Volti sospesi fra grida silenti, incanto e favola intima rappresentata su comuni visi umani: questo è ciò che esprimono le opere di Sara Spaccino, artista umbra nata ad Orvieto, dove attualmente vive e lavora.
Nelle sue sculture il legame con il territorio è percepibile sin dalla materia prima utilizzata, ossia il tufo, pietra di origine vulcanica su cui sorgono le rocche di diverse città umbre e che, tagliata a blocchi, si trasforma nei più bei monumenti della sua regione.
Per Sara, infatti, il tufo conserva ricordi di infanzia: le parla ad esempio del padre, artista e capomastro che scolpiva le pietre adoperate per lavoro.
È così che, dal rapporto con tale materiale, la ricerca dell’artista dà origine ad un mondo favolistico di grande suggestione ed incanto, creato sulle lettere di una scrittura fantastica che parla la lingua del sogno, dell’inconscio, della materia che incontra la forma di un destino.
Come il tufo – roccia fragile ma pesante – la condizione umana è sospesa fra incertezza e vastità; ecco allora che dalle opere di Sara risuona un grido silente, una passività efficace che permette ai volti e alle forme di emergere dalla pietra.
Il processo creativo alla base della loro realizzazione è estremamente semplice: a volte basta un solo sguardo affinché Sara possa intuire una forma potenziale, ed è proprio così che inizia a nascere l’opera: senza che vi sia mai alcuna violenza sul materiale.
La bellezza che Sara riesce a cogliere nella pietra viene enfatizzata, di volta in volta, da un’incanalatura o da un rilievo, che hanno come primo obiettivo quello di rimuovere dal blocco ciò che il tempo avrebbe naturalmente portato via e di dare spazio a volti grotteschi, informi, mai perfetti (perché la perfezione non è di questo mondo).
Ecco allora che i personaggi che nascono rappresentano nel livello più astratto e profondo possibile le genti del mondo, ognuna delle quali porta con sé imperfezioni ed unicità.
Secondo Sara, un elemento particolarmente interessante nella lavorazione ha a che fare con la polvere che viene rilasciata durante il processo. Infatti, dopo aver aspettato per secoli sulle opere dei nostri antichi padri, sedimentando in silenzio, questa viene liberata dalla pietra, andando così a scandire il tempo delle loro vite e accompagnando le loro anime nel misterioso viaggio custodito dalle necropoli etrusche.
I muschi di cui il tufo si ricopre e i semi che ospita lo rendono scrigno di vita.
Il”Tufo Portatile” nasce dalla lettura del diario di vita dell’artista, che la stessa non ritiene essere soltanto suo, ma collettivamente appartenente al genere umano.
L’inchiostro e i caratteri che compongono il nostro diario – ossia la nostra storia più intima – danno forma alle parole che siglano la venuta al mondo di ognuno di noi, da intendersi come primo e ultimo vero atto di libertà. Ma da qui, sottolinea Sara, si aprono infinite serie di momenti come luoghi di possibilità assoluta, ripartenza e creazione.