Il passato, in special modo quello più remoto, attrae da sempre l’uomo, perché in esso l’essere umano può scoprire una parte di sé, delle sue origini, una spiegazione al proprio presente. Per questa ragione, nel corso della storia, importanti scoperte sono state compiute da dilettanti, che non avevano appreso i fondamenti dell’archeologia in un contesto accademico ma avevano fondato, per così dire, una propria archeologia. In altri casi, invece, le scoperte sono frutto del caso, seppur realizzate da archeologi professionisti, che si sono trovati improvvisamente nel posto giusto al momento giusto. L’esempio forse più famoso di questa tendenza è costituito dalla riscoperta di Troia, l’antica città anatolica, narrata in guerra contro gli Achei – i Greci del periodo miceneo – all’interno dei poemi omerici, intorno alla quale la tradizione ellenica ha costruito un amplissimo ciclo mitologico. Come è noto, la grande scoperta fu fatta da Heinrich Schliemann, ma ciò che maggiormente colpisce sono le modalità con le quali fu fatta. La leggenda narra che il giovane Heinrich, all’epoca garzone di una bottega nel piccolo villaggio di Fürstemberg, un giorno incontrò l’attendente del mugnaio, completamente ubriaco, il quale stava declamando dei versi arcani, in una lingua misteriosa, che affascinarono subito il giovane Schliemann. Spendendo i pochi soldi che aveva in tasca per pagare il bicchiere della staffa all’apprendista mugnaio, si fece recitare altri versi e, solo in seguito, scoprì che essi erano tratti dall’Iliade e dall’Odissea. Tempo dopo, perso il lavoro di garzone a causa di una malattia che ne aveva fiaccato il corpo ma non lo spirito, Schliemann si mise a girare per il mondo e, grazie alla sua straordinaria capacità negli affari, divenne presto molto ricco. Nel frattempo, aveva imparato diverse lingue moderne, come l’inglese, l’italiano, il russo e anche alcune antiche come il latino, il greco e l’aramaico. Quando fu sufficientemente ricco da poterselo permettere, abbandonò gli affari e si dedicò completamente al sogno che cullava da anni, da quando aveva ascoltato i versi meravigliosi, recitati dal garzone del mugnaio nella piccola e ormai lontanissima Fürstemberg. Egli desiderava riscoprire i luoghi, nei quali si erano consumate le eroiche e tragiche vicende di Achille e Odisseo, di Priamo e suo figlio Ettore. Si trasferì in Turchia, dunque e, convinto che i suoi “colleghi” archeologi stessero sbagliando il luogo di scavo, si diresse più a nord, seguendo esclusivamente le indicazioni omeriche – metodo che nessun professionista avrebbe adottato. Si mise a scavare sulla collina di Hissarlik, perché alle sue pendici egli aveva rinvenuto due fonti, una di acqua calda e una fredda, come era nell’Iliade. Il resto, come si dice, è storia: la collina di Hissarlik si rivelò davvero il sito dell’antica Troia (anche se nel suo ottavo livello di scavo) e Schliemann, poi, riuscì anche trovare il sito dell’antica Micene, il regno di Agamennone “ pastore di popoli”, che guidò la spedizione achea contro Troia e trovò paradossalmente la morte nel suo palazzo, una volta tornato dalla guerra, vittima di una congiura ordita dalla moglie Climnestra e dal suo amante, Egisto.
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di
Giulia Gambino
30 Ottobre 2024