Naturalmente si dirà: quale inverecondia: Roma con Atina! Roma Capitale con un paesucolo per di più ciociaro. Esatto! Facendo un salto indietro fino alla Roma Repubblicana prima e a quella imperiale dopo, se ne comprenderà la storicità, perfino inimmaginabile, certamente unica!
Già all’epoca della leggenda e del mito quando Ulisse prima e Enea dopo sbarcarono nella terra dei Volsci, nel corso degli scontri illustrati da Virgilio nella Eneide tra Enea e i suoi alleati contro le tribù del luogo e contro la intrepida Camilla da Priverno regina dei Volsci, si distinsero le milizie provenienti da Atina e che Virgilio decanta con ammirazione tre volte: Atina potens, acer atinas, atinate impavido. Questa è la prima prestigiosa apparizione di Atina, preromana. Nei secoli successivi è intorno all’anno 300 a.C. che si comincia a parlare degli atinati, ma non più nel mito bensì nella storia e, addirittura, in contesto artistico allorché Novio Plauzio in occasione di una celebrazione matrimoniale nella cittadina di Palestrina, costruì e soprattutto scolpì ed incise magistralmente con scene storiche il contenitore in bronzo e rame, o cista, che doveva custodire gli oggetti di toletta della nubenda: è il primo scultore romano di cui si ha notizia, definito ‘campano’, in realtà originario di Atina, dove numerose epigrafi ne attestano la gens o famiglia Plozia o Plauzia. Negli stessi anni, Roma in continua crescita, muove guerra avverso i bellicosi e irriducibili Sanniti: fu uno scontro durato circa cinquantanni e la città di Atina era alleata dei Sanniti: la storia ricorda la umiliazione subita dalle legioni romane in uno degli scontri e cioè quello alle cosiddette Forche Caudine dove il condottiero della milizia sannita era Gaio Ponzio, di Atina, il secondo atinate della storia romana che incontriamo: era il 321 prima di Cristo, memorabile. E’ un periodo determinante: Roma si consolida e si struttura anche dal punto di vista della abitabilità e della convivenza. E infatti nel 312 a.C. due personaggi romani Appio Claudio e Gaio Plauzio furono incaricati di provvedere alla fornitura di nuova acqua potabile per Roma. E Gaio Plauzio scopri quale fosse la sorgente idonea e fu chiamato Gaio Plauzio Venox, da vena, acqua: progettò anche l’acquedotto vero e proprio di cui oggi si ammirano alcuni resti imponenti, l’Acquedotto Claudio: Gaio Plauzio Venox si ritiene che fosse originario di Atina poiché la famiglia Plotia, come detto più sopra, è documentata attraverso varie epigrafi. In questi stessi anni un altro atinate Gaio Plauzio Deciano Hypsaeo a nome di Roma, conquista e distrugge Priverno che si era alleata coi Sanniti e duecento anni più tardi circa, un suo erede pure atinate P. Paolo Hypsaeo batte una moneta d’argento che ricorda questa vicenda dell’antenato. In questi medesimi anni sotto Caio Mario un altro atinate, L.Appuleio Saturnino, appartenente alla numerosa gens Saturnina, diede notevole impulso alle leggi agrarie. Pochi anni dopo un altro atinate fondamentali apporti diede alla grandezza di Roma: nella sua qualità di generale di Giulio Cesare gettò le fondamenta di quella che in pochi anni doveva diventare una ricca città e oggi una metropoli e cioè Lione in Francia; e sempre nelle sue campagne di conquista compì una seconda impresa che pure ne ha legato per sempre il nome alla storia europea e cioè la posa della prima pietra di quella che gradualmente diventerà Basilea, la florida e colta città elvetica: nel cortile della Casa Comunale al centro si leva un maestoso monumento che illustra un condottiero romano: appunto Lucio Munazio Planco, di cui stiamo parlando, atinate illustre: nel 44.a.C. assieme all’altro atinate L.Servio Rufo, siedeva al banchetto affianco a Giulio Cesare la sera del passaggio del Rubicone e pochi anni dopo è ancora in prima pagina allorché si fece promotore in Senato del titolo di ‘augusto’ da conferire a Ottaviano futuro primo imperatore. Pochi anni prima ancora un membro del ramo della gens Plotia atinate e cioè Marco Plauzio Silvano, tribuno della plebe, emanò una fondamentale legge che disciplinava il diritto alla cittadinanza dei non romani. Pochi anni dopo, nel 62 a.C. un condottiero che occupa un posto di alto significato nella storia di Roma non solo per il coraggio e fedeltà ma anche per le sue capacità organizzative e anche ingegneristiche e soprattutto per le sue virtù morali, Marco Petreio, della gens Petreia radicata da sempre solo in Atina, dovette sconfiggere il sobillatore Catilina a Pistoia: era figlio di quell’altro illustre atinate, Gneo Petreio che qualche anno prima con Caio Mario, parte determinante ebbe nella sconfitta dei Cimbri e dei Teutoni. E in questi medesimi anni fu un altro atinate, Gneo Plancio, governatore della Macedonia, che ospitò per parecchi mesi il fuggiasco Cicerone e che tornati a Roma, Cicerone a sua volta dovette difendere in occasione di certe elezioni in cui Gneo Plancio era partecipe e scrisse in sua difesa la famosa: Orazione pro Plancio.
Come si vede la relazione/commistione Roma-Atina è così fondamentale che in verità molto altro spazio meriterebbe per illustrarne le altre componenti che ne confermano il ruolo non comune. Solo ancora due fatti: nella famosa battaglia di Azio nel 31.a.C. che segnò l’inizio dell’ascesa di Ottaviano e la fine dei vecchi nemici, a capo della flotta romana affianco a Marco Vipsanio Agrippa era l’atinate LucioArrunzio. E nel 43 dopo Cristo, l’imperatore Claudio affidò ad Aulo Plauzio, anche atinate, il comando delle legioni alla conquista della Isola Britannica. Non è agevole in tutto l’impero romano rinvenire una città che così intimi rapporti e durante secoli, ebbe con Roma, come Atina, senza ricordarne quanto ne scrissero Cicerone ed Orazio oltre che Virgilio.