L’ edificio sorge nella zona nord della città ai piedi dei monti Parioli, è la sede del Centro Islamico Culturale d’Italia ed è la più grande moschea d’occidente. Il terreno su cui è edificata è esteso per ben 30 000 m² e nei giorni di festività particolari può riceve un afflusso di circa 35 000 fedeli. La moschea oltre ad essere un punto d’aggregazione e condivisione della vita religiosa, svolge servizi culturali e sociali più o meno connessi all’appartenenza alla fede islamica: celebrazione di matrimoni, funzioni funebri, esegesi, convegni, corsi di lingua italiana e araba.
Quest’opera, che gode oggi di un ampio consenso, ha avuto una genesi sofferta data dalla difficoltà di alcune personalità del mondo politico, religioso e di parte dell’opinione pubblica a infrangere il tabù rappresentato dall’accesso ufficiale della religione islamica nella capitale della cristianità. Il progetto di Paolo Portoghesi, aiutato dalla competenza tecnica dell’ing. Vittorio Gigliotti e commissionata da re Fayasal dell’Arabia Saudita, ha come fondamento progettuale “l’ascolto del luogo”, ovvero la comprensione dei principi cardine dell’architettura islamica e la loro possibilità di essere inseriti nel contesto storico architettonico romano. Del resto, una delle principali caratteristiche della cultura islamica, è sempre stata la straordinaria capacità di adattarsi e plasmarsi sulle realtà esistenti, generando, per quanto concerne l’architettura, molteplici linguaggi in grado di fondersi dolcemente con il territorio. Portoghesi ha cercato di sfruttare questa caratteristica, realizzando un complesso di edifici in cui vi è una forte mediazione tra arte classica Romana ed Islamica. L’architetto ha voluto una grande cupola come elemento distintivo, evocando le celebri moschee turche ma anche le cupole romane. Infatti, l’impianto planimetrico, come la moschea classica, contiene due forme: il quadrato della pianta e il cerchio della cupola. Continui sono i tentativi di Portoghesi di conciliare la tradizione orientale con quella occidentale; infatti, si sottolinea l’importanza simbolica ed estetica delle fontane e dei giochi d’acqua propria di entrambe le culture. La scelta dei materiali rispecchia quest’idea: la moschea è rivestita in travertino, materiale romano per eccellenza, la cui eleganza e duttilità si sposano perfettamente con il peperino delle cornici e il laterizio delle cortine. Anche nelle scelte dei rivestimenti interni è leggibile la sintesi culturale alla base dell’intero progetto: la copertura della sala per la preghiera è realizzata con una particolare applicazione di stucco, tecnica usata nel mondo greco-romano, mentre le pareti sono arricchite dai meravigliosi mosaici realizzati da artigiani specializzati.
All’interno della sala dedicata alla preghiera, si è voluto porre l’accento sulla luce e sul suo simbolismo. Il riferimento tratto dal Corano è alla Sura 24 detta anche “Sura della luce” dove si fa menzione dell’importanza della luce durante le funzioni religiose. Gli spazi interni sono stati infatti articolati da una sequenza di 32 pilastri, i quali si raccordano a delle cupole che grazie a un gioco di vetri e luci artificiali generano degli effetti chiaroscurali conferendo un senso di spiritualità al luogo.
Testo e foto di Manuel Grande