Il ricordo di Aldo Moro nella passione per la scrittura di Giovanni De Crescenzo

” Quel mattino di febbraio di tanti anni fa, Roma mi sorprese con un insolito tripudio di sole, di profumi e di colori che offrivano segni palesi di una precoce primavera, iniettandomi una robusta dose di allegria mentre passeggiavo in centro un po’ svagato, tra il vociare fragoroso di turisti americani e il petulante squittire di sempiterni giapponesi che armeggiavano con le loro Nikon. […]

Eravamo sul finire degli anni ’70 e le manifestazioni di contestazione studentesca, spesso anche in forme aggressive, erano molto frequenti nelle piazze come nelle scuole e nelle Università, compresa la nostra, naturalmente. Eppure in quei momenti di colloquio con il Professore riuscivamo a capire l’importanza di mantenere aperto sempre e comunque un dialogo anche con i nostri più lontani avversari, in politica come in altri campi della vita sociale. […]

Ma qualche giorno dopo li leggemmo con sgomento i giornali e ascoltammo impietriti la radio e la TV quando ci mitragliarono nella mente e nel cuore la tremenda notizia: Roma, 16 marzo 1978. Questa mattina, poco dopo le 9,00, in via Mario Fani un commando di terroristi armati ha rapito dalla sua auto di servizio l’onorevole professor Aldo Moro, dopo aver massacrato i cinque uomini della sua scorta. Tra di loro c’era anche l’amico Oreste. L’onorevole Moro aveva con sé due borse: in una di esse c’erano le tesi di laurea dei suoi studenti. “

Questi sono alcuni dei passaggi del racconto “La Strada” di Giovanni De Crescenzo, autore di poesie e narrativa, che proprio del professor Moro fu studente a Roma, durante i cosiddetti “anni di piombo”.

Dal racconto che l’autore ci offre di Aldo Moro, famoso statista, ma anche professore di diritto e procedura penale presso la Facoltà di Scienze Politiche a Roma, emerge una figura molto umana e sempre puntuale ai suoi impegni di docente, nonostante gli incarichi internazionali che ricopriva in quel periodo, quale ministro degli Esteri.

Una delle sue particolarità era quella di far sempre l’appello all’inizio delle sue lezioni, un po’ come si fosse ancora sui banchi di scuola, anche per un maggiore coinvolgimento degli studenti, dei qual si interessava personalmente, rimanendo spesso a lungo con loro dopo le lezioni, intrattenendoli su temi di politica e di attualità.

Aveva una grande chiarezza espositiva – ci spiega Giovanni De Crescenzo – ed una naturale capacità di entrare in empatia con i giovani. Fu senz’altro una grande perdita per tutti noi”.

A distanza di molti anni da quel maledetto 9 maggio 1978, è ancora vivo il ricordo dello statista nel nostro scrittore, che ha poi svolto tutta la sua carriera professionale nell’ambito dell’Amministrazione della Giustizia, ricoprendo importanti incarichi negli uffici giudiziari di Ancona. Nel suo scrivere, il Dottor De Crescenzo ha sempre ricercato una parte di sé, quasi a creare un ponte tra il prima e il dopo, per avvicinare sempre di più la sua sensibilità a quella del lettore ed unire due cuori e due menti.

Nella sua realtà attuale vi sono la passione per il teatro e per la scrittura, due generi che viaggiano insieme, accomunati da una grande passione e da una grande voglia di raccontare e di raccontarsi, affidando al corpo, alla gestualità e alla voce, la missione di essere portavoce del suo io e di tutto ciò che questo io reclama di dire e desidera sussurrare nella mente altrui.

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