Salvatore Spataro: quando l’architettura è armonia. Fra Firenze e Noto, l’architetto non scorda mai di fare il pieno di bellezza.

L’ Architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico, dei volumi assemblati nella luce. Questo sosteneva il grande architetto francese Le Corbusier, pseudonimo di Charles-Édouard Jeanneret-Gris. L’architettura come disegno di luce, come armonia di linee come essenza di sè questi sono i termini per  disegnare la personalità di Salvatore Spataro, architetto con sede a Firenze e a Noto che in ogni progetto cerca di raggiungere l’eccellenza. L’architettura è armonia, passione, eleganza e amore per il bello; abnegazione e – sempre – tanta ricerca, una ricerca che sottende sempre ad uno studio e uno studio che inevitabilmente genera ammirazione e genera nel nostro occhio il bello, un bello che diventa il bello, dall’anima dell’architetto alla nostra anima. Osservare i suoi lavori riempie l’anima di ammirazione e benessere: in ognuno di questi, infatti, è possibile evincere facilmente una lunga storia di lavoro, studio e ricerca. Per Salvatore la passione per il disegno è stata innata: sin da piccolo, infatti, ha sempre amato disegnare, il disegno per lui era ed è un tracciato, un graffito prima su un foglio di carta e poi uno studio sempre più approfondito che l’ha condotto a completare brillantemente i suoi studi presso la facoltà di Architettura. Grazie all’amore per la materia e al crescente entusiasmo, Salvatore è riuscito a farsi strada nel settore senza mai pentirsi della propria scelta, anzi portandola avanti con passione grinta, superando ogni barriera, perchè nella sua mente c’era un progetto di lavoro, di studio, di passione e di vita,una passione che ha sempre accarezzato con il vento del bello, con il soffio delicato della sua innata predisposizione. Salvatore ha allora frequentato mostre, eventi, musei, e non ha mai tralasciato il confronto tra colleghi o la partecipazione a situazioni collaterali all’architettura, che gli hanno di volta in volta permesso di venire a contatto con nuove prospettive. Per Salvatore “bello” significa prima di tutto “armonico”: nelle forme, nei colori e nelle dimensioni. È un concetto antico che trova radici nel mondo greco e latino, dove la bellezza è proporzione. A suo parere, ordine e piacevolezza sono sensazioni molto vicine, e tale connubio trova piena realizzazione proprio nell’architettura, sia di interni che di design. L’armonia dipende da fattori talvolta anche molto differenti, e può essere ritrovata sia in oggetti che in stili diversi; semplicemente, è qualcosa che può essere raggiunto mixando gusti e tendenze, anche al di là dell’eterogeneità degli stimoli creativi iniziali. Nel suo lavoro, Salvatore  cerca di essere prima di tutto empatico – e infatti, quando gli dicono che lo è si riempie di gioia – cercando di ascoltare le esigenze dei propri clienti e riflettendovi sopra a lungo, che si tratti di progetti di interno o di prodotti di design. La convinzione fondamentale dell’architetto è che nella propria casa ognuno debba sentirsi protagonista e attore, dunque mai spettatore. Partendo da questo presupposto, ogni progetto è mirato proprio alla realizzazione dei sogni dei clienti, che non solo devono emozionarsi per il prodotto finale, ma devono essere felici degli spazi in cui vivono sentendosi liberi di essere se stessi, di sentirsi coccolati e di sentirsi a casa, ogni progetto di Salvatore che reca la sua firma è un progetto che lui sente suo come il primo e che alberga sempre nella sua mente e nel suo orizzonte di anima creativa e pura. Uno dei progetti a cui è più legato riguarda il Design. Alcuni anni fa ha creato una collezione dal nome Design Meets Sicily, in cui ha cercato di impegnare le proprie energie e il proprio lavoro per raccontare in maniera non convenzionale alcuni aspetti della tradizione culturale siciliana. Tali oggetti sono stati volutamente autoprodotti, in modo che Spataro stesso non fosse vincolato nell’ideazione da logiche di produzione e di mercato altrimenti necessarie per i progetti di design industriale. Al centro di tutto c’è l’oggetto, con la sua storia e la sua forma; lo sforzo maggiore, invece, è studiarne una nuova funzionalità, che sia più affine alle abitudini del vivere contemporaneo. Dopo la creazione di questa collezione, negli ultimi anni l’architetto ha ricevuto diverse richieste per sviluppare progetti ad hoc per le aziende, sempre partendo dall’ispirazione siciliana; trattandosi per Salvatore di nuovi modi per fare ricerca parallelamente alla professione di architetto, li ha sempre abbracciati con l’entusiasmo che lo contraddistingue. Si è dunque cimentato nella produzione di vasi, portacandele, lampade a sospensione, prototipi per cioccolatini, sottopiatti, set per aperitivi e una collezione di piatti in porcellana ispirata alle planimetrie di chiese barocche siciliane, persino candidata al Compasso d’Oro Internazionale. Ulteriore progetto che lo anima e che sente suo   ha a che fare con Noto, in particolare con Via Nicolaci: questa è per lui una finestra, uno spazio dall’architettura scenografica a cui fa riferimento tutta la città; un luogo conosciuto nel mondo grazie all’infiorata e teatro di eventi, manifestazioni culturali e mostre d’arte. Ora, però, Via Nicolaci è anche un luogo che racconta il territorio, e questo perché Noto non è solo architettura, ma anche natura, prodotti e cibo. Tali fattori sono racchiusi in un solo spazio della via: quello della ex chiesetta di S. Elia già cappella dei Landolina, la famiglia nobiliare più importante della Noto di prima e subito dopo il terremoto. Centro espositivo dei prodotti del territorio, non è solo un negozio, ma un racconto di lavoro, solidarietà, progetti e futuro fatto di arte, inventiva e gusto contemporaneo. A gestirlo “Si può fare”, cooperativa sociale onlus che lavora nella parte sud-orientale della Sicilia distintasi per il profuso impegno a favore dei più deboli (sia attraverso l’integrazione sociale che tramite l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati). La struttura aveva già subito un importante intervento di restauro alcuni anni fa, ma i locali erano rimasti inutilizzati. L’intervento di Spataro, invece, ha riacceso i riflettori sullo spazio con un progetto di interior design rispettoso dell’ambiente, legato all’unico elemento di arredo appartenente al precedente allestimento: il lampadario centrale in ferro corten. L’idea di base, infatti, era quella di attirare il visitatore grazie ad un fulcro centrale “verde”, caratterizzato da un susseguirsi di cubi di diversa altezza che fanno da contenitori per l’esposizione di materie prime locali e aromi, come all’interno di una vera e propria scultura bio. Oggi i progetti per Salvatore sono tanti molteplici, e viaggiano come la sua mente, uomo poliedrico attivo che si divide  tra la Toscana e la Sicilia, Firenze e Noto:luoghi profondamente diversi a livello storico e geografico, ma accumunati da una forte presenza architettonica e culturale. Le connessioni e sconnessioni creative e metodologiche delle due città dialogano tra loro, aiutando così l’architetto a generare progetti ibridi e cortocircuiti creativi. Solo così la sua mente elabora crea, stupisce, perchè alla fine a bellezza altro non è che uno stupor mundi continuo, un esclamazione, un punto esclamativo tra i suoi progetti e i nostri sogni.

 

Foto Samuele Castiglione ( Wede Studio)

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