SCONOSCIUTI A EL ROYALE: DA CHE PARTE STAI?

Bad times at the El Royale è stato il film d’apertura della tredicesima edizione della Festa del cinema di Roma. Un’apertura con i fuochi d’artificio, un omaggio al cinema, un magnifico prodotto di intrattenimento. A una certa distanza dalla Festa e dall’uscita del film, sono da notare alcune sue caratteristiche peculiari, che lo rendono più interessante di un normale popcorn movie.

L’atmosfera ricorda i film di Tarantino e dei fratelli Cohen, la regia colpisce con violenza lo spettatore, quando meno se lo aspetta, come una bottigliata in testa o un colpo di fucile in faccia, il film, definito “neo-noir”, si articola in una trama intricata, che vede diversi personaggi convergere per coincidenza nello stesso strano motel al confine fra il Nevada e la California. Le assurde storie dei protagonisti si intrecciano e collidono fino a precipitare in una vera e propria discesa agli inferi, in cui, in vari modi, una sola domanda si fa bruciante: “da che parte stai?”.

Una domanda implicita in tutto il film in forma più o meno metaforica, che lo rende, nonostante la sua natura di film commerciale, un film coraggioso. Pur iscrivendosi completamente in un genere e in un immaginario, quello degli anni ’70, della contestazione hippie, del caso Watergate, dei gangster irriducibili, il film presenta un tema al suo fondo: la scelta. Come nella scena finale uno dei protagonisti, il film intero si trova esattamente sulla linea di un confine. Sul confine fra bene e male, che definisce l’identità dei personaggi e la loro strenua ricerca di una coerenza. I sette sconosciuti, così chiamati nel titolo italiano, scelgono continuamente chi essere e chi non essere, presentandosi nel corso del film attraverso le loro scelte, passate o presenti, le loro identità vere o false, i loro ricordi, le loro conversioni. Lo spettatore è portato ad una sospensione di giudizio su chi sia il buono e chi il cattivo, e anzi, a una comprensione più profonda dell’evoluzione dei personaggi, del loro dramma. Nessuna identità è data per scontato, tutti sono il lotta per definirsi, anche a scapito degli altri, e chi pretende di “uscire dal gioco” vi ricade con particolare violenza.

Sarebbe interessante chiedersi, a questo punto, quanto questo film sia stato una semplice riproposizione di un vecchio genere o quanto invece abbia a che fare con il mondo di oggi, incarnato forse dalla figura del prete interpretato da Jeff Bridges: pare che il film intero gli chieda (e chieda al pubblico) “ricordi chi sei?” o meglio ancora, “chi scegli di essere?”.

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