziani dell’Isis, che non a caso ne hanno colpito le testimonianze più preziose e rappresentative: i Templi di Bell e Baalshamin, le Torri Funerarie Romane, l’Arco di Trionfo, il Teatro Romano. A trasformare la Sposa del Deserto in un simbolo tragico, un colpo durissimo al patrimonio culturale mondiale ha contribuito la decapitazione di Khaled Al Asaad, il direttore del sito archeologico di Palmira, colpevole di essersi rifiutato di consegnare ai terroristi antiche opere d’arte di cui era responsabile, appeso a un palo della luce, in una piazza della città siriana, lui che ha difeso e custodito per oltre 50 anni la bellezza della storia. Dopo la riconquista dell’area da parte dell’ esercito siriano nel 2017, sono iniziate le operazioni di restauro. L’Unesco ha stanziato un progetto per il recupero d’emergenza del sito di due miliardi di dollari. Solo per le rovine del tempio di Beel sono già stati stanziati 150 mila dollari, ma lo straordinario edificio religioso dedicato al Padre degli Dei, poi assimilato a Zeus, è stato uno dei reperti più importanti del sito, costruito durante il regno di Tiberio e raso completamente al suolo salvo il suo portico, oggi ristrutturato. Nel museo di Damasco sono stati riportati parecchi reperti, i quali hanno avuto una seconda possibilità grazie alla preziosa collaborazione dei restauratori del museo Pushikin di Mosca. Anche l’Italia ha avuto il proprio ruolo, con dei ricercatori nostrani protagonisti del restauro di due statue funerarie dal duplice valore storico e morale. Queste vennero infatti nascoste fuori dalla città da Khaled Al Asaad (il decapitato direttore del sito), che fino all’ultimo provò in tutti i modi a tutelare questo patrimonio della terra. Le due opere, rimesse a nuovo dall’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro di Roma, vandalizzate dalle milizie di Daesh durante l’occupazione di Palmira, sono state sottoposte a un intervento conservativo ad elevata tecnologia presso il laboratorio di Restauro dei materiali lapidei nella sede di san Michele a Ripa, dove ampie porzioni di modellato, dopo un’accurata campagna diagnostica condotta con le tecniche più avanzate, sono state ricostruite in virtuale e poi, tramite stampa in 3 D, riprodotte per sinterizzazioni di polveri e ancorate all’originale con un vincolo reversibile. E mentre nel museo nazionale della capitale siriana il celebre Leone di Al-Lat ,dal peso di 15 tonnellate e dell’età di 2000 anni, splende di nuovo della sua antica bellezza, grazie al restauro dello stesso museo, un nuovo programma di interventi è pronto per rendere completa la rinascita, rendendo sempre più realistico il ritorno dei visitatori tra i tesori di uno dei più importanti siti archeologici del Medio Oriente. Fedele alla sua storia ribelle, l’antica città di Palmira vuole risorgere dalla devastazione dell’Isis. La” Sposa del Deserto “oasi del deserto della Siria che ebbe il coraggio di opporsi agli Imperatori Romani con l’ambiziosa regina Zenobia e poi agli invasori Persiani, che resistette alla dominazione Bizantina e poi a quella Araba non potrà mai morire.
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di
Arch. Raffaella Ciofani
22 Settembre 2019