Visitando la chiesa di Sant’Ignazio a Roma è difficile staccare lo sguardo dalla volta e dalla cupola prospettica realizzati da Andrea Pozzo, pittore gesuita protagonista della decorazione interna della basilica. Prima della chiesa il cui soffitto vertiginosamente sfondato si apre verso un cielo popolato di figure monumentali, però, ne esisteva un’altra.
Il primo insediamento gesuitico romano, infatti – Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia del Gesù, giunge a Roma nel 1550 e muore sei anni dopo – fu possibile grazie alla donazione da parte di una nobildonna, la Marchesa della Tolfa, dei terreni situati nella zona attualmente occupata dalla chiesa di Sant’Ignazio e dintorni: lì i gesuiti costruirono il Collegio, centro propulsore della cultura gesuitica, e una piccola chiesa: Santa Maria Annunziata. L’edificio, ad una sola navata e destinato alla devozione dei soli gesuiti, verrà demolito nel 1626 quando, in seguito alla canonizzazione di S. Ignazio (avvenuta nel marzo del 1622) e in ragione della sempre maggiore affluenza di novizi, si decise la costruzione di una nuova e più imponente chiesa, il cui principale finanziatore fu il cardinale Ludovico Ludovisi, nipote del papa Gregorio XV (morto nel 1623 e predecessore di Urbano VIII Barberini).
Alla decorazione dell’Annunziata avevano partecipato due pittori, i fratelli Taddeo e Federico Zuccari, che avevano precocemente intuito l’importanza che la Compagnia del Gesù avrebbe avuto nei decenni successivi; Federico aveva anche insistito perché uno dei suoi figli, Orazio, divenisse gesuita, a garanzia dei contatti – anche futuri – con l’Ordine: Federico Zuccari, infatti, lavorerà poi anche alla Chiesa del Gesù, nella cappella degli Angeli. I due pittori avevano realizzato un imponente affresco absidale raffigurante l’Annunciazione con santi e profeti nella quale – particolarità iconografica che sarà poi ripresa, data la sua efficacia, da numerosi pittori – i profeti mostrano tavole recanti i passi delle Scritture nei quali avevano annunciato la futura venuta del Cristo: gli studenti del vicino Collegio potevano, nel pieno spirito della solida didattica gesuita, continuare i loro studi osservando l’affresco, leggendo e meditando su quei testi biblici e pittorici.
L’unico superstite di questa decorazione absidale è conservato proprio nella chiesa di Sant’Ignazio sorta al posto dell’ormai troppo piccola Annunziata: una Madonna col capo coperto che umilmente si porta una mano al petto, nel gesto che tradizionalmente, nella pittura sacra, ha codificato l’Ecce ancilla Domini raccontato dai Vangeli, momento con il quale la religione cattolica identifica l’inizio della parabola terrena di Cristo. Un lacerto dai colori pastello, morbidamente luminosi, testimone silenzioso e schivo del suo perduto contesto originale.