Il 26 maggio scorso, a Palazzo Bonaparte a Roma, si è inaugurata una mostra dedicata alla scultura iperrealista. Curata da Maximilian Letze in collaborazione con Nicolas Ballario, prodotta e organizzata da Arthemisia, l’esposizione offre una panoramica condensata della traiettoria dell’iperrealismo e del suo tentativo di ricreare la perfetta illusione della fisicità umana e animale.
Lo straordinario evento ci consente di osservare, non senza stupore, una vasta selezione di opere provenienti da collezioni di tutto il mondo. 43 mega installazioni di alcuni tra i maggiori artisti contemporanei: 29 grandi nomi dell’arte internazionale si susseguono in 6 specifiche sezioni, ognuna organizzata intorno ad un concetto centrale relativo alla forma, con l’obiettivo di lasciarci senza parole, di stupirci e confonderci, fino a travalicare quel confine sempre più sottile tra vero e falso, tra arte e realtà.
L’effetto è talmente convincente da rendere le opere come vere e proprie repliche. I corpi trasformati e disarticolati, oppure aggrediti in modo sconcertante, assumono sembianze quasi ultraterrene, facendosi beffe di chi gli capita di fronte e rilanciando in maniera ossessiva i ben noti problemi insiti nel concetto stesso di rappresentazione. La crescita del linguaggio iperrealista va qui di pari passo con l’esame critico delle complesse tematiche del nostro tempo. Le opere, spesso a grandezza naturale, ci stupiscono e ci colpiscono profondamente, invitandoci a riflettere sulla condizione umana.
Ron Mueck, Maurizio Cattelan, Patricia Piccinini, George Segal, Carole A. Feuerman, John DeAndrea, Duane Hanson, Berlinde de Bruyckere, Brian Booth Craig sono solo alcuni dei nomi degli artisti in mostra a rappresentare un movimento che, dagli anni ‘70 in poi, si è costantemente evoluto, adottando tecniche sempre nuove e variegate di modellazione, fusione e pittura della materia, per raggiungere livelli sempre più alti nella rappresentazione realistica della figura umana.